Pronti via, l’Unione Europea continua come prima più di prima. Emmanuel Macron e Olaf Scholz hanno continuato a menare le danze come se nulla fosse accaduto nel voto europeo, hanno subito cercato di marginalizzare Giorgia Meloni (che a differenza loro, le elezioni le ha vinte), ma hanno miseramente fallito il blitz. Il Re Solo di Francia intanto perde i pezzi, il gruppo di Renew si sta assottigliando per defezioni varie nell’area liberale, quindi anche la maggioranza di Ursula von der Leyen comincia ad essere meno solida. Avendo iniziato male, la legislatura non può che continuare peggio, nel segno della vecchia Commissione e di un format di maggioranza che è contro la Storia.
Si è capito lontano un miglio che l’obiettivo è quello di far perdere la calma all’Italia, non si spiega altrimenti la balzana idea di chiedere la ratifica del Mes adesso e la stupefacente trovata di far balenare la candidatura di Enrico Letta in un posto di rilievo sul ponte di comando dell’Unione. I tempi in politica sono tutto e l’orologio di Popolari e Socialisti è guasto. Pretendere di far votare il Mes all’Italia in questo momento significa non aver compreso che cosa è accaduto, pensare addirittura di portare al governo di Bruxelles l’ex segretario del Partito Democratico, sconfitto da Giorgia Meloni nelle elezioni del 2022 è come mettere le dita negli occhi di un drago, il quale ovviamente come ti vede ti incenerisce. Questi due episodi però sono indicativi di un certo modo di pensare e di agire, è l’arroganza di chi se ne infischia della volontà popolare e usa una parola- populismo- come coperchio per nascondere la brodaglia rancida che prepara anche stavolta per i cittadini europei. Bene ha fatto la Lega di Matteo Salvi ni a dire che il Mes non lo voterà mai, azzeccata è l’immagine usata da Giancarlo Giorgetti («è come mettere il sale nella ferita») per dipingere la situazione.
Pensare di costruire un rapporto di fiducia tra i cittadini e l’Europa sulla base di richieste che suonano come un crash di piatti rotti è il modo più veloce per continuare ad alimentare la sfiducia nelle istituzioni europee. A Bruxelles, se hanno a cuore le sorti del Vecchio Continente, facciano un passo indietro e uno avanti: hanno bisogno di Meloni più di quanto lei abbia bisogno di loro. L’era del dominio di Parigi e Berlino è finita.