Nell’interpretazione delle leggi di questo Paese c’è una strisciante vena di anti -italianità. Si tratta di una tendenza che dura da anni e che passa dalle mense di Lodi alle recenti decisioni- tutte a favore dei migranti a scapito degli italiani del governatore emiliano Stefano Bonaccini in tema di case popolari e case di riposo.
L’ultimo caso è di ieri e riguarda il Friuli Venezia Giulia. La regione guidata dal leghista Massimiliano Fedriga aveva approntato un regolamento per l’assegnazione delle case popolari che prevedeva per gli stranieri residenti la presentazione della documentazione per attestare che il richiedente non avesse immobili di proprietà nel Paese d’origine. Una norma subito contestata dalle opposizioni. Tanto che l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione aveva promosso fin dal 2019 anno di entrata in vigore della legge- un ricorso per eliminare quella che per l’associazione era un’evidente discriminazione.
TRIBUNALI E RICORSI
Negli anni passati le prime sentenze avevano dato torto alla Regione, che aveva però deciso di impugnarle tutte. Ieri la Corte Costituzionale ha messo la parola fine sulla vicenda, pronunciandosi a favore degli stranieri e dell’Associazione che esulta: «Finisce così la lunga battaglia condotta dalla Regione Friuli Venezia Giulia contro i cittadini stranieri». Con il pronunciamento, spiegano ancora i vertici dell’Asgi, «l’accesso all’abitazione da ora deve essere garantito in modo paritario a tutti gli stranieri», evidenziando la vittoria per «il principio di non discriminazione per l’attuazione delle politiche sociali».
Ma è davvero così? Assolutamente no. Anzi, è esattamente il contrario, perché con questa sentenza ad essere discriminati non sono gli stranieri bensì gli italiani, i friulani nel caso specifico. Dal Palazzo del Governo, sede della giunta regionale, non escono commenti ufficiale alla sentenza, ma filtrano voci di una presa d’atto della decisione della Corte costituzionale. Non senza far notare che la sentenza di fatto pone in una condizione di disparità il cittadino italiano. Già, perché nei fatti tutti quanti devono presentare la medesima autocertificazione, dalla quale si desume il reale stato di bisogno della persona. La differenza, sostanziale, sta nel fatto che mentre per il cittadino italiano si possono effettuare controlli, per quello straniero no. Nemmeno con l’ausilio delle istituzioni come era previsto nella norma bocciata dalla Corte costituzionale.
MANCA LA PARITÀ
Per capirci meglio da oggi in Friuli Venezia Giulia gli stranieri saranno più che favoriti nelle graduatorie per l’assegnazione delle case popolari, indipendentemente dal loro stato di indigenza soprattutto rispetto a quelle che sono le loro condizioni economiche nel Paese d’origine. Per assurdo una persona può possedere una o più case all’estero, ma per le graduatorie dei servizi sociali italiani risultare nullatenenti e quindi meritori di aiuti erogati con soldi pubblici. Come dicevamo all’inizio quella di favorire sempre e comunque lo straniero è una tendenza che sta prendendo piede da un po’ di anni in Italia. Sono diverse, infatti, le sentenze o le scelte politiche della sinistra, che tendono ad eliminare quelle barriere messe per cercare di rendere equa la formazione delle graduatorie per gli aiuti ai più bisognosi. Come sta succedendo in Emilia dove la giunta regionale di centrosinistra vuol togliere il requisito degli annidi residenza al solo scopo di favorire gli stranieri a scapito degli italiani.