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Pensioni, il dramma dei "ricongiunti":vuoi il tuo assegno? Devi pagare.E il governo Monti non fa nulla

Andrea Tempestini
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  Il tema è la previdenza. Quando si parla di "ricongiunzioni" si intendono quei lavoratori che fino a luglio del 2010 potevano andare in pensione, ma che da un giorno all'altro si sono visti presentare un conto salatissimo dall'Inps per ottenere che fossero conteggiati, a fini previdenziali, anche i contributi versati da un altro ente pensionistico. La "ricongiunzione", appunto, di due enti previdenziali. I "ricongiunti" non sono stati bastonati di Elsa Fornero ma dalla riforma varata dal governo Berlusconi nel 2010 (la legge 122). I tecnici potevano rimediare alla situazione con la legge di stabilità che si sta discutendo in questi giorni, ma c'era già da pensare agli esodati creati dal pasticcio della Fornero, quindi per i "ricongiunti" niente da fare. Anche questa volta.      Ricatto di Stato - Per ottenere la ricongiunzione, come detto, il conto è molto più che salato: le cifre non sono inferiori ai 30-40mila euro, e nei casi più eclatanti possono arrivara a 300mila euro. Una cifra che assume il sinistro aspetto del ricatto di Stato: nel caso una persona voglia riscattare tutti i contributi, compresi quelli che nel corso della vita lavorativa ha versato anche a un altro ente, deve pagare con una montagna di euro. E se non vuole o non può "sganciare", il contribuente è condannato a percepire una pensione mostruosamente più bassa rispetto a quella di cui avrebbe diritto. Due anni di attesa (vana) - Ma le cifre esorbitanti rendono il ricongiungimento impossibile per la maggior parte della platea "ricattata": sono una esigua minoranza quelli che, ad oggi, hanno pagato. In pochissimi se lo possono permettere. Chi ha voluto riscattare la pensione a cui aveva diritto ha dovuto attingere a piene mani dai risparmi di una vita, oppure ha accettato un piano di rateizzazione che ricorda da vicino il pagamento di un mutuo per la prima casa (che però non hanno mai acquistato). E tutti gli altri? Si accontentano di una pensione da fame. Tutti gli altri attendevano un intervento per via amministrativa o legislativa, ma dopo due anni incassano l'ennesimo colpo basso da parte del governo e dello Stato. L'esercito dei "gabbati" - Secondo i dati diffusi dalla relazione appena presentata dalla Ragioneria generale dello Stato, sono 600mila gli italiani in attesa della ricongiunzione: 600mila persone che sono state fregate dopo essere andate in pensione. Insomma, anche lo Stato è conscio dell'enormità del problema: le cifre sono nero su bianco, e sono state conteggiate dallo Stato stesso. Chi può e chi riesce, in parallelo alla pensione da fame, continua a lavorare anche dopo aver versato 40 anni di contributi. Per ridare a tutti il diritto alla pensione maturata, in Parlamento sono state depositate diverse proposte di legge. Ma il governo dei tecnici spiega che una eventuale marcia indietro rispetto alla legge 122, oggi, è un lusso che l'Italia non si può permettere. Con buona pace di tutti quelli che sono stati fregati. Balle di governo? - Sempre la Ragioneria dello Stato spiega che per poter restituire quanto spetta ai 600mila, occorrono circa 2,4 miliardi di euro. Una cifra troppo cospicua per Mario Monti, che pensa solo e soltanto a tassarci e a tagliare, e che non è nemmeno in grado di trovare una soluzione per gli esodati, messi in ginocchio dalla riforma Fornero. Eppure secondo l'Inca Cgil il governo, in parte, sta mentendo. L'ente sindacale da luglio 2010 assiste chi è in attesa di ricongiunzione. E secondo l'Inca Cgil le cifre non sarebbero così esorbitanti come afferma il governo: viene infatti contestato il metodo utilizzato dalla Ragioneria dello Stato per calcolare quanto costerebbe rimediare al pasticcio. Nello specifico, il conteggio della Ragioneria, ai soldi necessari per arrivare alla pensione calcolata secondo il metodo retributivo, aggiunge quelli già accantonati per la pensione calcolata con il metodo contributivo, facendo lievitare l'esborso teorico.  

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