In attesa che la riforma sull’Autonomia venga pubblicata in Gazzetta Ufficiale e cominci a produrre i suoi effetti, le amministrazioni regionali sono già all’opera per farsi trovare pronte a chiedere più margini di manovra su quelle materie (in tutto 9 su 23) che possono essere devolute subito alle Regioni, non avendo bisogno di fissare i Livelli essenziali di prestazione, i famosi Lep di cui tanto si parla. Ovviamente ogni amministrazione sta seguendo priorità diverse, in pieno spirito con l’Autonomia differenziata.
Di seguito proviamo a fare una breve carrellata delle Regioni che già si sono mosse in previsione dell’approvazione della riforma.
Lombardia e Veneto sono quelle che sono più avanti di tutte. Non solo perché arrivano dalla base già solida del lavoro preparatorio dei referendum consultivi del 22 ottobre 2017, ma perché in questi anni hanno sempre tenuto aggiornato il dossier Autonomia.
Attilio Fontana è già pronto a chiedere otto materie. Due “pesanti” come Sanità e Ambiente, per le quali la legislazione prevede già dei livelli minimi che si chiamano rispettivamente Lea a Lepta. Poi sarà la volta delle competenze che riguardano commercio con l’estero, previdenza complementare, professioni, protezione civile, rapporti internazionali e con la Ue, coordinamento con finanza pubblica e sistema tributario. Fontana le chiederà scaglionate perché «è giusto iniziare gradualmente anche per una questione organizzativa al nostro interno». Non va dimenticato, infatti, che la Lombardia con i suoi 10 milioni di abitanti è praticamente uno Stato nello Stato.
Passando al Veneto, Luca Zaia sta già mordendo il freno. Anche lui come Fontana chiederà tutte e nove le materie che si possono già devolvere: «Convocherò la Consulta sull’autonomia- ha spiegato il “Doge” nei giorni scorsi - che coinvolge parti sociali e associazioni di categoria per fare il punto e capire su quali materie puntare in prima istanza».
Anche il Piemonte sta già scaldando i motori. Da Torino ricordano come l’Autonomia sia sempre stata una delle priorità di Alberto Cirio. Tanto che nel formare la nuova giunta che verrà presentata in settimana, spunterà anche una delega specifica all’Autonomia, proprio per gestire questo delicato passaggio. Il Piemonte, come Lombardia e Veneto, aveva già iniziato ad incardinare un’intesa con lo Stato fondata sulla richiesta di tutte e 23 le materie devolvibili. Su quali chiedere prima, invece, si ragionerà in questi giorni, non appena la macchina amministrativa sarà ripartita, dopo la proclamazione della nuova legislatura a guida Cirio.
Interessate ad avere maggiori margini di libertà amministrativa non ci sono solo le Regioni a statuto ordinario. Questa partita riguarda anche quelle a statuto straordinario.
In Trentino-Alto Adige da mesi è attiva l’interlocuzione tra i due presidenti di Provincia, Maurizio Fugatti e Arno Kompatscher e il ministro Roberto Calderoli, che dovrà portare alla riscrittura dello Statuto speciale. In particolare, oltre a quella che Fugatti ha definito «manutenzione straordinaria», i due presidenti chiedono «il ripristino delle competenze primarie delle nostre autonomie speciali, che negli anni si sono via via affievolite anche a causa delle pronunce della Corte costituzionale». La posizione di Fugatti è condivisa anche da Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia, che nei giorni scorsi spiegava come «questa riforma sfiora appena le Regioni a Statuto speciale. Detto questo chiederemo anche noi il rafforzamento del nostro statuto autonomo».
Accanto a queste, ci sono poi Regioni che hanno deciso di “congelare” le trattative con il governo per evidenti motivi di natura politica. È il caso dell’Emilia-Romagna e della Campania, che negli anni passati avevano accolto con favore la “sfida” dell’Autonomia (l’Emilia aveva addirittura imbastito l’intesa con l’esecutivo), salvo disconoscerla una volta approvata.