Sarà l’aria di maggio, che eccita certi sentimenti. Un anno fa, al Salone del libro di Torino, il bavaglio delle trans -femministe, o come si fanno chiamare, impedì al ministro per la Famiglia e la Natalità di presentare il proprio libro (argomento assai poco reazionario: i rapporti tra la sua famiglia e Marco Pannella). Ieri mattina, a Roma, scena simile. Stavolta ad opera di un gruppo di studenti, o studentess*, o come si fanno chiamare.
Auditorium della Conciliazione, Stati generali della Natalità, organizzati dalla Fondazione per la Natalità di Gigi de Palo. Solo le 8.45 e sul palco salgono Eugenia Roccella, il presidente del Forum delle famiglie Adriano Bordignon e Jessica, una giovane incinta di otto mesi. Non riescono nemmeno ad iniziare a parlare. Dalla platea una ventina di giovani mostra una scritta, fa partire fischi e grida: «Ma quale Stato, quale Dio, sul mio corpo decido io».
Roccella (una che è cresciuta nelle battaglie dei radicali e litigando con Pannella) non si scompone. Si alza dalla sedia e con un sorriso quasi materno prova ad avviare un dialogo: «Ragazzi, siamo d’accordo. Nessuno ha detto che qualcun altro decide sul corpo delle donne. È per questo che siamo qui: perché le donne oggi non decidono sino in fondo, se vogliono avere figli». Ma niente, quelli proseguono.
De Palo li invita allora a far salire uno dei loro sul palco. Si presenta una studentessa con l’anello al naso e l’eloquio prestampato, che pare uscita da Un sacco bello di Carlo Verdone (quella che dà del «fascio» a Mario Brega, per capirsi). De Palo vorrebbe che discutesse con gli altri, ma la sventurata si rifiuta e inizia leggere (male) un comunicato sul cellulare.
Cose tipo: «La reale motivazione celata dietro la triade Dio, Patria e Famiglia consiste nella produzione di un nuovo capitale umano per l’alimentazione del sistema capitalistico», «il modello della famiglia eteronormata e cispatriarcale a noi non ci sta bene», «c’è un genocidio in corso e ci dicono di fare figli».
Finita la performance situazionista, la ragazza scende dal palco, ma la contestazione prosegue. Roccella se ne va, per dar modo di parlare almeno a Jessica e Bordignon, ma i fischi del gruppo coprono pure le loro voci. «È la dimostrazione che non si è trattato soltanto di una censura verso di me o versoil governo, ma di una profonda ostilità verso chi decide di mettere al mondo un figlio, esercitando la propria libertà e senza nulla togliere alla libertà altrui», commenta Roccella.
Che lancia la sfida: «Sono certa che la segretaria del Pd Elly Schlein, tutta la sinistra, gli intellettuali (Antonio Scurati, Roberto Saviano, Nicola Lagioia, Chiara Valerio, eccetera), la “grande stampa” e la “stampa militante” che abbiamo visto mobilitata in altre sedi, avranno parole inequivocabili di solidarietà nei miei confronti dopo l’atto di censura che mi ha impedito di parlare».
Si unisce Giorgia Meloni. Esprime solidarietà al ministro, denuncia i «contestatori che si riempiono la bocca delle parole libertà, rispetto e autodeterminazione delle donne, ma poi amano la censura e impediscono ad una donna di parlare» e chiede «che tutte le forze politiche abbiano il coraggio di esprimere solidarietà e di condannare, senza se e senza ma. È ora di dire basta».
LA LEZIONE DEL QUIRINALE
Nessuno dei personaggi chiamati in causa da Roccella, ovviamente, spende mezza parola per difenderla. Interviene pubblicamente Sergio Mattarella, però. Un anno fa aspettò che passasse una settimana, stavolta ritiene necessario farlo subito. Così in tarda mattinata dal Quirinale fanno sapere che il presidente della repubblica ha telefonato a Roccella per solidarizzare con lei e dirle che «voler mettere a tacere chi la pensa diversamente contrasta con le basi della civiltà e con la nostra Costituzione».
Parole nette, che potrebbero spingere la sinistra e i Cinque Stelle a prendere le distanze dai peggiori. Anche il presidente della comunità ebraica di Roma, Victor Fadlun, interviene per dire «No alla censura e no all’antisemitismo». Mala senatrice del Pd Simona Malpezzi è una delle poche che definisce «inaccettabile» quanto fatto a Roccella. Gli altri tacciono, come Schlein, che evita l’argomento, però sposa le ragioni di chi agita il bavaglio: «Al governo c’è una leadership femminile ma non femminista, che fa entrare nei consultori le associazioni antiabortiste per fare pressioni violente sulle donne». O fanno distinguo come Laura Boldrini, che si dissocia «dalle modalità» (cioè: non dalle persone) «che non hanno permesso alla ministra Roccella di fare il suo intervento», ma aggiunge che «il governo deve mettere in conto di essere contestato e accettarlo senza gridare alla censura». Oppure si dichiarano sic et simpliciter «dalla parte delle studentesse», come il verde Angelo Bonelli.
A loro Roccella risponde in serata dalla trasmissione di Bruno Vespa: «Certo che quei giovani hanno attuato una forma di censura. La contestazione è un’altra cosa, è argomentata. Ma impedire a qualcuno di parlare, come ha detto il presidente Mattarella, mettere atacere qualcuno, contrasta con i diritti fondamentali e con la Costituzione». Visto quanto accaduto, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha cancellato la partecipazione all’evento di De Palo, e darà forfait anche quello dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, che avrebbe dovuto inviare un videomessaggio.