Di Meo: Terra dei fuochi, ecco chi sono i veri colpevoli
Dietro i fumi della Terra dei Fuochi si nasconde una verità che nemmeno la Corte europea dei diritti dell’uomo è riuscita a cogliere nella sentenza che condanna l’Italia per la mancata bonifica dei terreni inquinati tra le province di Napoli e di Caserta.
Non è vero che magistratura e politica sono state silenti e inerti davanti allo scempio di quel che un tempo era la Campania Felix, come sostengono i giudici di Strasburgo: è stato il sensazionalismo giudiziario che ha sbagliato mira. Oggi la Cedu rimprovera al nostro Paese di non aver preso le dovute contromisure al rischio per la salute (definito «sufficientemente grave, reale e accertabile» oltre che «imminente») dei cittadini residenti in quell’area. Eppure le indagini, i processi, gli arresti e i sequestri ci sono stati, e non solo recentemente.
Solo che i pm ad alta vocazione mediatica son corsi dietro le bugie dei pentiti, che evocavano scenari apocalittici, invece di concentrarsi sui reati che emergevano semplicemente facendosi un giretto in zona.
Uno, soprattutto, è stato il colpevole di questa deriva da talk show: Carmine Schiavone, ex boss dei Casalesi. «In vent’anni moriranno tutti», aveva preannunciato agli inizi del Duemila, fallendo (fortunatamente) la previsione. «Sottoterra e nei Regi Lagni ci sono scorie tossiche e fanghi termonucleari», andava il camorrista ripetendo in tv e nei processi e a chiunque gli allungasse sotto il naso un microfono. Tutto falso: nulla di tutto questo è stato mai trovato. Vent’anni di inchieste non hanno mai portato a verificare uno solo dei catastrofici vaticini del capobanda.
Per inseguirne i deliri, i magistrati si son però quasi persi le cave imbottite di ogni genere di schifezza, gli imprenditori grassatori, i fiumi di percolato e, soprattutto, le fonderie a cielo aperto accese dai rom dei campi nomadi di Giugliano e dei Comuni vicini. Son loro i responsabili delle colonne di fumo nero che hanno dato il nome a questa sfortunata lingua di terra: i fuochi appiccati per sciogliere il rame rubato un po’ ovunque e per cancellare le prove dei furti d’auto.
Erano lì, da sempre: quasi nessuno si è degnato di intervenire. Forse perché non generano titoli roboanti come quelli di un ex padrino che si atteggia a Nostradamus? Se gli investigatori avessero subito meno il fascino della giustizia show, oggi la situazione sarebbe migliore. E che la Cedu non l’abbia capito lo dimostra il riferimento a un inesistente «segreto di Stato» opposto dall’Italia sulla Terra dei Fuochi.
Una bugia clamorosa: quel che la Corte chiama «segreto di Stato» era semplicemente il segreto investigativo su indagini non ancora concluse, nate proprio dalle dichiarazioni di Schiavone, che, certamente, non poteva essere violato nel corso di pubblici dibattiti. La sentenza del super tribunale dell’Ue un risultato l’ha tuttavia raggiunto: ridare speranza ai cittadini e spingere le Istituzioni a rimboccarsi le maniche.
«Chiediamo di prorogare fino alla fine dell’anno i termini del Contratto istituzionale di sviluppo con gli interventi di riqualificazione di un territorio che per troppi anni ha sofferto, pagando un prezzo altissimo anche in termini reputazionali», hanno spiegato, ad esempio, i parlamentari campani della Lega Gianpiero Zinzi e Gianluca Cantalamessa, annunciando un emendamento per impedire che la «Campania perda 30 milioni di euro di risorse preziose di cui il nostro territorio ha bisogno per progetti che restituiscano futuro, dignità, salute e vita ai cittadini».
E proprio sulla dignità sono amare le parole di don Maurizio Patriciello, il prete coraggio di Caivano. «Quante calunnie abbiamo dovuto subire; quante minacce; quante derisioni; quante offese; quante illazioni», ha denunciato. «I negazionisti, ignavi, collusi, corrotti, ci infangavano. Siamo andati avanti. Convinti. Vedevamo con i nostri occhi lo scempio delle nostre terree delle nostre vite». Alla fine «un ricordo commosso va ai nostri morti di cancro», ha concluso. Perché c'è anche chi non è riuscito a vedere questo giorno.
Parla invece di «un’emergenza non solo ambientale, ma anche sanitaria e sociale», il presidente di Confapi Napoli, Raffaele Marrone. «Ora lo Stato ha il dovere di intervenire senza indugi, mettendo in sicurezza il territorio e garantendo la salute dei cittadini», ha spiegato. «Serve un piano strutturato che preveda interventi concreti di bonifica. Territori che, una volta recuperati, possono essere al centro di politiche di sviluppo». Un futuro limpido come un cielo senza fumi. E senza fuochi.