Beppe? Un piccolo Grillo dalla zucca vuota
Il bestiario. Presuntuoso, banale e illusionista: si crede un grand'uomo ma è un politico come gli altri
Mi sta diventando simpatico, o quasi, Beppe Grillo. Lui si crede un grand'uomo, del tutto diverso e assai più astuto degli omuncoli blindati nella Casta. Anche molti italiani lo considerano un Superman della politica e dichiarano che lo voteranno con entusiasmo. In realtà il leader delle Cinque stelle è un politico come tanti altri. Ha gli stessi difetti, le medesime debolezze e le stesse loffiaggini di quelli che vorrebbe mandare a casa. Avevo sempre pensato che fossero dei mediocri, lui e la sua controfigura, Gianroberto Casaleggio. Ma adesso ne abbiamo una prova: la sterminata intervista concessa da Grillo a Marco Travaglio per il «Fatto quotidiano». E pubblicata in vista vision, su due paginate, mercoledì 13 giugno. «Libero», per la penna aguzza di Filippo Facci, ha sostenuto che Travaglio ha condotto l'intervista in ginocchio, comportandosi da zerbino di Grillo. Il Bestiario non la pensa come Facci. Sento dire che il vice direttore del «Fatto» è un tifoso del capo stellare. Se è così, in quel colloquio si è comportato da amico del giaguaro, giocando a Grillo un pessimo scherzo. Lo ha lasciato parlare, straparlare, sproloquiare senza limiti. Presentandolo al pubblico come un ridicolo bufalibron. Bufalibron è una vecchia parola di slang padano, soprattutto pavese. Indica un tizio che non sa un cavolo di niente, non s'intende di nulla, non ha mai aperto un libro, ma si è limitato a soffiare sulle pagine per farle scorrere e dare la sensazione di averle lette e meditate. Mi suggerisce questo l'identikit di Grillo tracciato da Travaglio. E adesso lo andiamo a vedere. Grillo è un presuntuoso, tanto da presentarsi ai lettori del «Fatto» come il Grande Sterminatore che sta ammazzando i partiti. Con una forza e una velocità tali da costringerlo a suggerire alla Casta di suicidarsi con più lentezza: «Sono anni che dico che i partiti sono morti, ma adesso spariscono troppo rapidamente. Fate con calma, non esagerate a prendermi alla lettera». La presunzione lo spinge a dare di sé un ritratto irreale: «Sono vent'anni che giro il mondo, visitando laboratori, intervistando ingegneri, economisti, ricercatori, Premi Nobel. Ho rubato conoscenze ai grandi della terra. Mi sono informato, mi sono fatto un culo così, anche se molti mi prendono per un cialtrone improvvisatore. E adesso i partiti pensano di metter su movimenti in quattro e quattr'otto!». Qualche riga dopo, il leader stellare cambia tono e si mostra impaurito: «La liquidazione del sistema è talmente veloce che domani rischiamo di svegliarci e di non trovare più nulla. E poi come si fa? Noi non siamo pronti a riempire un vuoto così grande». Già, chi colmerà questa assenza? Ecco una domanda che Travaglio poteva fare a Grillo. Anche presentandogli qualche ipotesi. Un potere davvero imbattibile? Le truppe della Nato? Una forza militare interna, per esempio i carabinieri? L'invasione di milioni di cinesi, già presenti sul territorio con nutrite avanguardie? La debolezza di Grillo emerge quando descrive come sarà il Parlamento bonificato da lui. Ne esce un bordello terrificante. Rappresentanti di liste civiche. Movimenti di gente perbene. Ragazzi. Professori. Esperti. Gli eletti delle Cinque stelle. I No-Tav. Quelli dell'acqua pubblica e dei beni comuni. I referendari. «Magari ci troviamo il povero Di Pietro, mi sa che stavolta non lo vuole nessuno». Grillo ritorna a spaventarsi. Non è nato ieri e sa bene che con questa Armata neo Brancaleone sarà impossibile governare. Infatti dichiara che si guarderà bene dall'andare a Palazzo Chigi: «L'ho detto e lo ripeto: io nel palazzo non ci entro, non mi lascio ingabbiare. Preferisco restare un battitore libero, un franco tiratore. Ma troveremo persone competenti e oneste per fare il premier e i ministri. E poi ci inventeremo un meccanismo di democrazia partecipativa per far governare i cittadini». La paura di cimentarsi come uomo di governo spinge Grillo a diventare banale: «I ministri devono essere esperti nelle loro materie. Ci vuole una selezione molto stringente». Travaglio gli chiede chi deciderà se mantenere o no l'euro, sulla politica estera, sul diritto di cittadinanza, sull'immigrazione, sulla bioetica… Pensando a se stesso, Grillo replica: «Sono questioni troppo grandi perché possa decidere un non-leader. Faremo dei referendum popolari propositivi. In Svizzera fanno così da duecento anni. Lo so, è difficile. Ma è difficile anche continuare così». È assai più facile rifugiarsi nelle illusioni. Siamo alla scappatoia di Grillo: «Destra e sinistra sono etichette preistoriche. Dobbiamo ricostruire un'identità, una comunità locale e nazionale. Se i cittadini, e non più i partiti, diventano lo Stato, anche nazionalizzare diventa una bella parola. In Italia ci sono un milione di volontari. Io ne vorrei 60 milioni. Il mio dentista, per qualche ora la settimana, dovrà operare gratis chi ha bisogno». Grillo adesso ritorna allo stile che conosciamo: superficiale, semplicione, da chiacchiera al bar. La mitica spending review, il taglio della spesa pubblica, si può realizzare in un batter d'occhio. La Tav non serve, è sufficiente cancellarla e si risparmiano venti miliardi. Idem per i caccia bombardieri: aboliti, risparmio di quindici miliardi. Anche le province eliminate con un tratto di penna. Niente pensioni superiori ai tremila euro. I rifiuti delle grandi città? Meglio spedirli in Germania: «È un paese ecologicamente avanzato dove si brucia la minima parte, il resto viene separato, riciclato o va in discarica». Il Napoleone delle Cinque stelle ha un solo momento di sincerità e proprio nel finale del colloquio con Travaglio: «Per salvare l'Italia la gente si dia da fare, partecipi, rompa i coglioni, s'impegni. E io sarei il nuovo Mussolini? Più democratico di me non c'è nessuno. Lo so benissimo che non posso salvare l'Italia: io getto le basi, faccio il rompighiaccio, dissodo il terreno… Poi ogni cittadino deve camminare con le sue gambe. Io il mio lavoro l'ho fatto. Ora tocca agli italiani». E infatti molti italiani sembrano disposti a votarlo. Così sostengono i sondaggi. Danno le Cinque stelle al 21 per cento, una previsione che fa venire la pelle d'oca anche ai partiti più grandi. Il Bestiario considera questi sondaggi e la relativa strizza un regalo della Provvidenza. Guai se non ci fossero. E se non avessero questi risultati. L'arroganza della Casta non mostrerebbe nessuna crepa. I partiti butterebbero nel guardaroba dei cani anche la più piccola delle riforme. Eppure l'Italia ha bisogno dei partiti. Certo, debbono essere migliori di oggi, però una democrazia non può farne a meno. In Europa è iniziata la Terza guerra mondiale. Non ci bombardano le Fortezze volanti, ma i mercati internazionali. L'unica nostra difesa è di essere conservatori intelligenti. Anche augurarsi di continuo la morte del governo guidato da Mario Monti o di ritornare alla lira sono atteggiamenti suicidi. I professori hanno gettato le basi di un lavoro immane per rifondare l'Italia. Sostenere che si muovano con lentezza è privo di senso. Non esistono soluzioni semplici e rapide per questioni complesse che da anni nessuno affrontava. Dobbiamo essere pazienti. Ma non nei confronti della Casta che rallenta il cambiamento. Ecco il nostro muro di Berlino. E per farlo cadere non dobbiamo impiegare decenni. L'unica soluzione che non produrrebbe nulla, e molto rischiosa, sarebbe affidarsi a un piccolo demagogo con la zucca vuota. Come questo Grillo straparlante. Un signore dannoso anche a se stesso. di Giampaolo Pansa