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Con Monti in campo il Pd rischia di perdere

Prodi e Bersani

Andrea Tempestini
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  A sinistra si guardavano, perplessi. Si chiedevano come avrebbero potuto perdere, questa volta. I sondaggi li danno in grande vantaggio, il centrodestra fatica a riorganizzarsi e le primarie hanno avuto un effetto balsamico. Poi è sceso in campo Silvio Berlusconi, che pur indebolito rievoca vecchi fantasmi e cicliche sconfitte. Quindi le voci sempre più insistenti sulla discesa in campo di Mario Monti. Una brutta gatta da pelare, per la sinistra, il Professore in campo. E il leader Pier Luigi Bersani lo sa: "Monti può essere ancora utile al paese - aveva commentato appena i avevano cominciato a diffondersi i rumors sulla possibile candidatura -, per questo sarebbe meglio che rimanesse fuori dalla contesa". Tour elettorale - L'impegno elettorale del premier, intanto, è già cominciato. Lui non scioglie le riserve, ma va in televisione, dove di fatto non era (quasi) mai stato. Poi manda messaggi ai mercati, chiede che le reazioni del mondo finanziario alle sue dimissioni non vengano "drammatizzate" e assicura che chi prenderà il suo posto a Palazzo Chigi "sarà responsabile nei confronti degli impegni presi con l'Euoropa". Parole da leader, insomma.  Le fazioni - A volere un bis del professore sono in tanti: autorità europee, Giorgio Napolitano, i centristi, Angela Merkel, la Bce, il Fmi e diverse anime dell'alta finanza. Poi c'è chi Monti lo avversa. In primis Berlusconi, lanciato in una contesa elettorale di forte opposizione all'operato del governo tecnico. Quindi la Lega Nord, da sempre antitetica ai professori. E ancora Beppe Grillo, le correnti socialdemocratiche del Partito Democratico e Nichi Vendola. Poi c'è Bersani, che pur riconoscendo quelli che ritiene i "meriti" del professore, ambisce a governare uscendone dal solco. Rischio ingovernabilità - Peccato però che la discesa in campo del Professore, anche nel caso in cui Bersani vincesse, potrebbe legare le mani a Bersani stesso. Il motivo lo ha spiegato Pier Ferdinando Casini: "Stavolta ci siamo quasi, potrebbe farlo - ha spiegato riferendosi alla possibile candidatura di Monti -. Noi con lui puntiamo al 13 per cento". Una percentuale che porrebbe il partito-Monti, con buona probabilità, come quarta forza politica del Paese. Una percentuale che andrebbe ad erodere soprattutto i voti del Pd e a diminuire lievemente l'esercito dell'astensione. Una percentuale, che in definitiva, terrorizza Bersani: ammesso e non concesso che la sinistra vinca alle politiche di febbraio, con Monti in campo rischia di fare la fine della tragicomica Unione di Romano Prodi del 2006. Un risultato incerto al Senato, infatti, impedirebbe la governabilità.  

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