Spese dei deputati, evitata gaffeMa Fini, Casini e Franceschinici hanno provato fino alla fine
I bilanci dei gruppi della Camera saranno sottoposti al controllo di società di revisione esterne. Lo ha stabilito la giunta per il Regolamento di Montecitorio. Nel corso della riunione, a quanto si è appreso si è deciso all'unanimità di approvare il testo dei relatori Gianclaudio Bressa (Pd) e Antonio Leone (Pdl), e integrarlo con il principio della verifica dei bilanci dei gruppi tramite una società esterna. Nel suo articolo in edicola mercoledì 19 settembre, Franco Bechis, aveva previsto che sarebbe finita così. di Franco Bechis A nemmeno 24 ore dal dibattito in Consiglio regionale del Lazio sulle ruberie di fondi pubblici assegnati ai gruppi politici, tutti i partiti hanno già ammainato la bandiera del rigore e della trasparenza. E nella giunta per il regolamento della Camera dei deputati sono scivolati su una evitabilissima buccia di banana. All'unanimità hanno negato la possibilità che a controllare i fondi pubblici ai gruppi parlamentari (per la Camera si tratta di 36,2 milioni di euro l'anno) sia una società di revisione esterna. Se controlli dovranno esserci su come vengono utilizzati quei fondi (oggi del tutto segreti), meglio che avvengano dentro la Camera, al riparo da sguardi indiscreti. Presa la decisione all'unanimità, appena filtrata la notizia si è subito avuto sentore di scandalo. Così sono entrati in scena i veri furbetti: Gianfranco Fini, Pier Ferdinando Casini, Antonio Di Pietro e Dario Franceschini che parlava anche a nome di Pierluigi Bersani. Furbetti perché, dopo avere appena votato l'esatto contrario (nessun controllo esterno sui fondi ai loro gruppi), capita la reazione negativa si sono subito tirati fuori dal coro: «Ah, ma noi faremo diversamente. Anche senza alcun obbligo, daremo alle società di revisione i conti dei nostri gruppi parlamentari, così la trasparenza sarà assoluta». Facce di tolla, tutti. Perché sono stati proprio loro - e non altri - a dire di no al controllo esterno di quelle spese strappandosi perfino i capelli (tanto sapevano che quei resoconti non li leggeva nessuno) per la ferita che si stava producendo all'autonomia del Parlamento, che non può essere controllato in alcun modo. Di fronte alla polvere che da ieri si è alzata copiosa, ecco la verità dei fatti. Gianfranco ci prova Il 5 luglio scorso - come concordato in ufficio di presidenza della Camera - il collegio dei Questori presenta una proposta di modifica degli articoli 15 e 15 ter del regolamento della Camera sulla disciplina relativa ai gruppi. Le modifiche portano la firma di due deputati del Pdl (Francesco Colucci e Antonio Mazzocchi) e di uno del Pd (Gabriele Albonetti). Si regolamentano le spese dei gruppi, che oggi sono libere (può benissimo accadere quel che è avvenuto nel consiglio regionale del Lazio), le si restringe ad attività esclusiva politico-istituzionale, e si obbliga tutti al rendiconto annuale e a una certa trasparenza sulle spese. Sono i tre questori - e non Fini che ieri se ne è preso la paternità - a stabilire che i bilanci dei gruppi parlamentari debbano essere certificati da una società di revisione esterna iscritta nell'albo della Consob. Quel documento approda in giunta per il regolamento il 31 luglio scorso. La riunione è presieduta da Fini che come un notaio semplice illustra agli altri deputati le modifiche proposte dai Questori. Siccome lui non ne sa nulla (la prova della bugia sulla sua paternità), legge un appunto predisposto dai suoi uffici e chiede eccezionalmente a un questore di presenziare alla giunta di cui non fa parte, perché Fini non sarebbe in grado di rispondere alle domande altrui. In quella riunione interviene subito un deputato del Pd, Gianclaudio Bressa. È lui a dire: «No, le società di revisione no. Perché i gruppi non hanno natura privata, ma pubblicistica, e quindi essere sottoposti a controlli interna corporis, e non esterni». Per il Pdl interviene Antonio Leone e dice che Bressa ha posto un bel macigno su quel testo. Lui però chiede tempo per affrontare il tema all'interno del suo gruppo. Stessa richiesta da parte di Lega Nord (Raffaele Volpi) e dell'Italia dei valori (David Favia): vogliono rinviare la discussione e decidere con i loro. Interviene anche Armando Dionisi (Udc) e mette in guardia sul tema che gli sta a cuore: guardate che se decidiamo che i gruppi sono pubblici, poi siamo costretti a prendere il personale all'interno della Camera. Se invece sono privati, almeno possiamo assumere i nostri dall'esterno come vogliamo. Fini di suo chiede una sola cosa: che qualsiasi novità non entri in vigore questa legislatura. Si rivedono tutti il 12 settembre in giunta. Dopo avere parlato con il proprio gruppo è il Pd Bressa a tirare fuori la soluzione: niente revisori esterni, i conti dei gruppi siano controllati dal Collegio dei questori. Attenzione: la proposta di escludere i revisori esterni è del gruppo Pd, guidato da Dario Franceschini. L'approva subito a nome del Pdl Giuseppe Calderisi. L'Udc Dionisi, quello che un mese prima era favorevole ai revisori esterni perché altrimenti temeva di non potere assumere nel gruppo chi voleva da fuori, cambia totalmente idea dopo avere riflettuto con i suoi. E fa mettere a verbale che «condivide che i gruppi parlamentari siano soggetti ai controlli interni». Approva la Lega Nord, e il rappresentante del gruppo misto, Fabio Gava. Fini non contesta la decisione e, anzi, chiede di predisporre un nuovo testo con le modifiche al regolamento da portare al voto questa settimana in giunta. Tutti colpevoli Questa è la verità dei fatti, ed è l'esatto contrario del teatrino dei politici di ieri. Certo, nel merito sono scivolati tutti in modo incomprensibile. La difesa della opacità dei conti di quei gruppi parlamentari è stata così forte da lasciare immaginare a tutti i cittadini i pasticci che oggi possano esserci in quelle spese difese con le unghie e con i denti. Ora saranno travolti tutti dalle polemiche, e alla fine vedrete che passeranno i controlli dei revisori esterni: tanto, come ha chiesto Fini, si giudicheranno solo i conti della prossima legislatura, quindi le prime cose che vedremo avranno la data della primavera 2014. Vista tanta pervicacia nel difendere quei segreti, invece chiediamo oggi a tutti i gruppi parlamentari di mettere on line i bilanci dei fondi ricevuti nel 2011 e di dettagliarne tutte le spese, possibilmente mostrandone le fatture. Se non lo faranno, siamo tutti autorizzati a pensare che ogni gruppo avrà al suo interno un Fiorito o un Lusi che con i nostri soldi si saranno comprati casa, fatto vacanze meravigliose, cenato a ostriche e champagne. Fuori quei conti, altrimenti faranno gli elettori i conti con voi.