Papa Francesco
Come nacque e come morì l’amore della sinistra per Bergoglio. Si potrebbe intitolare così un pamphlet che ripercorresse tutti i giudizi dati sul pontificato di Papa Francesco dai giornaloni e dagli esponenti di punta del progressismo italiano dal momento del suo insediamento (nel marzo 2013) ad oggi. Che fosse un amore interessato, e quindi ipocrita, molti di noi lo avevano intuito. Ma che, in così poco tempo, si potesse passare dagli entusiasmi incontenibili al ripudio generalizzato si stenta non poco a crederlo.
Eppure, bastava leggere i giornali o ascoltare i commenti di ieri alle frasi colorite pronunciate dal Pontefice in una riunione coi vescovi per rendersi conto della repentina svolta.
Per i “compagni” la realtà è bianca o nera, senza mediazioni. Ed anche la Chiesa, con la sua bimillenaria storia e con la sua dottrina, non dovrebbe far altro che schierarsi dalla autoproclamatasi “parte giusta”. In verità, il Papa, in tutti questi anni, ha continuato ad esser sé stesso, a infischiarsene delle letture politiche del suo messaggio, a portare la sua particolare sensibilità e le sue idee nel consesso ecclesiastico. Sensibilità ed idee che erano indubbiamente una novità e che esigevano di essere prima studiate e capite e solo poi, eventualmente, criticate.
IL DIALOGO - Ma chi ha la forza di fare questo oggi a sinistra? Quale intellettuale è consapevole del suo ruolo, che non è certo quello di prostituire le idee ad una ideologia? Ad aprire le danze fu, se ricordate, Eugenio Scalfari, il padre del laicismo italiano, che di colpo si improvvisò teologo ed iniziò un dialogo con Bergoglio sui massimi sistemi facendone un campione del progressismo secolarizzato che faceva del Dio cristiano una evanescente entità che governerebbe da molto lontano le cose del mondo. Non sembrava vero a quei giornali che avevano dipinto Benedetto XVI come il campione della reazione avere a che fare ora con un Papa che, a loro dire, era pronto a fare della Chiesa un’agenzia di soccorso delle minoranze accreditate.
Tutto il tragico del messaggio cristiano si perdeva, ma vuoi mettere avere un discendente di Pietro che lotta con noi e per noi? All’appello del Papa laico, come veniva chiamato Scalfari, risposero in tanti, anzi tutti: da Fabio Fazio, che lo invitò nel suo salottino tv (che è il certificatore di ultima istanza della “presentabilità” di sinistra), a Roberto Benigni (che col tempo ha perduto il giovanile guizzo anarchico per diventare un comico prevedibile). E che dire di Luca Casarini, che quasi ne fece un attivista delle Ong, dimenticando che per un Pontefice quello del soccorso ai debol non è un business ma un dovere evangelico? Capire Francesco avrebbe significato capire che egli non è affatto un paracomunista, non almeno nel senso di Marx, ma tutt’altra cosa. Lo si potrebbe definire un populista, nel più genuino significato del temine, cioè nel senso in cui è in uso in certa teologia e politica del Sud America, “la fine del mondo” da cui egli proviene.
Il populista è, in questa accezione, colui che è vicino al sentimento del popolo, che usa un linguaggio schietto e colorito. Ragionare in modo semplice significa ragionare col cuore, senza intellettualismi e sofismi, cioè vedere la realtà nella sua più pura essenza, nel suo nocciolo vitale. Quanto alla schiettezza, essa non può tollerare quella correttezza verbale che è indice di ipocrisia e che vorrebbe controllare i nostri pensieri, riconducendoli ad una sorta di «pensiero unico».
LINGUAGGIO CHIARO - Siamo sicuri che i gay più accorti non si sentano minimamente offesi dall’essere chiamati “froci”, come è d’uso nel popolo semplice, che li accetta naturalmente senza troppi perché. E che anzi si sentano offesi ad essere spinti in un ghetto, ridotti da soggetti a oggetti di una protezione particolare, rinchiusi in un’asettica campana di vetro che finge di nascondere i conflitti e i tormenti della loro e di tutte le vite.
C’è poi tutto il capitolo della difesa della vita, dall’aborto all’eutanasia. Anche qui il Papa ha ribadito i fondamenti della dottrina, non andando troppo lontano dalla teoria dei «valori non disponibili» di ratzingeriana memoria. Ma davvero pensavate che potesse fare altrimenti? E anche la «sensibilità ecologica» del Papa non può certo essere ascritta a quella catastrofista e politicizzata di una Greta Thunberg. Essa si iscrive piuttosto nell’orizzonte francescano, ove il rispetto e la lode della natura coincide con quella del suo Creatore. Insomma, il mito del Papa “de noantri” era destinato a sfaldarsi a sinistra dalle cose stesse. Ora, ai nostri non resta che cominciare quel sottile lavoro di delegittimazione e discredito che fa di Bergoglio uno che «non è più controllabile», che «va arginato», che «si spinge oltre». Abbiamo letto e sentito anche questo in queste ore. Insomma, sotto sotto, a sinistra si lascia sottintendere che tutto si spiegherebbe con l’età e una mente non più all’altezza. È anche questa una vecchia tattica, ma dubitiamo che oggi possa funzionare. Per fortuna i vecchi tempi del comunismo realizzato son passati da un pezzo. Almeno dalle nostre parti.