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Pasticcio del governo: slitta il ddl anti corruzione

Andrea Tempestini
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L'esecutivo ha chiesto in Aula alla Camera uno slittamento dell'esame del disegno di legge anticorruzione: un nuovo pasticcio, un ulteriore fallimento dei tecnici, dei dilettanti della politica allo sbaraglio. "Il governo nonostante le promesse fatte nelle ultime sedute di arrivare in tempo con il testo possibile di un maxiemendamento non è riuscito a onorare i propri impegni", ha spiegato in Aula il ministro per i Rapporti con il parlamento Piero Giarda, ammettendo che lo squadrone dei professori non è stato nemmeno in grado di scrivere gli emendamenti. "Sono costretto a chiederle un congruo spostamento dei tempi per la discussione del provvedimento", ha aggiunto Giarda. Sul ddl, nel corso delle ultime settimane, si era consumato uno scontro tra il governo e il Pdl, contrario alle modifiche al testo che i tecnici vogliono apportare. Oggi, martedì 12 giugno, era attesa la fiducia sul provvedimento, ma puntuale è arrivata la marcia indietro con la grottesca ammissione di colpa: "Scusate, non siamo pronti", ha spiegato in buona sostanza il ministro Giarda. Ipotesi di triplice fiducia - Il governo ora porrà  tre fiducie sul ddl anticorruzione: una sull'articolo 10, che riguarda le incandidabilità, altre due sugli articoli 12 e 13, che introducono la parte penale del testo. Al termine di un vertice con la maggioranza, e di una riunione tra i ministri Giarda e Severino con il presidente della Camera, Fini, secondo quanto si apprende in ambienti parlamentari si sarebbe preliminarmente posta la questione di ammissibilità del maxiemendamento che il governo si sarebbe apprestato a presentare per chiedere la fiducia. Il fatto è, hanno cercato di spiegare in ambienti parlamentari, che il testo non può costituire un semplice accorpamento delle norme approvate in commissione, pena, appunto, l'inammissibilità. Basterebbero però alcuni cambiamenti formali. Cicchitto: "Evitare la fiducia" - Nello scontro sul ddl anti-corruzione esce vincitore il Pdl. "Se c'è l'intenzione di chiudere questa discussione per andare a un voto di fiducia - aveva avvertito il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto -, questo viene meno a un ruolo di mediazione che il governo deve svolgere ancora di più, visto che si è inoltrato su una materia che ha visto due dei partiti più significativi della maggioranza avere posizioni di segno molto diverso, per non dire opposto. Se il governo si inoltra su questo terreno - ha proseguito Cicchitto -, ha il diritto-dovere di svolgere un ruolo di mediazione e non di risolvere tutto con un voto di fiducia rispetto al quale poi il Pdl aprirà una riflessione interna per le scelta da fare”. Le parole di Cicchitto hanno ripreso quelle pronunciate in precedenza dal deputato azzurro Maurizio Paniz, che aveva spiegato come la fiducia sul testo "sarebbe un peccato". La rabbia di Di Pietro - Mentre il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha detto che lo stallo sul ddl corruzione "mortifica il ruolo della Camera", l'Italia dei Valori ha scritto che "prende atto che il governo a oggi non sa cosa fare, è una sconfitta. resta il fatto che non possiamo tenere le istituzioni bloccate sull'inerzia e l'incapacità del governo di decidere cosa fare", ha spiegato Antonio Di Pietro. "Siamo stufi - ha aggiunto il leader dell'Idv - di vedere che c'è un luogo diverso da questo Parlamento dove avvengono accordi che non possiamo accettare, dove va il governo, al bar, in cantina, in commissione parlamentare? Con chi si confronta?".

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