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Caterina Maniaci: città, oro, statue e galeoni. Un patrimonio sott'acqua

di Caterina Maniaci sabato 6 aprile 2024

4' di lettura

Montagne d’oro, scrigni e forzieri colmi di gioielli e pietre preziose, resti di antichissime città inghiottite dai flutti e statue di rara bellezza e considerate a lungo perdute, artisti che vogliono che le loro opere d’arte vengano depositate sui fondali... e tutto questo sprofondato in relitti carichi di secoli e misteri, intorno ai quali si scatenano vere e proprie battaglie e conflitti, senza esclusione di colpi. I fondali di oceani e mari, ad ogni latitudine, nascondono tesori di incalcolabile valore, a cui da millenni è aperta una caccia senza tregua. E non si tratta solo di trame elaborate dalla fervida fantasia di scrittori e di registi. Un via vai frenetico che agita le acque di ogni continente.

Da diversi mesi è in atto una corsa all’oro internazionale per accaparrarsi il tesoro contenuto in un galeone spagnolo, il San Josè che naufragò nel 1708 con a bordo un tesoro in oro e pietre preziose dall’attuale valore di circa 18 miliardi di euro. Il problema non è tanto il recupero, cosa che parecchie nazioni sono disposte a fare anche subito, nonostante i costi stellari che comporterebbe l’operazione di recupero, quanto piuttosto stabilire a chi appartiene la nave e il suo prezioso bottino. In prima linea la Colombia, che però è impegnata in un braccio di ferro con la società americana Glocca Morra, ma ci sono anche la Bolivia e la Spagna ad avanzare pretese. Un recente video registrato sul sito del relitto mostra, tra i fondali melmosi, stoviglie di porcellana, ceramiche tra cui un servizio di da tavola cinese ancora intatto, bottiglie di vetro, monete e lingotti d’oro.

Questo ultimo “caso”, in ordine cronologico e per clamore mediatico, illustra efficacemente che per i cacciatori di reperti , archeologi, studiosi, le possibilità di scoperte sottomarine strabilianti, con tutte le avventurose conseguenze che comportano, sono sempre altissime, inesauribili.

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CINEMA E LETTERATURA

Cinema e letteratura a parte, la caccia al tesoro è una pratica molto diffusa e redditizia. Secondo una stima dell’Unesco sarebbero circa 3 milioni i relitti di navi nei mari del mondo, molte affondante con i loro «patrimoni». Per difendere questi gioielli d’arte e di archeologia dai numerosi predatori sempre a caccia è stata varata nel 2001 la convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, firmata da 64 nazioni.

SOTTO LA SABBIA

Relitti e tesori che riemergono, miracolosamente, da un remotissimo passato. Chissà quanto forte sarà stata l’emozione del giovane sub Stefano Mariottini, che in quel caldissimo giorno di agosto del 1972 nei pressi della costa di Riace Marina, a otto metri di profondità, vede emergere dal fondale un braccio di bronzo e a poco a riaffiorare i corpi perfetti di due giovani guerrieri, ormai universalmente noti e ammirati come i bronzi di Riace...

Del resto, soprattutto in Italia, sono molti i parchi archeologici subacquei: vedere al tramonto il mare color dell’oro e delle rose da cui, come in una visione senza tempo, i profili di statue, anfore, passeggiando lungo le coste del golfo di Baratti, a pochi passi da Piombino, sul litorale toscano che da Livorno prosegue verso Grosseto. La lista è lunga, per fortuna, con il nostro territorio bagnato per tre quarti dal mare; dal meraviglioso parco archeologico di Bacoli, in Campania, a Olbia il museo archeologico in cui è possibile fare un viaggio attraverso una collezione più unica che rara di navi dalle epoche fenicia, greca, punica, romana, medioevale, fino ai tempi moderni e contemporanei.

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OLTRE IL TITANIC

Relitti più recenti, che danno vita a miti ancora contemporanei, che attirano costantemente curiosi, studiosi, cacciatori di beni perduti, come i resti del Titanic, il più grande transatlantico mai costruito prima, affondato nelle prime ore del mattino del 15 aprile 1912, nell’Atlantico settentrionale, dopo essersi schiantato contro un iceberg. Delle oltre duemila persone che ci sono a bordo ne sopravvivono solo poco più di settecento.

Artisti che decidono di lasciare le loro opere proprio in fondo al mare. Magari anche per una nobile causa, per esempio per contrastare l’illegale pesca a strascico. Le opere di Emily Young, secondo molti la più grande scultrice britannica vivente, sono conservate in collezioni di tutto il mondo, e adesso ha deciso di “esporre” anche sul fondo del mare.

La scultura di 18 tonnellate, The Weeping Guardian (Il guardiano che piange), insieme ad altri due enormi volti (The Gentle Guardian [Il guardiano gentile] e The Young Guardian [Il guardiano giovane), sono stati deposti sul fondale marino al largo della costa toscana presso Talamone (costa toscana) nel 2015. Lì sotto i massicci guardiani di pietra tentano di proteggere la vita marina dalle reti dei pescherecci che pescano illegalmente di notte, per continuare a vigilare lungo i secoli, trasformandosi in nuovi, ricercati tesori.

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