Cercare un accordo con i Verdi oppure con i conservatori, la famiglia europea di Giorgia Meloni? Puntare la barra dell’Unione ancora più a sinistra o deviare a destra, seguendo le indicazioni uscite dalle urne? È questo il bivio politico di Ursula von der Leyen e del suo Ppe, prima forza dell’europarlamento. Numeri alla mano, ambedue le soluzioni potrebbero funzionare. Sotto l’aspetto politico, però, c’è l’abisso di mezzo.
Assieme a Renew Europe, la famiglia di Emmanuel Macron, i Verdi sono i grandi sconfitti del voto: nella nuova assemblea saranno il sesto gruppo e avranno circa 54 eletti (i conteggi sono ancora in corso), 18 in meno rispetto alla legislatura appena conclusa, anche se il numero complessivo dei seggiè aumentato (ora sono 720, quindici di più). I conservatori di Ecr, invece, si sono rafforzati: il loro gruppo è il quarto più consistente e conta adesso 77 eletti, 8 in più rispetto alla passata legislatura. Ieri hanno imbarcato nuove sigle e dentro Fdi sono convinti che altre ne arriveranno nelle prossime settimane. È possibile, quindi, che riescano a superare Renew Europe, coi suoi 79 eurodeputati. Se ci riuscissero, il problema del Ppe s’ingrosserebbe: si può tenere la terza forza politica europea fuori dalla coalizione che guida la Ue?
Von der Leyen, nonostante il buon rapporto costruito con Meloni nell’ultimo anno e mezzo, non esclude alcuna ipotesi: la cosa cui tiene è avere i numeri per restare alla guida della commissione. Intanto si è riavvicinata ad Emmanuel Macron: il capo di Stato francese era contrario alla conferma della tedesca, ma ora ha altri problemi da risolvere in casa propria e ieri, in un colloquio a Parigi prima del G7 italiano, ha rinsaldato l’asse con lei.
Il risultato è che, in un incontro a porte chiuse con gli esponenti del Ppe, la presidente uscente ha annunciato che intende ripartire dalla vecchia formula, quella dell’alleanza che porta il suo nome, composta da popolari, socialisti (la famiglia del Pd) e Renew Europe (dove non c’è nessun partito italiano, visto il suicidio di Renzi, Calenda e Bonino). «Iniziamo il lavoro guardando alla maggioranza che avevamo. Non è sempre stata facile, ma ha funzionato», ha detto von der Leyen ai compagni di partito.
Un «inizio», appunto. Perché è chiaro anche a lei che non si potrà fermare lì. I tre partiti della vecchia “maggioranza Ursula” contano circa 400 voti. Per avere la fiducia dell’europarlamento la commissione dovrà ottenerne almeno 361, e siccome lo scrutinio è segreto e i franchi tiratori sono sempre molti, la base di partenza non dà sicurezza. Servono altri voti.
I Verdi si sono offerti ieri: «Non facevamo parte della maggioranza von der Leyen, ora siamo pronti a entrare perché vediamo il pericolo che la maggioranza possa spostarsi a destra». A una condizione, però: «Solo se saremo parte della coalizione». Ovvero se potranno condizionare la linea della prossima legislatura europea, con nuovi Green Deal e programmi di decarbonizzazione. Li spinge la paura che il modello italiano, l’alleanza tra la destra moderata del Ppe e quella identitaria dei conservatori e sovranisti, possa attecchire a Bruxelles passando per Parigi.
La paura è tanta anche nel Pd. Il capogruppo dei senatori dem, Francesco Boccia, avverte che «una maggioranza modello Italia distruggerebbe l’Europa. Noi non ci staremmo». Per il suo compagno di partito Andrea Orlando, von der Leyen si è già «profondamente squalificata» avvicinandosi a Meloni, al punto da non poter più guidare la commissione Ue.
Intanto il Pd ha messo gli occhi sul secondo “top job”, quello di presidente del consiglio dell’Unione, l’organismo che raggruppa i capi di Stato e di governo dei Ventisette. Dovrebbe andare ai socialisti, seconda forza del parlamento europeo.
L’ex premier portoghese Antonio Costa, sinora in pole position per il ruolo, ha qualche problemino con la giustizia, e così il Pd ne sta approfittando per spingere la candidatura di Enrico Letta.
I conservatori confidano che le scelte siano fatte dopo le elezioni francesi, quando il parlamento di Parigi potrebbe avere una maggioranza di destra, guidata dal Rassemblement National di Jordan Bardella e Marine Le Pen. Anche se i numeri dell’eurocamera sembrano impedirlo (Ppe, Ecr e i sovranisti di Id oggi si fermano a 324 voti), l’idea è quella di esportare a Bruxelles il modello italiano. «Ci aspettiamo di essere una parte importante della nuova maggioranza di centrodestra nel prossimo parlamento europeo», dice il co-presidente di Ecr, l’eurodeputato di Fdi Nicola Procaccini. Un messaggio al Ppe, dove molti non intendono accettare un’alleanza con i Verdi.
Il bilancio delle devastanti inondazioni causate dalla tempesta che ha colpito il Texas centrale sale ad almeno 51 morti. Ventisette i dispersi.Il dato ufficiale fornito dalle autorità parla ancora di 43 vittime ed è probabile aumenti nella zona più colpita della contea di Kerr. Sempre le autorità sabato in una conferenza stampa hanno dichiarato che 15 delle vittime erano bambini. Il governatore Greg Abbott ha promesso che le squadre avrebbero lavorato 24 ore su 24 per soccorrere e recuperare le vittime. Ancora da ufficializzare il numero delle persone disperse, a parte 27 bambine che si trovavano in un campo estivo femminile.