La “città trenta”, ma magari. Nel senso che qui (a Milano, a Roma, a Torino) i trenta chilometri all’ora che tanto piacciono al sindaco dem di Bologna, Matteo Lepore, sono un miraggio. Vai, se vai, nelle ore di punta, in mezzo al traffico, col piede sulla frizione e il semaforo rosso, a molto meno. Cioè a diciassette chilometri orari nella Madonnina, a diciannove sul lungo Tevere, a venti tondi tondi sotto la Mole antonelliana. E non ne scappi. Che tu sei lì, chiuso in macchina, appena uscito dall’ufficio, magari sei pure di fretta perché devi ritirare i bimbi al nido o hai la spesa da fare, senza nessuna limitazione restrittiva nata sotto la stella delle mille polemiche, epperò non c’è verso. Sei e resti imbottigliato.
NEW DELHI FA MEGLIO
La fotografia l’ha scattata, come ogni anno, l’indice del traffico di TomTom: che è sì uno dei principali sistemi di navigazione gps per automobili, ma è anche un servizio di informazioni in tempo reale sulla circolazione. E no, complessivamente, non ne usciamo bene. Le tre grandi metropoli riescono a far peggio della capitale della Colombia (Bogotà); le prime dieci città italiane in classifica (e attenzione, tra loro Bologna manco c’è) sono a scorrimento lento; New Delhi, in India, che non è esattamente il paradiso dei monopattini elettrici, viaggia molto meglio di Messina.
TomTom ha “mappato” 387 città in 55 Paesi e nei sei continenti valutando, da un lato, i tempi medi di percorrenza (che sono ovviamente legati ai costi di carburanti e alle emissioni di CO2) e, dall’altro, le ore perse per strada. È venuto fuori che la città più congestionata del pianeta è Londra (lì ci vogliono 37 minuti e 20 secondi per macinare dieci chilometri, un minuto in più del 2022) e quella dove ci si sposta con più facilità è Oklahoma city, negli Stati Uniti (poco meno di nove minuti per lo stesso tragitto a una media, nelle ore di punta, di 61 chilometri all’ora).
Noi, ecco, per le italiane il discorso è un tantinello diverso. Non è nemmeno una questione politica anche se, a voler essere pignoli, i tre Comuni peggiori sono tutti e tre a guida centrosinistra (Milano, quarta in classifica; Roma, 12esima; e Torino, 18esima): quel centrosinistra col pallino della mobilità alternativa, con la lotta alle auto, ai parcheggi, agli Euro4 e pure agli Euro5, dei diesel non parliamo neanche.
I milanesi perdono ogni anno cinque giorni e diciassette ore nel traffico (e per compiere quei benedetti dieci chilometri ci impiegano venti secondi in più di due anni fa: 28 minuti e 50 secondi); i romani restano bloccati sulla carreggiata per quatto giorni e undici ore ogni dodici mesi (dieci chilometri li percorrono in 26 minuti e 30 secondi, anche loro con un aumento di tempo di 40 secondi netti, che fan quasi un minuto); i torinesi (idem per la crescita del tempo di percorrenza medio che, nel loro caso, si attesta ora a 25 minuti e 40 secondi) bruciano tre giorni e venti ore, che sono quasi quattro giorni, negli ingorghi cittadini.
Ma c’è di più, come anticipato: Messina, Firenze, Palermo, Catania, Napoli. Con la sola eccezione di Reggio Calabria (che arriva filo filo), le prime dieci città più trafficate d’Italia, nelle ore di punta, non raggiungono nemmeno per sogno i trenta chilometri all’ora. E sorpresa: Bologna, la lenta Bologna, la città che invece il limite l’ha imposto, dall’estate scorsa, nel 2023, sul fronte della velocità media quando dal traffico non si scappa, paradossalmente sfiora i 32 chilometri orari (ovviamente nelle rilevazioni di TomTom rientrano anche i mesi in cui le sanzioni bolognesi non c’erano ancora).
LENTO SCORRIMENTO
I grandi centri come Mexico City (8,8 milioni di abitanti), New York (altri 8,4 milioni), Tokyo (13,6 milioni), Jakarta (10,5 milioni), Bangkok (idem), Mumbai (11,9 milioni) su su fino al Cairo (9,5 milioni) registrano indici migliori di quelli di Milano e Roma e Torino. Ma anche, in alcuni casi, di Firenze (60esima in classifica con una “velocità” media nelle ore di punta di 23 chilometri orari) e di Messina (24esima con una percorrenza di dieci chilometri in 24 minuti e 30 secondi). Area B, Area C, le domeniche a piedi, le ciclabili sbucate di tutta fretta da un giorno all’altro, gli stalli introvabili, i biglietti del metrò e dei tram che costano sempre di più (fa anche questo, eccome), il ritornello “green”, la guerra allo smog, all’inquinamento, alle polveri sottili (giustissima, per carità: però poco efficace e infatti si vede), le Ztl che oramai si mangiano anche i quartieri periferici, il mito della “città trenta”: e poi finisce così. Che a Bogotà il traffico è un problema meno problema che a ridosso del Colosseo.