Francesco Specchia: Vannacci? Anche l'esercito ha la sua legge e chi la vìola deve rispondere
Mo’ basta. Osservando chi, in risposta alle inchieste e ai provvedimenti sul generale Vannacci invoca per lui un seggio europeo e una «medaglia» in quanto indagato per «reati d’opinione», be’, io ripenso a mio nonno Francesco.
Ufficiale medagliato a Tobruk, eroe di guerra già prigioniero degli inglesi, mio nonno, rientrato in Italia ebbe l’ardire, da maggiore, nel ’54, di difendere un suo soldato dalla furia di un generale alla Vannacci. Richiesto di punire severamente il fantaccino preso a male parole dall’alto ufficiale a causa di un’asola scucita, mio nonno si rifiutò di farlo; e, invece, diede del «maleducato» al superiore.
Venne trasferito, con tutta la famiglia, in 24 ore, da Trani a Bolzano dove comandò per qualche decennio. Non ho mai sentito mio nonno imprecare una sola volta contro l’istituzione che gli aveva stroncato la carriera. Altro che libertà d’espressione. Per lui invocarono l’articolo 98 della Costituzione che prevede dei limiti nei diritti politici per magistrati e militari, i quali anche se non in servizio non possono – non autorizzati- esprimere opinioni potenzialmente incandescenti.
Perché, se sei un generale – come Vannacci o mio nonno poi promosso in tarda età - e vesti una divisa, per te il rispetto dell’istituzione che rappresenti ha sapore assoluto. Se sei un soldato hai l’obbligo di interiorizzare la disciplina. Se poi arrivi a commentare le parole del capo dello Stato, brandendo una libertà d’espressione inappellabile, il messaggio che comunichi è distruttivo, l’esatto contrario della tua missione.
Capisco che per i politici possa essere un buon argomento elettorale, ma un militare dovrebbe conoscere le regole. Vannacci non ha chiesto il permesso di esprimere idee politiche, ex art 98. Punto. Ma, al netto –lo riconosciamo- del dubbio sulla tempistica delle inchieste su di lui, esiste un altro argomento che farebbe sussultare mio nonno. Che, per inciso, era fan non del vanaglorioso generale Cadorna, quanto del collega Diaz il quale combatteva in trincea, tra i soldati, senza gradi e senza farsi riconoscere.
L’altro argomento che Vannacci finge di invocare è l’etica. Etica. Vannacci è stato sospeso pesantemente a chiusura dell’inchiesta a suo carico. E - cosa più grave- gli pende addosso un’accusa di peculato e truffa inerenti a indennità di servizio moscovite percepite illecitamente, spese pazze per feste e cene, e un possibile danno erariale di 9mila euro per la Bmw di servizio. Siamo più dalle parti di Cadorna che di Diaz. Naturalmente Vannacci ha il diritto di difendersi, e gli auguriamo la piena innocenza. Epperò resta l’etica, essenziale per un soldato in posizione di comando. La macchia resta, fino a riabilitazione. Nel contempo, sarebbe buona pratica attendere il giudizio dell’istituzione, in silenzio. Nessuno ti obbliga a entrare nelle Forze Armate. Se non condividi la linea o ti spogli della divisa, o combatti da dentro per i tuoi diritti. Possibilmente, con tutto il rispetto, senza rompere i cogli***, direbbe il generale Diaz. E anche mio nonno..