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Sechi: quei cowboys che spavetano i nostri alieni

Mario Sechi
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Quando ho letto che l’Anpi di rito filo-sovietico si scagliava contro Elon Musk ho avuto la conferma che la sinistra italiana dopo l’elezione di Donald Trump è completamente impazzita. Il genio americano non ha bisogno di andare su Marte, i marziani sono già qui, nel Partito Democratico, nelle varie sigle di un’opposizione confusa e con le idee sbagliate, nel giornalismo à la page che ha individuato il nuovo nemico pubblico, nei salottini romani che non avendo nulla da fare se non brindare alla sconfitta si lamentano, signora mia, dei cowboys che presto occuperanno la Casa Bianca e il Congresso.

L’allucinazione collettiva è tale che ormai travolge ogni senso del ridicolo: a Bruxelles ieri abbiamo assistito allo spettacolo antipatriottico del Pd che mette in dubbio la vicepresidenza di Raffaele Fitto nella Commissione europea e lo fa per ragioni di retrobottega, di panico totale di fronte alla sfida di un nuovo mondo che non corrisponde più neanche un po’ a quello che avevano immaginato fino a pochi giorni fa. Elly Schlein deve decidere se il suo partito fa l’interesse nazionale o quello di un’accozzaglia di personaggi improbabili sconfitti dalla storia: il governo del socialdemocratico Olaf Scholz è caduto e si va a votare in febbraio, quello di Pedro Sanchez in Spagna è inseguito con i forconi dai cittadini alluvionati, Emmanuel Macron in Francia è un ectoplasma politico, il punto di riferimento dei Democratici in America si è dissolto tra un concerto di Taylor Swift e un comizio di Kamala Harris.

Tutto ciò che sta a destra per questa compagnia di giro diventa un’ossessione fascista, un pericolo per la democrazia, una cosa da lettino freudiano, da trattato di psichiatria, da film di Tognazzi, “Vogliamo i colonnelli”. Perché alla fine la loro tragedia esonda nel comico e quando sullo schermo scorrono le agenzie con il Pd che risponde a Musk si capisce che siamo in pieno cabaret, che tutto è possibile, anche l’impossibile di una sinistra che ha perso il contatto con la realtà e il collegamento con il proprio elettorato. Devono cambiare di nuovo il totem, cercando di restare uguali. In fondo aveva ragione Silvio Berlusconi: “Sono sempre i soliti comunisti”.

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