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Jacobazzi: alla Corte dei Conti solo due udienze al mese

di Giovanni M. Jacobazzi lunedì 4 novembre 2024

3' di lettura

Dal 2019 ai primi sei mesi del 2024 la Corte dei Conti ha recuperato solo il 7% dell’ammontare delle condanne emesse: 282 milioni su 3 miliardi di euro. Il numero di udienze mensili per sezione, complessivamente celebrate nei vari gradi di giudizio, è poco più di 2. Essendo procedimenti collegiali, ogni singolo magistrato celebra dunque 0,40 udienze al mese. Per quanto concerne poi la produttività, ogni magistrato deposita mediamente una sentenza al mese, che salgono a circa 3 per quelle in materia pensionistica. Numeri non proprio esaltanti e che, oltre a non poter minimamente essere paragonati a quelli delle altre giurisdizioni, dovrebbero sollevare nei diretti interessati più di un interrogativo. Ad esempio, cosa serve emettere sentenze di condanna per milioni di euro se poi non si riesce ad incassarne nemmeno uno? Quanto costa al contribuente italiano un simile sistema giudiziario che non è in grado di riscuotere il dovuto?

Per invertire la rotta e dare maggiore efficienza al comparto, la maggioranza che sostiene il governo di Giorgia Meloni ha approntato una riforma che modifica in radice la giurisdizione contabile. Il testo porta la firma dei deputati Tommaso Foti (FdI), Paolo Barelli (FI) e Riccardo De Corato (FdI). Relatori sono invece Sara Kelany (FdI) e Pietro Pittalis (FI). L’approvazione in Commissione a Montecitorio è prevista a breve. Poi toccherà al voto dell’Aula. In attesa di questo passaggio, l’Associazione magistrati della Corte dei Conti ha deciso di saliere sulle barricate e convocare la propria assemblea in modo permanente al fine di scongiurare l’approvazione definitiva del testo. «Ogni volta che si prova a riformare la giustizia, in questo caso quella contabile, si scatenano reazioni caratterizzate solo dall’autoreferenzialità e dalla autoconservazione», ha dichiarato Pittalis. «Non si spiega altrimenti - ha aggiunto- questa protesta dei magistrati contabili».

Leggendo nel dettaglio il testo, balza subito all’occhio la modifica al regime sanzionatorio per dirigenti e dipendenti infedeli. Il testo introduce infatti un sistema di risarcimento danni che non considera il danno effettivo, ma si basa sul reddito del dipendente. Sul punto viene introdotto l’obbligo di copertura assicurativa per coloro che abbiano responsabilità nella gestione di risorse pubbliche, prevedendo la facoltà per l’amministrazione di appartenenza di destinare una parte del trattamento economico accessorio spettante al dirigente o funzionario alla stipulazione di una polizza assicurativa, idonea a garantire che l’amministrazione possa sempre e comunque ottenere il pieno risarcimento del danno patrimoniale causato per colpa grave. Si garantisce in tal modo il risarcimento completo dei danni subiti dalla pubblica amministrazione, a prescindere dalle condizioni economiche del soggetto responsabile, generalmente inadeguate a fronte di danni di rilevante entità.

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«Come detto, ciò dipende sia dagli importi spesso esorbitanti previsti nelle sentenze di condanna, che le rendono di fatto inesigibili, sia dall’incapienza dei soggetti condannati. Le nuove disposizioni proposte sono pertanto volte alla soluzione anche di questi problemi», sottolinea Pittalis, ribadendo inoltre che «la Corte dei Conti deve tornare alle funzione originati che è quella di supporto all’attività di consulenza e che la maggioranza non ha con questa riforma nessun interno punitivo nei suoi confronti ma solo quello di modernizzare le strutture del Paese». «Forse ha ragione qualche autorevole magistrato contabile quando afferma che la Corte dei Conti da organo di servizio è diventato un organo di potere», prosegue Pittalis. «I magistrati della Corte dei Conti dovrebbero essere soggetti alla Costituzione e alla legge. Costoro ultimamente però si sono allargati e vogliono fare i pm penali, prendendo prese di pozione contro il governo con il fine dichiarato di “salvare” al Paese», afferma invece Antonio Leone, ex presidente del Consiglio di presidenza della giustizia tributario, l’organo di autogoverno dei giudici tributari. «Noto poi che ai magistrati contabili piace fare sia i controllori che i controllati. Da presidente del Cpgt mi sono ritrovato ad avere nel collegio dei revisori del Consiglio dei magistrati contabili che erano anche giudici tributari», aggiunge Leone. 

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