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Monti, il liberale boccononiano fregato dai comunisti proprio come Fini

Arrivato come salvatore super partes della Patria, si è fatto sedurre dalla sinistra. E ora che non serve più rischia di perdere anche la candidatura per il Quirinale

Giulio Bucchi
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  di Francesco Borgonovo Vatti a fidare dei compagni. Quelli che prima ti blandiscono e ti sprimacciano i cuscini del divano, invitandoti a prendere posto in salotto. Poi, appena il vento cambia di mezzo grado, ti piantano una pedata nel didietro e ti rispediscono da dove sei venuto, possibilmente dopo averti fatto perdere la faccia lungo il percorso. È accaduto a Gianfranco Fini, sedotto dalle sirene progressiste, condotto su posizioni radicalmente antiberlusconiane e decisamente revisioniste rispetto alla propria storia, quindi abbandonato su un'ultima spiaggia molto diversa da quella di Capalbio, dove i voti si misurano a decine. È accaduto pure a Mario Monti. Nonostante i titoli accademici e il curriculum possente si è fatto gabbare come l'ultimo della classe, riducendosi ad annunciare le proprie dimissioni in una sera fredda di dicembre, dopo una visita al Colle: un quadretto che odora di contrappasso. Giunto a Palazzo Chigi come l'uomo della Provvidenza, il tecnico super partes in grado di salvare il Paese del disastro, si fa rottamare assieme a un governo fra i più sgraditi della storia repubblicana. Certo, il ritorno in campo di Berlusconi ha fatto da detonatore, è stato la spintarella che leva la sedia da sotto il sedere. Ma il carico maggiore di responsabilità grava sul  Professore medesimo. Che, nel firmare il patto col presidente Napolitano ha segnato in modo indelebile il proprio destino. Dall'inquilino ex comunista del Colle ha accettato la nomina a senatore a vita. Con l'inquilino del Colle ha concordato la fuoriuscita. Con un bonus piuttosto gramo. Da Pier Luigi Bersani e dal Partito democratico ha ricevuto voti  e nei prossimo giorni (pochi) riceverà qualche spicciolo di  sostegno. Ma gli accordi non erano a costo zero, anzi. Soprattutto a livello di politica economica, Monti è stato tutto tranne che imparziale. Proprio lui che avrebbe dovuto agire da liberale, forte dell'appartenenza bocconiana, ha di fatto applicato una patrimoniale di nome Imu. Ha imbottito gli italiani di gabelle da pagare, trascurando interventi decisi di riduzione della spesa pubblica. Non a caso, a proporre il dimagrimento e a suggerire la riduzione del debito attraverso la cessione del patrimonio è stato il centrodestra, non il Pd. Mario, tuttavia, ha preferito seguire altre strade. Perfino sulla riforma del lavoro il suo governo ha chinato la testa di fronte alle volontà della Cgil, partorendo un mostriciattolo, per non dire una boiata. Alla fine della fiera, di politiche liberali non si è vista nemmeno l'ombra. E il risultato è una fredda letterina di commiato. In hora mortis, però, gli amici progressisti non hanno aperto  il petto in difesa di Monti davanti agli strali berlusconiani. Bersani si presenta come candidato alla presidenza del Consiglio. L'ipotesi del Monti Bis l'ha barattata con l'approvazione della legge di stabilità. Sai che sforzo. La campagna elettorale e' iniziata e la figura dell'ingenuo tocca a Super Mario.  Al quale, in questi giorni di fine impero tecnico, è rimasto giusto il sostegno di qualche sopravvissuto della politica tipo Gianfranco Fini o dei nanetti come Pier Ferdinando Casini. Vista dal Colle, la prospettiva non è più rosea. Napolitano ha parato qualche colpetto, poi però non si è' fatto scrupoli a scaricare l'ingombrante fardello bocconiano. Che se lo sbriciolino pure i partiti affamati di consenso e tanti cari auguri di buon Natale e felice anno nuovo. Termina così la favola del Messia bocconiano, la personalità di livello internazionale, l'ex commissario europeo, il possibile presidente del Consiglio dei prossimi cinque anni, il papabile candidato alla presidenza della Repubblica, il campione universalmente stimato con la maggioranza trasversale. L'uomo che ora annuncia il ritiro come un pugile suonato, tra i fischi e le contestazioni, mentre gli ex sodali di sinistra guardano dall'altra parte, verso un sole dell'avvenire che non ha bisogno di Monti a fargli ombra.    

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