Allineamento alla nuova rotta trumpiana pure per mister Meta, Mark Zuckerberg. A meno di due settimane dall’ufficiale proclamazione del nuovo presidente eletto, Donald Trump, anche l’inventore di Facebook si adegua al nuovo corso repubblicano. Non solo: prima incassa l’approvazione di Elon Musk («this in cool», ha replicato il vulcanico multimiliardario). Poi la benedizione del presidente eletto Trump: «Penso che Meta abbia fatto molta strada, l’uomo (Zuckerberg, ndr) è impressionante», ha sintetizzato accogliendo sul carro repubblicano dei vincitori anche il “ragazzo” di Facebook. Tutto questo entusiasmo è dovuto alla decisione della società Meta, proprietaria dei social network (oltre a Fb ha in pancia anche Instagram), di mettere fine al servizio di fact-checking (verifica preventiva delle notizie) e cancellare quindi «le restrizioni sulla libertà di espressione».
Una rivoluzione annunciata direttamente dal fondatore come tentativo di «ristabilire la libertà di espressione». Precisando che il colosso social tornerà «alle sue radici, concentrandoci sulla riduzione degli errori, sulla semplificazione delle politiche e sul ripristino della libertà di espressione sulle nostre piattaforme». Un adeguamento ai nuovi requisiti. «In particolare», ha spiegato Zuckerberg, «elimineremo i fact-checker e li sostituiremo con”’community notes”, simili a quelle di X (come Musk), a «partire proprio dagli Stati Uniti».
Una decisa sterzata: nel video Zuckerberg, ha anticipato che intende e «collaborato con il presidente Trump per respingere i governi di tutto il mondo che se la prendono con le aziende americane e spingono per censurare di più». Citando l’Europa come un luogo con «un numero sempre crescente di leggi che istituzionalizzano la censura e rendono difficile costruire qualcosa di innovativo». E non dimenticando di rifilare una stoccata anche all’amministrazione Biden «per la censura». Insomma, Musk - che ha sposato per primo la cavalcata alla Casa Bianca di Trump sembra aver fatto scuola tra i “colleghi” della Silicon Valley.
Anche se solo qualche mese fa un secondo mandato sembrava un miraggio.
I magnati delle nuove tecnologie (abbandonata la candidata democratica Kamala Harris) si stanno riposizionando. E i rapporti di forza (e relazione) con l’amministrazione entrante cambiano. Musk - secondo i documenti pubblicati il 15 ottobre dalla Commissione federale elettorale degli Stati Uniti - è tra i maggiori finanziatori dello schieramento repubblicano. Dal tentato omicidio di luglio a Butler, in Pennsylvania, Musk ha donato quasi 75 milioni di dollari al comitato d’azione politica, America PAC. Altro alleato di peso a debuttare in Meta sarà il presidente dell’Ultimate Fighting Championship, l’Ufc, la più importante organizzazione nel campo delle arti marziali miste, Dana White, che entrerà a far parte del consiglio di amministrazione della società insieme ad altri due nuovi membri.
L’elenco delle multinazionali in “avvicinamento” è in continuo aggiornamento: Amazon, Uber e l’amministratore delegato di OpenAi, Sam Altman, ha annunciato donazioni simili al fondo inaugurale del presidente eletto. Lo scarroccio di Meta sulle restrizioni nei contenuti sembrano ricalcare quelle adottate da Musk dopo l’acquisizione di X. Zuckerberg ha ammesso che i tentativi di Meta di filtrare contenuti dannosi o pericolosi avevano portato ad alcuni eccessi. «Abbiamo raggiunto un punto in cui ci sono troppi errori e troppa censura», ha tagliato corto. Non ha ancora rime piede nello studio ovale e Trump già si guadagna il consenso. Il fondatore di Facebook già critica i media tradizionali per la copertura del primo mandato di Trump. Accusando i “fact-checker” di essere «troppo politicamente schierati». Il vento è cambiato...