Alfano, un leader nell'ombra:la mossa di Silvio lo spiazza
Berlusconi scombina (ancora) i piani di Angelino: le primarie si terranno lo stesso, ma con un Cav così chiunque vinca resterà sempre nella sua ombra
di Salvatore Dama Anatomia di un partito che non trova pace. Che si è adagiato nella scia di Silvio Berlusconi quando le cose andavano liscie. E che adesso sbanda a ogni curva nel tentativo di inseguire le contorsioni del Cavaliere. Ci avevano sperato, i dirigenti azzurri, lo scorso mercoledì. Avevano davvero creduto che il comunicato con cui l'ex premier annunciava l'uscita di scena avviasse un percorso virtuoso verso il ricambio generazione e la consacrazione della leadership di Angelino Alfano attraverso le primarie. Troppo bello per essere vero. Fin troppo evidente che quella del disimpegno era una strategia consigliata, non frutto di un reale convincimento maturato dal leader fondatore. Che, subìta la condanna penale più severa della vita, ha reagito mostrando i canini. La vittima principale della furia berlusconiana, lo ammettono tutti a via dell'Umiltà, non è Mario Monti a cui Silvio potrebbe voler negare la fiducia, ma il delfino. Con la sua legittima ambizione di diventare capo. È l'anatomia di un partito diviso in due. Due istantanee: Villa Gernetto, dove ad applaudire il Cavaliere c'è anche Roberto Lassini, il candidato che stampò i manifesti “Via le br dalle procure”; il terminale delle agenzie di stampa, dove per un giorno Alfano figura soltanto per le condoglianze inviate ai familiari del povero senatore Angelo Cicolani prematuramente scomparso. Per il resto, silenzio.C'è poco da dire. È vero che Silvio ha precisato di non volersi candidare a premier, ma un Cavaliere così arrembante non è perimetrabile. La campagna elettorale che ha annunciato di voler fare rischia di svuotare di significato le primarie. Ma anche la trama che con difficoltà Angelino stava iniziando a tessere per riorganizzare i moderati. Progetto che si reggeva proprio sul presupposto dell'uscita di scena del Cavaliere. Adesso il segretario aspetta il voto in Sicilia sperando che le urne sorridano a Nello Musumeci. Ha un bisogno sproporzionato di appuntare una medaglia al petto, l'ex Guardasigilli. Altrimenti si fa tutto più difficile. Troppo. Con i falchi - Daniela Santanchè in testa - che già chiedono le sue dimissioni. Martedì la dirigenza azzurra si vedrà per fare il punto sulle novità. La riunione era stata convocata solo per le regole delle primarie, ma adesso c'è un ordine del giorno che non finisce più: mesi che a via dell'Umiltà non succedeva niente, in una settimana si è scatenato il finimondo. Gli accenti duri utilizzati da Berlusconi ieri a Villa Gernetto sono compresibili data la situazione. Ma molti dirigenti vogliono un chiarimento dal Cavaliere sulla linea del partito. Smaltita la rabbia del primo momento, l'ala moderata - i Frattini, i Lupi, i Cicchitto, i Quagliariello, i Fitto - vuole sapere se davvero Silvio ha intenzione di attestarsi sulla linea dei falchi. Nel caso, molto meglio se si fa un partito per conto suo.