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Senaldi: se l'antisemitismo è solo un problema di stress

di Pietro Senaldi martedì 30 aprile 2024

3' di lettura

«Sono il più antisionista che potrai mai conoscere nella tua vita. Costruirò con le mie mani un impero per distruggere Israele e vorrei essere a Gaza per combattere e morire con Hamas». Moustafà Kawanda, cittadino italiano di origini egiziane di 29 anni, era stato arrestato due settimane fa per queste frasi, con l’accusa di propaganda e associazione a delinquere finalizzate all’istigazione all’odio razziale e religioso e aggravate dall’apologia della Shoah.

Il giovane confessava i propri propositi in chat e faceva proseliti sulla rete inneggiando ai «partigiani palestinesi» e dicendosi pronto a «partire per sterminare i sionisti». Il tribunale lo aveva messo ai domiciliari spiegando che «l’indagato è fortemente ideologizzato ed è probabile che anche in futuro cercherà di prolungare la propria opera di proselitismo anti-Israele», e già gli era venuto incontro, edulcorando la richiesta della procura, che avrebbe voluto invece il carcere.

LA CONVERSIONE - Evidentemente nelle ultime due settimane Moustafà deve aver avuto una conversione che ha fatto di lui un altro uomo. Oppure è cambiato l’angolo prospettivo di chi lo giudica. Ieri infatti, lo stesso ufficio che lo aveva messo ai domiciliari, lo ha liberato, con la motivazione che, messo alle strette durante l’interrogatorio, il giovane «ha negato di voler andare a Gaza a combattere e si è dimostrato dispiaciuto e disponibile a riconsiderare le proprie affermazioni».

Sarebbe interessante sapere chi non avrebbe fatto altrettanto, bastando così poco per far decadere gli arresti. Tutto è quasi perdonato insomma; anzi, peggio, giustificato, perché i propositi criminali di Kawanda, scrive il giudice erano essenzialmente «dovuti al particolare stato di ansia e tensione nei quali egli si trovava nei giorni successivi al 7 ottobre». In sintesi: Hamas compie uno sterminio di milleduecento ebrei e l’indagato si agita al punto da volerli massacrare tutti, ma per il tribunale, anziché un’aggravante, la cosa diventa un’attenuante.
L’impressione è che, a caldo, non si sia potuto che procedere con le manette, ma passati i primi giorni, si stia apparecchiando tutto perché la vicenda finisca a tarallucci e vino. Il ragazzo «sta frequentando un corso di formazione professionale» spiega il giudice per le indagini preliminari, sicché da ieri basta che rientri alle 21 e non esca di casa prima delle 7, in modo che il nuovo provvedimento cautelare «sia conciliabile con le sue esigenze» e il suo impegno lavorativo possa redimerlo, cosa che non è riuscita a fare fino all’arresto. Non siamo raffinati giuristi, ma la pronuncia lascia il sapore di una mezza giustificazione dell’antisemitismo; del tipo, se sei agitato, non è poi così grave esternare il tuo odio verso gli ebrei e le tue intenzioni di annientare Israele, cercando per di più di fare squadra con chi la pensa come te.

DEBOLEZZE E PARADOSSI - Quando è il momento di alzare la guardia, la abbassiamo; questa è la condanna dell’Occidente. L’islam terrorista lo sa benissimo e ci gioca; basti pensare al recente comunicato dell’Iran, lo Stato che non più tardi di tre settimane fa ha attaccato Israele lanciandogli contro duecento tra missili e droni. Ebbene ieri, Teheran, da due anni luogo di una violenta repressione dei giovani e delle donne in particolare, che protestano per avere libertà e più diritti, se ne è uscito con un paradossale comunicato nel quale condanna gli Stati Uniti per aver arrestato gli studenti universitari che inneggiano ad Hamas e all’odio verso Israele. «Il governo americano ignora i propri obblighi in materia di diritti umani e non rispetta i principi democratici che professa» scrivono gli ayatollah, il cui regime, quanto a diritti umani, è 154esimo su 167 nazioni esaminate. Una dittatura che si è meritata la condanna di Amnesty International, organizzazione tutt’altro che destrorsa e filo-israeliana, che ha denunciato l’Iran per «l’uso illegale della forza, accompagnato da arresti di massa e migliaia di persone sottoposte a detenzioni arbitrarie e processi ingiusti solo per aver manifestato le proprie idee».

Libero ha già espresso le proprie riserve su più d’una delle affermazioni fatte dal generale Roberto Vannacci. Ma a leggere alcune decisioni giudiziarie, come le proteste di Teheran per la scarsa democrazia dell’Occidente, viene il sospetto che il mondo vada davvero all’incontrario del buonsenso comune e che la manipolazione della realtà sia un filo rosso che lega i finti pacifisti nostrani con i regimi del terrore. Mentre talvolta chi dovrebbe vigilare, politicamente o giudiziariamente, non capisce quel che sta avvenendo o chiude gli occhi.

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