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Macron premia Scurati per colpire la Meloni

Francesco Specchia
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L’oscuro Antonio Scurati per un giorno s’è lievemente illuminato. L’outfit da cerimonia prevede la giacca nera, su cravatta nera, su camicia nera (roba da far venire un colpo apoplettico a Luca Bottura che aveva evocato, con furia daltonica, la «nazistificazione» degli atleti della Nazionale citando maglie nere che in realtà erano blu di Prussia...). E lo sguardo è quello di tenebra, odi chi è sempre in ritardo con le cartelle esattoriali.

Quando Antonio Scurati riceve l’onorificenza di Cavaliere delle Arti e delle Lettere con «emozione e fierezza» a Parigi, dal governo di Macron; bè, in quel preciso istante, vi è, in lui, solo l’abbozzo d’un sorriso. È l’unica lama di luce nel buio del futuro fascistissimo che ovviamente sta avvolgendo l’Europa. Scurati, infatti, citando il solito “M” il libro su Mussolini che ha fatto la sua fortuna, ringrazia e puntualizza: «Le differenze rispetto a cento anni fa sono molte e profonde. Eppure oggi si è levato nuovamente quello stesso vento reazionario che soffia sulla paura del popolo, sulle sue passioni tristi, sul risentimento nei confronti del sistema, sul rancore, sul senso di delusione e di tradimento dei ceti medi impoveriti, sui cittadini spaventati da mutamenti epocali, schiacciati dalla inestricabile complessità di un mondo grande e terribile, angosciati da guerre, catastrofi naturali, pandemie, traditi dalle mancate promesse della storia» commenta l’oscuro «quel vento malsano non si limita a seminare paura, opera una sorta di commutazione alchemica fra la paura e l’odio». Paura e odio. Oggidì fanno tendenza. Ma questa non è, diciamo, la notizia.

 

 

No. La notizia è che la ministra della Cultura francese Rachida Dati, Scurati lo accoglie accorata. «Ricordando gli abissi in cui l’Europa è precipitata in passato, lei ci invita a tenere gli occhi sempre aperti sui rischi che corrono le nostre società democratiche» sostiene lei, accennando poi alla famosa «censura« -che poi censura non è- sul testo scuratiano in Rai. Lo schema è temibilmente simile a quello del caso Cesare Battisti, il terrorista-romanziere trattato dai governi di Francia come Gramsci e Simenon: compagni, se lo Stato italiano autoritario –in questo caso un po’ fascista- vi relega all’oblio, ecco che la Francia corre in vostro aiuto. Fiisce sempre così. Un riflesso pavloviano contro i cugini mangiaspaghetti che hanno sempre torto anche quando hanno ragione, come si diceva di Raymond Aròn. La Francia con i suoi ambiti premi per indomiti intellò rappresenta per la nostra sinistra sia la terrazza di Bernstein e la terrazza di Scola, messe insieme.

Sicché, risutano essenzialmente due le interpretazioni che possono sortire dal fascismo immaginario di Scurati, roba che prima si fa carne, e poi afflato di protesta, infine forma d’arte e, come tale, ineludibilmente premiata dai francesi (pur se annunciata da tempo).

La prima interpretazione attiene allo storica affezione intellettuale che la nostra gauche nutre nei confronti delle loro gauche. Per dire. Prima che a Scurati il Chevalier de l'Ordre des Arts et des Lettres - un’onorificenza che va alle «persone che si sono distinte per il contributo apportato alla diffusione delle arti e delle lettere in Francia e nel mondo» è andato ad altre tre italiane: Monica Bellucci, Giovanna Mezzogiorno e Carla Bruni. Se poi parliamo dell’altro tributo pregiato, la Legion d’Onore, be’, qui svettano, Romano Prodi, Dario Franceschini, Massimo D’Alema, Giovanna Melandri, Giuliano Pisapia, Piero Fassino, Emma Bonino, Corrado Augias (il quale, però, come altri, ha restituito la medaglia quando Macron fece comunella con l’egiziano Al Sisi). I motivi del tributo sono svariati, l’appartenenza politica quasi sempre monolitica. Tra l’altro, se, al di là dell’approccio martirologico (il paragone di Scurati con Matteotti e i martiri delle Fosse Ardeatina fatto in questi mesi è un tantino eccessivo), bisognerebbe rileggersi, sulle stravaganze storiche di “M” le svariate stroncature, da Ernesto Galli della Loggia sull’incapacità dell’autore «di orientarsi nella storia culturale italiana della prima metà del Novecento» a quelle delle rivista Pangea sulla di lui mancanza di «alcuni punti riferimento essenziali». Vabbè, sic transeat.

 

 

L’altra interpretazione sull’onorificenza è quella politica. Massacrato alle elezioni e costretto a sciogliere il Parlamento, stizzito e isolato nei suoi sgarbi istituzionali e antimeloniani al G7 pugliese, pressato dall’avanzata in patria di Le Pen e Bardella, fallita la chance di entrare nella Storia, Emmanuel Macron ha una botta d’adrenalina ogni volta che si tratta di schiaffeggiare l’Italia.

Specie se l’Italia è governata da un partito che minaccia di allearsi con Rassemblement National, il nemico estremo.

Non è la prima volta che il governo francese non teme figure cacine nel metter in cattiva luce i cugini. Prima la ministra per gli Affari Europei Laurence Boone che assicurava di vigilare sull’Italia probabile «violatrice di diritti civili»; poi il primo ministro Gabriel Attal che chiamava Salvini “vomitevole”; e ancora il ministro degli Interni Gérald Darmanin che ci criticava sui flussi dei migranti che la sua stessa polizia menava alla frontiera. Tutto nell’asse Francia- Italia arabescato da Macron rotola verso uno sciovinismo e ultragollismo imbarazzanti. Oggi l’ennesimo esprit anti Italia di le President finisce in una medaglia sul petto dell’oscuro Scurati.
Allons enfants... 

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