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Pietro Senaldi: Piano Mattei, accordo storico in Egitto. Ma la sinistra non capisce

Pietro Senaldi
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Quelli che sono indignati se Giorgia Meloni va in Egitto, perché Al Sisi è un dittatore; e quelli che ritengono gravissimo che ad accompagnare il nostro premier ci sia Ursula von der Leyen, presidente uscente, e nelle sue speranze rientrante, della Commissione Ue. Dove stanno? A sinistra. Cosa vogliono? Non lo sanno neppure loro, o quantomeno non possono spiegarlo. In Egitto le due signore d’Europa si recano, pare con una borsa da cinque miliardi di euro della Ue, per convincere il faraone al potere, alle prese con nove milioni di profughi dal Sudan e con un milione e mezzo di palestinesi in fuga che preme dal Sinai a tenere sotto controllo l’immigrazione clandestina. L’obiettivo italiano è anche rinsaldare e ampliare l’accordo per lo sfruttamento di gas e materie prime in un Paese dove l’Eni ha forti interessi e che ci è indispensabile per l’approvvigionamento energetico, da che abbiamo tagliato i rapporti commerciali con Putin, causa guerra. L’alternativa è risollevare l’Italia a pedali, come progettano i giallorossi, ma in questo caso non basterebbero più piste ciclabili e neppure i famosi bonus per l’acquisto di velocipedi inventati dal secondo esecutivo Conte. Curiosa la posizione di chi vuole più sanità, stipendi più alti e la pace nel mondo ma si ostina a rifiutare i mezzi indispensabili per lo sviluppo dell’economia, che resta il solo modo per far quadrare i conti e ottenerli e inorridisce se l’Italia mantiene buoni rapporti all’estero.

Forse il fronte sinistro è persuaso che, per andare d’accordo, sia indispensabile mettersi le dita negli occhi reciprocamente, come fanno Conte, Schlein e Calenda e ne è talmente convinto che l’impossibilità di venire a capo dei propri litigi non lo induce a ricredersi. Le anime belle, pur di criticare la Meloni, si ricordano di Giulio Regeni (per il quale anche ieri Meloni ha ribadito che la posizione dell’Italia non è cambiata e si chiede la verità), ma dimenticano la liberazione di Patrick Zaki per il quale le sinistre di vario conio non avevano ottenuto assolutamente nulla dal governo egiziano. Pesa anche l’immigrazione: casomai funzionasse il piano Mattei o si riuscisse a sottrarre le nostre coste all’assalto dei disperati alle opposizioni verrebbe meno l’unica risorsa che l’immigrazione clandestina costituisce: una via facile per dare contro ai governi di destra senza riuscire a risolvere il problema.

 

 

CANNONATE A URSULA
E poi c’è lo spettro dell’alleanza. Se Giorgia e Ursula dovessero andare d’accordo anche dopo le elezioni del 6 giugno per l’Europarlamento, che ne sarebbe del Partito Socialista Europeo, attaccato al potere almeno quanto il Pd nostrano? Calma e gesso, i conti si fanno con l’oste, che è l’elettorato continentale. Certo che questo feeling tra le due signore inquieta la sinistra italica, che aveva fatto dell’isolamento dell’Italia in caso di vittoria di Fdi un cavallo di battaglia. Non è così e hanno inghiottito il rospo, convinti che comunque nessuno li sfratterà dai palazzi del potere di Bruxelles. Hanno storto un po’ il naso ai primi segnali d’affiatamento tra Giorgia e Ursula, persuasi che la seconda sfruttasse la prima come portatrice d’acqua e a questa le andasse bene tutto, pur di migliorare la propria immagine internazionale.

 

 

Ora qualcuno si sta accorgendo che le cose non stanno proprio così; e che forse sarà la tedesca ad aver bisogno dell’italiana a partire da giugno. Allora è partito il cannoneggiamento contro la von der Leyen; prima Renzi, che l’ha votata, poi la Schlein, leader del partito italiano che più la sostiene con Forza Italia. I niet di Salvini hanno una spiegazione politica e almeno il pregio della coerenza. La grande paura è che, con Ursula o senza Ursula, Giorgia inizi un tour mondiale a fianco del prossimo o prossima presidente dell’Unione Europea come protagonista e leader più saldo e votato del Continente. Viste le crisi di credibilità del francese Macron e le difficoltà crescenti a livello economico del tedesco Scholz, la prospettiva non è così remota.

Che la destra regali all’Italia un ruolo da protagonista in Europa e nel mondo, per di più senza inchinarsi ai partner Ue, senza legarsi alla Cina, senza elogiare la Russia e guadagnandosi fiducia negli Stati Uniti è lo spauracchio di una classe dirigente che si è sempre fatta menare per il naso e le sole cose che è stata capace di raccogliere dagli alleati hanno avuto come prezzo la dignità che si perde tendendo al benefattore di turno la mano con il cappello

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