CATEGORIE

Daniele Capezzone: riformisti pronti a sottomettersi ai Cinquestelle

di Daniele Capezzone domenica 10 marzo 2024

 Carlo Calenda

4' di lettura

Nel silenzio e quasi nella distrazione generale, è in via di compimento un’operazione politica forse piccola nei numeri ma potenzialmente assai significativa per i suoi effetti, che potrebbero perfino risultare aritmeticamente decisivi sia in qualche prova elettorale parziale (chissà, forse già oggi in Abruzzo: e ovviamente il centrodestra si augura di no) sia alle prossime elezioni politiche generali del 2027. Si tratta del processo di risucchio – negato ma in pieno corso di realizzazione – di rilevanti spezzoni centristi (ex terzopolisti) in una coalizione di centrosinistra ormai egemonizzata dai grillini.

A pensarci bene, era esattamente lo scenario denunciato e combattuto da Matteo Renzi e Carlo Calenda nel momento in cui costituirono il terzo polo: i due capifila di quella lista unica centrista, prima che esplodesse la loro incompatibilità caratteriale, erano assolutamente concordi nel dire no all’idea di un centrosinistra destinato a subire la golden share grillina. E dunque andarono per conto proprio.

A onor del vero, vi fu subito qualche avvisaglia del fatto che almeno uno dei due protagonisti (Calenda) non si considerasse equidistante dai due maggiori schieramenti. Per un verso, in occasione delle elezioni per il comune di Roma, pur essendosi candidato al primo turno da solo e avendo raccolto un ragguardevole 20%, Calenda decise – per il secondo turno – di convergere immediatamente sul candidato di centrosinistra, l’attuale catastrofico sindaco Roberto Gualtieri, che peraltro in quel momento era reduce da una pessima esperienza come ministro dell’Economia del governo Conte due (l’ineffabile esecutivo Conte-Speranza, per capirci). Per carità, il candidato di centrodestra, Enrico Michetti, non era certo entusiasmante, ma colpì la naturalezza con cui Calenda – pressoché scontatamente – scivolò a sinistra. Per altro verso, in occasione delle elezioni politiche del 2022, tutta la comunicazione di Renzi e Calenda fu rivolta non a eventuali delusi o indecisi di centrodestra, ma solo a quelli dell’altra parte.

È passato un anno e mezzo da quel voto politico, in cui – bene o male – i due raccolsero due milioni di voti e un interessante 7,7%: non tantissimo, ma neppure poco. Ecco, oggi Matteo Renzi è rimasto in posizione terza: i suoi simpatizzanti tendono dunque a sottolineare la coerenza di questo posizionamento, mentre gli antipatizzanti obiettano che in realtà è il centrosinistra a rifiutare perfino l’eventualità di un’interlocuzione con i renziani.

E invece Calenda che fa? Alterna in modo francamente spiazzante dichiarazioni fiammeggianti contro i grillini (e verso il Pd che ne è succube) e scelte elettorali curiosamente gregarie rispetto a un’alleanza di cui pure descrive tutte le incoerenze. E così è scattato l’apparentamento in Abruzzo, e – dopo la scelta opposta in Sardegna, dove Azione ha fatto corsa solitaria accanto a Renato Soru – Calenda ha affermato di ritenere ormai inevitabile intrupparsi a sinistra anche nei prossimi turni regionali. Pura schizofrenia politica: nei giorni pari Calenda spara a palle incatenate contro il connubio Conte-Schlein, e nei giorni dispari vi aderisce (peraltro da posizioni di debolezza).

Ora, chiunque abbia dimestichezza con le dinamiche reali della politica sa che, se cominci a convergere con qualcuno in una sequenza di prove regionali, sarà sempre più difficile non farlo alle successive politiche. Se – finendo nello stesso riquadro sulla scheda elettorale regionale – ometti di sollevare obiezioni di principio sul profilo politico dei tuoi alleati, è ben difficile che tu abbia la forza di farlo in futuro. Di più: a maggior ragione se la coalizione prescelta dovesse prevalere in una-due regioni, sarà massimamente complicato sfilarsi a posteriori.

E allora? E allora – lo diciamo a Calenda senza spirito polemico e senza asprezza – il leader di Azione deve sapere che ha imboccato una strada che rischia di risucchiarlo, e che non prevede molti margini per un’inversione del senso di marcia.

Il che – stando sul terreno delle idee e delle policies, come i competenti amano dire – configura un autentico cedimento alla sempre più salda leadership grillina. Ricapitoliamo. Non risulta che i pentastellati abbiano cambiato idea in politica estera, terreno su cui ogni giorno manifestano comprensione e viva simpatia per Pechino-Mosca-Teheran-Caracas. Non risulta che abbiano cambiato idea su sussidi e reddito di cittadinanza. Non risulta che abbiano cambiato idea rispetto al loro no a grandi opere e nuove realizzazioni infrastrutturali.
Non risulta che abbiano cambiato idea sui rifiuti (opposizione ideologica ai termovalorizzatori) e sulle proposte green più fanatiche ed esasperate. Peggio ancora: poiché – di tutta evidenza – Conte sta guadagnando potere contrattuale, non c’è motivo di ritenere che nei prossimi mesi possa arretrare rispetto alle sue posizioni, o attenuarle, o renderle compatibili con altri. Morale: chi si allea oggi rischia di essere un prigioniero politico domani.

E lo stesso vale per le componenti riformiste del Pd (un nome per tutti, lo stimato ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini): ha senso tacere e subire, nella speranza inconfessabile che le Europee segnino un indebolimento della strategia della Schlein? E se invece non accadesse? Oppure – com’è più probabile – se le cose resteranno più o meno così come sono oggi, consentendo alla Schlein di tirare a campare e proseguire il suo avvicinamento a Conte, che faranno a quel punto i “riformisti”? Si metteranno a strillare e a protestare soltanto a luglio, dopo avere omesso di farlo per un anno intero?

Dunque, vale per Guerini e vale per Calenda: se si rinuncia oggi alla sfida politica con le posizioni grilline, si accetta una sempre maggiore probabilità di essere politicamente soggiogati e subordinati domani. È proprio il caso di dire: buona fortuna. Ne avranno bisogno, visto che stanno lavorando da operai (inconsapevoli?) nel cantiere di un futuro governo Conte ter, che ovviamente qui a Libero speriamo non veda mai la luce.

Serio? Toninelli, l'ultima figuraccia: su cosa sta zitto

La Supermedia Supermedia, la competizione a sinistra fa male solo alla Schlein

Tutti da ridere M5s, la vergogna di Tridico: "Giorgia Meloni traditrice"

tag

Toninelli, l'ultima figuraccia: su cosa sta zitto

Brunella Bolloli

Supermedia, la competizione a sinistra fa male solo alla Schlein

Pietro Senaldi

M5s, la vergogna di Tridico: "Giorgia Meloni traditrice"

Fabio Rubini

Carlo Calenda, il plauso a Meloni: "Meglio di così non si poteva fare"

Marco Bassani: L'europeismo trasformato in un culto neo-marxista

Infuria la polemica su un documento che credo debba essere posto nella giusta luce. È vero che occorre contestual...
Marco Bassani

Patricelli: La verità nascosta dal Pci su chi uccise il Duce

Un cold case da ottanta anni nella ghiacciaia della storia, con un enigma avvolto da un mistero. In attesa che l’e...
Marco Patricelli

Calessi: Bertinotti e Fini, uniti dalla Lega ma separati sulla guerra

Il rosso e il nero a casa della Lega. Sono stati loro, Fausto Bertinotti e Gianfranco Fini, intervistati dal direttore d...
Elisa Calessi

De Leo, Salvini dopo la telefonata con Vance: "Frizioni? Siamo su scherzi a parte"

La telefonata con J. D. Vance e la contrarietà rispetto alle ipotesi di riarmo. Il vicepresidente del Consiglio M...
Pietro De Leo