I veri tagli di Monti: Bersani, D'Alema & Co.
La candidatura di Mario rischia di liquidare la sinistra. Che lo voleva nella sua squadra e ora trema...
di Mario Giordano E alla fine Monti ce l'ha fatta a tagliare qualcosa. Le spese pubbliche? No. Gli sprechi? Nemmeno. I privilegi? Ma figuriamoci. L'unica cosa che ha tagliato sono le teste di D'Alema, Bersani e Vendola che davanti alla possibile candidatura del premier si sentono messi in fuori gioco come quei centravanti bolsi che non riescono più a tenere il ritmo della partita. Si alza la bandierina, l'arbitro fischia, e quello che sembrava un gol già fatto viene annullato ancor prima di essere realizzato. La giornata di conseguenza si presenta dura: Bersani tace, Vendola bofonchia, ma è D'Alema il più scosso di tutti. Lui che ha sempre trinciato giudizi sulla politica, si accorge di essere trinciato lui. Una volta era il più tagliente della politica. Adesso solo il più tagliato. Quello dell'ex leader Massimo è davvero un caso che va studiato a fondo. Per anni lo abbiamo descritto come il più intelligente di tutti, il più bravo di tutti, il più capace di tutti. Arrivato alla fine della carriera si pone la domanda chiave: non si tratterà del più grande caso di sopravvalutazione che la storia politica ricordi? Per farsi venire il dubbio basta leggere l'intervista che ha concesso al Corriere della Sera, dove arriva a definire la candidatura di Monti non un errore o una scelta sbagliata, ma addirittura un fatto «moralmente discutibile». Moralmente discutibile, proprio così, come toccare il sedere alle signore o dire le parolacce in oratorio. Oplà, scuola di etica e democrazia dalemiana: se Monti non si sottopone al voto popolare e diventa ministro di un eventuale governo Bersani, ebbene questo è moralmente corretto. Se invece si sottopone al voto popolare per cercare di diventare premier, ebbene, questo è moralmente scorretto perché rovina i piani del Pd. Teorema forte, roba originale, da riscrivere di colpo l'intera storia della filosofia: da Epicuro a Pascal, i maestri del pensiero morale gli fanno un baffo no. Anzi, un Baffino. La paura fa novanta, evidentemente. E il timore di essere tagliati fuori fa sbroccare. Il resto dell'intervista, infatti, è una specie di delirio. Avete presente i vecchietti dell'ospizio che raccontano di essere amici intimi di Napoleone e di aver contribuito a costruire la Tour Eiffel? Ecco, così: Monti non si può candidare neppure se si dimette da senatore a vita, le dimissioni da senatore a vita comunque sono impossibili, e guai anche a indicare il suo nome sulla scheda, quindi anche Montezemolo è avvertito. Più che un'intervista è una scomunica: ci manca solo che D'Alema, moralmente parlando, vieti di pronunciare la parola “Monti” pure quando si decide di andare a sciare, e poi il delirio sarebbe completo. Il premier, in pratica, dovrebbe sparire. Annullarsi, Eclissarsi. Ma solo il tempo delle elezioni, poi ci penserà lui a sistemarlo, dopo aver avvitato l'ultimo bullone della Tour Eiffel: «Comunque non gli chiediamo di tornare alla Bocconi», assicura sprezzante. E dove lo mandano, dunque? Al Quirinale o fare il bidello alla scuola elementare Cavour? Al ministero del Tesoro o insegnare educazione tecnica alle medie? D'Alema non risponde. In compenso continua a distribuire perle della sua intelligenza: dopo aver attaccato Monti a tutto campo, dopo averlo giudicato sotto il profilo etico e averlo bastonato perbene sul suo presente e sul suo futuro, si rivolge a Vendola e con tono severo gli dice: «Basta attacchi a Monti». Che è un po' come se Erode facesse un appello a nome di Telefono Azzurro per il rispetto dell'infanzia abbandonata. E qui scatta il dubbio di cui parlavamo all'inizio: ma D'Alema è davvero intelligente come si è sempre detto? Per anni era un assunto obbligatorio. D'Alema insulta i giornalisti? Sì, però è intelligente. Trama nei corridoi per andare al governo? Sì, però è intelligente. Una volta andato al governo cade dopo pochi mesi? Sì, però è intelligente. Finisce invischiato in Affittopoli? Sì, però è intelligente Finisce invischiato nello scandalo Arcobaleno? Sì, però è intelligente. Perde le elezioni? Sì, però è intelligente. Fa fallire la Bicamerale? Sì, però è intelligente. Si diverte a giocare alla merchant bank? Sì, d'accordo, ma lasciatelo fare: è intelligente. Ok, è intelligente. L'abbiamo ripetuto all'infinito. Ma qualcuno di voi l'ha mai verificato? Ma che cos'è l'intelligenza dalemiana: un dogma della fede? Una verità del catechismo? Una virtù teologale, fede, speranza, carità e intelligenza Massima? Soprattutto: quando l'ha dimostrata tutta questa intelligenza? Come? E perché? Nelle ultime righe del suo sfogo al Corriere l'ex leader Maximo annuncia il suo futuro fuori dal Parlamento. «Non sono disoccupato», dice orgoglioso. E aggiunge: «Sono a capo della Foundation of European Progresive Studies». Pofferbacco, come non saperlo? Qualche settimana fa quando è partita una raccolta di firme in suo sostegno sono arrivate poche centinaia di adesioni, nessun nome celebre. Il più importante era il presidente della Lega Nazionale Pesca. Sicuramente è molto intelligente anche lui. Però che declino malinconico, quello di SuperMax. «Non ne ha mai azzeccata una», disse di lui Umberto Eco. Recentemente ha pure venduto Ikarus, la sua barca a vela. Coltiva uva, fa l'olio. E gli resta qualche intervista, ma più scivolosa del suo extravergine made in Umbria. Il giornalista del Corriere, per esempio, gli chiede: E se arriverà una chiamata per responsabilità istituzionali?. Lui risponde: «Valuterò la chiamata», Valuterà, appunto. Chissà forse si vede già al Quirinale: essendo amico di Napoleone e avendo costruito la Tour Eiffel è sicuramente possibile. Ricordate quando disse: vedremo Berlusconi con uno scolapasta in testa? Ecco, adesso, non vorrei sbagliarmi ma sembra che stiano colando a lui dei bucatini dalle orecchie.