Pdl, contrordine degli ex An: Monti congela la scissione
di Marco Gorra I montiani del centrodestra ripartono da Lenin: che fare? L'area dei sostenitori del Professore, alla vigilia della manifestazione-coming out prevista per domani mattina al Teatro Olimpico di Roma, si interroga sulla domanda delle domande. Ovvero quale forma dare al proprio impegno. Dalla risposta dipendono prospettive, lista degli effettivi e natura stessa del soggetto montiano. Le ipotesi sul tavolo - circa le quali si sta discutendo in maniera estremamente animata fin dalla notte tra giovedì e venerdì - sono due. Per semplicità, il dilemma può essere riassunto come segue: piccolo centro versus grande aggregazione. Il piccolo centro si avrebbe come conseguenza di una scissione del Pdl (trainata dalla componente ciellina che fa capo a Mario Mauro) e della conseguente trasmigrazione della pattuglia montiana sotto le insegne di una lista ispirata al Professore (e da lui benedetta), in cui il ruolo egemone spetterebbe ai promotori storici dell'operazione, ovvero i centristi facenti capo a Pier Ferdinando Casini e Luca Cordero di Montezemolo. Questo esito aprirebbe ad uno scenario tripolare: in campagna elettorale si confronterebbero una sinistra a trazione Bersani-Vendola, un centrodestra bicefalo Pdl anti-Monti e Lega e, per l'appunto, il centro montiano. Che avrebbe un'aspettativa elettorale intorno al 15% e correrebbe con l'ambizione di diventare determinante una volta che le urne consegnassero una situazione variamente ingovernabile ai probabili vincitori di centrosinistra. Più ambiziosa la via della grande aggregazione. Ambiziosa perché prevederebbe un Monti nel ruolo di federatore di tutto il centrodestra, con relativo spostarsi sotto l'ombrello del Professore del Pdl al quasi gran completo (in testa Angelino Alfano) e la creazione di una coalizione in cui, ciascuno col proprio simbolo, si concorre al reinsediamento del Professore a Palazzo Chigi. Questo scenario consentirebbe di aggregare sul presidente del Consiglio una massa di voti intorno al 30%, sufficiente per dare al progetto montiano quella vocazione maggioritaria che al premier pare stare abbastanza a cuore e per giocarsi alla pari la sfida col Pd relegando alle estreme (e all'irrilevanza) le rimanenti forze politiche. Sulla strada della grande aggregazione ci sono però diversi ostacoli. Il primo è la contrarietà dei centristi (che non a caso da qualche giorno iniziano a dare segnali di nervosismo). Per Casini e soci, infatti, la competizione interna avrebbe esiti disastrosi: il Pdl prenderebbe sicuramente più voti dei centristi, determinando un conseguente rapporto di forza all'interno della coalizione. È per questo motivo che Casini e i suoi, facendo valere il proprio status di montiani antemarcia, stanno facendo di tutto per scongiurare l'eventualità. Scongiurare la conta interna tra alleati è per loro una priorità, e il fatto che invece proprio lo scenario coalizionista vada prendendo concretezza rischia di ridimensionarne parecchio le ambizioni. Il secondo ostacolo è dovuto ad un atteggiamento vagamente choosy di Monti stesso riguardo alcune personalità che dovrebbero essere della partita. Che il sogno proibito del Professore sia quello di mettere le mani sui voti di Berlusconi facendo a meno di associarsi col Berlusconi medesimo non è un mistero. E, nonostante l'uomo abbia ogni convenienza ad essere quanto più inclusivo possibile, di fronte a taluni che gli danno l'impressione di starglisi avvicinando più per calcolo che per convinzione, il premier arriccia il naso. Questo discorso però non vale solo per il Pdl: Monti, difatti, sarebbe più che felice di poter fare a meno di Gianfranco Fini, ritenuto non solo da lui l'esatto opposto di un valore aggiunto dal punto di vista elettorale. Sta di fatto che, col premier ancora lungi dallo sciogliere le riserve in ordine al proprio futuro, anche nel campo montiano si è costretti ad attendere. E a litigare nel frattempo. Così, pare che Berlusconi abbia consigliato Alfano di mitigare quanto possibile la portata montiana della manifestazione di domani (cui il Cav sta meditando di inviare un messaggio onde mettervi cappello preventivo). Il clima di attesa ha, da ultimo, contagiato anche gli ex An di area Gasparri-La Russa, il cui progetto di scissione pilotata che sembrava ad un passo dal decollo è stato (temporaneamente?) congelato. Tira dritto invece Giorgia Meloni, la cui uscita dal Pdl viene data per quasi sicura.