Cerca
Logo
Cerca
+

Sandro Iacometti, Landini smascherato da Sbarra: "Cgil? Solo scioperi compulsivi"

Sandro Iacometti
  • a
  • a
  • a

Colpo di fulmine o colpo di sole? È su questi due modi di dire apparentemente innocui, scagliati con forza uno contro l’altro, senza ironia né leggerezza, che si consuma l’inedita quanto clamorosa frattura dell’unità sindacale della Triplice. Ad accendere la miccia, manco a dirlo, è Maurizio Landini, che da mesi trasuda insofferenza e nervosismo per quel suo collega della Cisl che, a differenza della Uil, si ostina a non appoggiare l’ossessione antigovernativa e le crociate anti-meloniane del sindacato rosso. 

«Un anno e mezzo fa abbiamo presentato una piattaforma unitaria di Cgil, Cisl e Uil sulla sicurezza. Non abbiamo avuto alcuna risposta e i morti continuano ad aumentare. È il momento di sostenere la mobilitazione. Se poi qualcuno si è preso un colpo di fulmine per il governo mi dispiace molto per lui», dice l’ex leader della Fiom a margine dell’assemblea a Firenze dei delegati e dei rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori di Cgil e Uil. Colpo bassissimo, quello di Landini, che sceglie di lanciare il suo affondo proprio mentre si discute di uno dei temi più sensibili e delicati per il mondo del lavoro, e non solo.

COLPO DI SOLE
La risposta di Luigi Sbarra non tarda ad arrivare. «L'unico colpo di fulmine di cui la Cisl si vanta, e dal 1950, è quello che l'ha fatta innamorare della sua autonomia, della libertà, del riformismo e della lontananza dall'ideologia. È il segretario della Cgil che forse è vittima di un colpo di sole, date le temperature in aumento», replica il segretario della Cisl, che, vista la gravità dell’accusa, va ben oltre la contro-battuta. «A Landini vorrei dire che ci vuole serietà e soprattutto rispetto per una grande organizzazione come la Cisl. Una comunità di milioni di persone che non accetta egemonie da parte di nessuno, che non ha governi amici né nemici, che sa ragionare con la propria testa. Sappiamo farlo soprattutto su un tema drammatico come quello delle morti sul lavoro: una piaga che interroga anche la responsabilità delle parti sociali e richiede non fiammate demagogiche, scioperi compulsivi contro i governi non graditi, ma un impegno costante, coerente, continuo».

Poche parole con cui Sbarra manda in frantumi il bluff di Landini, salito ieri in cattedra dopo aver passato l’ultimo anno ad occuparsi di tutto, dalla Costituzione ai femminicidi, dagli immigrati fino a Gaza, tranne che di temi strettamente legati al lavoro, se non per denunciare l’inarrestabile avanzata del precariato che esiste solo nella sua testa e nei suoi numeri tarocchi snocciolati ormai ad ogni dichiarazione. Anche ieri il segretario della Cgil ha ribadito (minacciando pure un referendum abrogativo) che nel 2023 l’85% dei contratti attivati è stato a termine, senza spiegare come sia possibile che su 500mila posti di lavoro in più registrati lo scorso anno, come ha certificato l’Inps, 400mila siano a tempo indeterminato, così come lo sono 1,1 milioni di contratti sugli 1,5 milioni guadagnati dal 2019 ad oggi.

Misteri sindacali. O forse, come dice Sbarra, «fiammate demagogiche». Le stesse che nell’ultimo anno lo hanno spinto a lanciare scioperi preventivi contro la manovra, a definire una inutile pagliacciata qualsiasi incontro con l’esecutivo (e ce ne sono stati una miriade) e a trovare qualsiasi pretesto per andare contro il governo, sotto gli sguardi adoranti di Schlein e Conte. Un copione che andrà in scena anche l’11 aprile, quando è prevista l’ennesima iniziativa di piazza per l’ennesima protesta minestrone che mette insieme sicurezza sul lavoro, sanità e fisco. Filo conduttore: «Dare un segnale al governo che il mondo del lavoro si è rotto le scatole». Beh, la notizia, forse la migliore arrivata dal sindacato negli ultimi mesi, è che c’è anche una parte non trascurabile del mondo del lavoro che si è stufata di Landini. «Le affermazioni del segretario Cgil», spiega Sbarra, «ci danno ulteriore prova di un’impostazione che non fa bene al pluralismo e alla democrazia. Il Novecento è finito da un pezzo. È tempo che qualcuno se ne renda conto».

Ma se questo è il risultato forse è un bene che Landini continui a non rendersene conto. Per spaccare la Triplice, intrecciata in tutto il Paese su centinaia di contratti e centinaia di vertenze, ci vuole ben altro. Ma una crepa vistosa come quella di ieri può aiutare a far capire che oltre a quello accecato dal furore ideologico, c’è pure un altro sindacato, pragmatico e realista. E non si tratta solo della Cisl, ma anche di quelle sigle autonome che il «pluralismo» di Landini ha finora relegato al ruolo di cinici e spregiudicati “pirati”.

Dai blog