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Lazio, Storace pronto a candidarsi per la Regione

Francesco Storace

Gli azzurri, dopo il crollo della Polverini, non hanno un candidato. Così l'ex governatore pensa a buttarsi: "Io potrei ricompattare il centrodestra"

Andrea Tempestini
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di Enrico Paoli «Credo, voglio credere, che nel Lazio ci possa essere la possibilità di una candidatura unitaria del Pdl». Francesco Storace, leader de La Destra, è uno che ha la memoria lunga. Nonostante ciò, quanto avvenuto nel 2008, quando Silvio Berlusconi si disse costretto a rinunciare all'alleanza con l'ex governatore del Lazio per ragioni di “bottega”,  non sembra fargli velo. Anzi, vista la situazione di stallo in cui si trova il partito nel Lazio,  l'epurator della Rai ai tempi della Vigilanza ha scelto di tendere la mano a Silvio. E non viceversa, come sarebbe logico. «La mia disponibilità, come è noto, è in campo», afferma Storace, «ma non voglio ripetere gli errori fatti in Sicilia. Ho grande rispetto di Renata Polverini, ma per tutti è arrivato il tempo di rompere gli indugi. Se qualcuno tiene nascosto un gigante del consenso dietro qualche cespuglio lo tiri fuori adesso». Perché fra qualche giorno non  ci sarà più tempo. Liste da fare e firme da raccogliere rischiano di togliere il sonno a chiunque.  E così Storace torna cavalcare l'onda, a fare surf sul mare dei nomi possibili, con il Cavaliere e la maggior parte del Pdl, fermi sulla spiaggia a guardare. A osservare una nutrita schiera di esponenti del partito disponibili a parole a candidarsi,  ma sostanzialmente poco propensi a mettersi in gioco davvero. Perché la corsa per la conquista della della presidenza della Regione Lazio è tutta in salita. Sullo sfondo, ancora nette, ci sono le cicatrici  prodotte dai casi Fiorito e Maruccio. E poi il debito della Sanità, i tagli da fare, i conti da ripianare. Insomma, un lavoro immenso da fare. E siccome la governatrice uscente, pur volendo ricandidarsi, si ritrova ballare da sola il valzer delle poltrone, Storace ha offerto la mano al Cavaliere. Meglio una bella corsa per la Regione che una rincorsa per un posto in Parlamento.  I due, Berlusconi e Storace, si sono incontrati nei giorni scorsi, riscoprendo l'antico feeling. Per il Cavaliere la soluzione Storace sarebbe il modo migliore per uscire dallo stallo in cui è finito il partito, dettato dalla voglia di alcuni esponenti del Pdl di mettersi in mostra. Ma visto che andremo al voto con il Porcellum, e ogni Regione ha un peso  specifico per il Senato, meglio investire su un «usato sicuro», che su un nuovo  ad alto rischio. «Innanzitutto occorre recuperare sobrietà nell'azione politica», sostiene Storace, delineando le priorità della campagna elettorale, «Quello che abbiamo visto da una parte e dall'altra negli ultimi mesi richiede provvedimenti esemplari. E poi le tre frontiere fondamentali: sanità, sociale e lavoro. Chi governerà alla Pisana dovrà dare immediati segnali ai cittadini. Non si può più scherzare».  Nel  frattempo, però, sono sbocciati altri problemi. «Sta per esplodere lo scandalo delle firme per le elezioni politiche», sostiene Storace nell'editoriale pubblicato oggi sul quotidiano on line “Il Giornale d'Italia”, «a regime ne servono un paio di milioni entro un mese, con tanto di festività in mezzo. È da settembre che lanciamo l'allarme, ma finora i partiti che non sono stati capaci di modificare la legge elettorale, se ne sono infischiati». Prima o poi, però, i conti arrivano. «La questione è complessa e semplice al tempo stesso. Ogni partito, a regime, deve raccogliere circa 120mila firme nelle 26 circoscrizioni della Camera e nelle regioni per il Senato in cinque o sei settimane. Praticamente ventimila a settimana, tremila al giorno». Insomma, un lavoro immenso che rischia di far saltare le stesse regole del gioco.  «Per raccogliere ordinatamente le sottoscrizioni e nel pieno rispetto delle norme, bisogna fare le cose per bene, premurandosi di avvisare per tempo chi le deve autenticare avendo di fronte chi firma, recuperando i certificati elettorali dei candidati e soprattutto ciascuna delle 945 accettazioni di candidatura per Camera e Senato. Perché se un candidato ci ripensa si potrebbe correre il rischio di dover ricominciare con le firme». E siccome nel Lazio la questione delle firme e della mancata presentazione delle liste è materia viva, meglio prevenire che curare.

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