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Daniele Capezzone: Freddie Mercury oggi compirebbe 78 anni, la star che ci manca

di Daniele Capezzone giovedì 5 settembre 2024
Daniele Capezzone: Freddie Mercury oggi compirebbe 78 anni, la star che ci manca

4' di lettura

Sembra perfino impossibile pensarlo, pare uno scherzo o forse un inganno dell’intelligenza artificiale, come certe foto perfettamente contraffatte: non ci si crede, ma se Freddie Mercury fosse vivo, proprio oggi compirebbe 78 anni. Impensabile, vero? «Muore giovane chi è caro agli dei», decretarono i lirici greci: e così per noi Freddie resta eternamente nel pieno delle forze, padrone del palco, dominatore degli stadi, detentore di un talento assoluto e di una volontà tenace, oltre che scalatore capace di arrampicarsi con la voce su su fino a note impossibili, regolarmente raggiunte e restituite con potenza e precisione senza paragoni.

ISTINTO LIBERTARIO
Cosa farebbe, cosa direbbe oggi? Questo non possiamo saperlo, e anzi sarebbe disonesto prestargli pensieri non suoi, o coinvolgerlo in dibattiti che non ha fatto in tempo a conoscere. In compenso, però, sappiamo cosa disse e cosa fece, e soprattutto cosa non disse e cosa non fece. Il suo meraviglioso istinto libertario - come per altri versi quello di David Bowie - rimase sempre non irreggimentabile, non strumentalizzabile. Freddie ha insegnato e incarnato le meraviglie della libertà e pure il fascino della trasgressione; ha sperimentato un’attitudine alla metamorfosi, a un cambiamento incessante e virtuoso, non per perdere se stesso ma per cercare e trovare fino in fondo la propria identità.

E proprio per questo non ha mai avuto bisogno di dichiarare e dichiararsi “qualcosa”, di come out as anything, di incasellarsi, di esistere in quanto appartenente a una categoria, o di trasformarsi in profeta dell’inclusione, in maestrino della diversità. E meno che mai ha preteso di trasformare il suo personalissimo modo di essere in una divisa da imporre agli altri, in un’uniforme da far indossare a chi non la desiderasse. Anzi, azzardo un’ipotesi venendo meno al rispettoso proposito di prima: c’è da immaginare che oggi sarebbe stato capace di inventare nuovi geniali sberleffi sia verso qualche insopportabile reazionario sia verso i pasdaran del conformismo progressista.

Era quello che era, libero e a tratti felice, o più felice quando era più libero: con i suoi amori maschili e pure con il rapporto intimo e singolarissimo con la sua amica del cuore Mary, che gli rimase accanto fino alla fine, e comunque sempre, pure nei lunghi anni in cui Freddie visse diversamente la propria sessualità. A quasi trentatré anni dalla sua morte si può trarre un onesto bilancio. Lungo tutta la sua vita e la sua carriera, vi furono certo decine, anzi centinaia di personalità - nella politica, nella società, nella cultura - ben più autorevoli di lui. Ma oggi, a conti fatti, è stato proprio lui- non altri - la persona capace di influire su intere generazioni, sui suoi coetanei tanto quanto su chi, per ovvie ragioni di anagrafe, l’ha invece solo conosciuto dai dischi e dai video.

Resta memorabile il finale- doloroso ed emozionante - della sua vita artistica. Già malato e minato dall’Aids, faticava a registrare come prima, e ogni seduta in sala di incisione era un tormento. Brian May, un’altra anima dei Queen, aveva preparato un autentico capolavoro, The show must go on, compiendo un miracolo di immedesimazione: la canzone pare descrivere il mondo dell’arte e il senso stesso dell’avventura umana dal punto di vista di Freddie, e di un Freddie ormai vicino agli ultimi momenti prima della morte.

IL SENSO DI TUTTO
Rileggete quei versi. Si parte da «spazi vuoti», «luoghi abbandonati», e da domande esistenziali che denotano uno smarrimento («per cosa stiamo vivendo?», «qualcuno sa cosa stiamo cercando?»). Poi, a poco a poco, la canzone si distende sul tema principale, cioè la crudele necessità che tutto prosegua («lo spettacolo deve andare avanti», «il mio trucco potrebbe venire via ma il mio sorriso regge ancora»). Ma ecco la magia di May e di Mercury, il tocco dei Queen: pur dentro questo feroce meccanismo, possiamo comunque esprimerci, elevarci e cercare un senso più profondo, perfino sublimarci: «La mia anima è dipinta come ali di farfalle, le favole di ieri invecchieranno ma non moriranno...Posso volare, amici».

Senza essere blasfemi, siamo all’altezza di Camus e della sua rilettura del mito di Sisifo: gli uomini sono condannati a spingere un masso che inevitabilmente poi rotolerà giù: fatica immensa e inutile, apparentemente. Eppure è in quella dimensione agonistica che può esserci il senso stesso dell’avventura umana. Un aneddoto divenuto celebre racconta che May, illustrando la canzone a un Mercury già tanto sofferente, fosse preoccupato per quella sequenza di note alte. Freddie sorrise, bevve una vodka, forse due, e cantò in modo meraviglioso e insieme tragico. E ora provate a risentirla senza commuovervi. Buon compleanno, Freddie.

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