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Iacometti: con la crisi dell'auto è arrivato il conto delle follie green

di Sandro Iacometti giovedì 13 febbraio 2025

2' di lettura

Ventitre mesi consecutivi col segno meno sono tanti. Inutile nascondersi dietro a un dito. La crisi della manifattura italiana è seria. I dati snocciolati ieri dall’Istat parlano, per dicembre, di un calo mensile della produzione industriale del 3,5% che balza al 7,1% rispetto allo scorso anno. Colpa delle politiche del governo Meloni, della scarsa attenzione al comparto produttivo? Le opposizioni, manco a dirlo, non hanno dubbi. La realtà è che sono state proprio loro, oltre alle guerre, alla crisi energetica e alle tensioni geopolitiche, a mandare a gambe all’aria l’industria. Non in Italia, ma in Europa, sostenendo a testa bassa le ecofollie del green deal che hanno fatto sbandare l’auto in tutto il continente, a partire dalla Germania, con conseguenze devastanti per la nostra economia. Certo, si dirà che anche il tessile e l’abbigliamento è in crisi (-18,3 sull’anno a dicembre). Vero. Ma è stata la produzione di veicoli, che pesa assai sulla nostra manifattura, ha trascinare tutti gli indicatori verso il basso.

L’Istat parla di un calo della produzione dei mezzi di trasporto del 23,6%. Che è già molto. Ma secondo le analisi dell’Anfia, l’associazione della filiera automobilistica, a dicembre si è verificato un crollo ben più drammatico. Il comparto nel suo insieme è scivolato del 43,4%, percentuale ricavata dal calo terrificante del 64,9% della produzione di veicoli e dalla flessione del 33,5% della produzione di parti e accessori. Per quanto riguarda solo le macchine, tanto per essere chiari, l’intero anno si è chiuso con un -42,8%. Adesso, possiamo prendercela anche con Carlos Tavares, con le scelte sbagliate di John Elkann o con la concorrenza sleale dei cinesi. Ma la realtà è che la scorsa legislatura europea, con i suoi diktat e le sue politiche da Alice nel paese delle meraviglie, ha predisposto le condizioni per il suicidio assistito dell’auto. Con il piccolo particolare che il settore, con i suoi lavoratori e il suo valore aggiunto. non aveva alcuna intenzione di uccidersi. Lo sgambetto alle quattroruote, come spiegato da tempo da Confindustria, si è abbattuto come una tempesta su una manifattura già in affanno per numerosi fattori, tra cui molti internazionali. Bisogna preoccuparsi e intervenire, sicuramente. Ma lasciare che ad attribuire le colpe siano i principali autori del disastro non è certo il modo migliore per uscirne.

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