Non tornerò sull’episodio – obiettivamente poco glorioso – dei lavori di un ramo del Parlamento chiusi silenziosamente in anticipo o comunque programmati tatticamente “corti”, mercoledì scorso, per non sovrapporsi al derby di Coppa Italia Lazio -Roma. Dopo il diritto all’eleganza teorizzato dal mitico Soumahoro, dev’essere stato sancito da qualche parte pure un non meno significativo diritto alla tribuna d’onore. Considerazione demagogica?
Può darsi, ma dubito che la notizia abbia riempito di gioia i cittadini -contribuenti. E, a ben vedere, penso che la cosa abbia fortemente nuociuto anche ai non pochi parlamentari che lavorano duramente e seriamente: chi ama la politica e le istituzioni non può certo rallegrarsi del fatto che i deputati e i senatori più meritevoli siano quasi sempre ignorati, e che invece piccoli e grandi episodi di sciatteria stendano un velo indiscriminato di non credibilità su tutta la classe politica.
Ma starei per dire che la corsa anticipata allo stadio Olimpico è quasi nulla rispetto a un clima tuttora complessivamente vacanziero (eppure oggi è 14 gennaio: Natale è passato da ben tre settimane...) che si continua a respirare nei palazzi romani e complessivamente nella discussione pubblica. Intendiamoci: il governo è al lavoro, e Giorgia Meloni è letteralmente assediata dalle questioni vere (due guerre e mezzo, le incognite dell’economia, le sfide dell’immigrazione e della sicurezza), da alcune contestazioni ridicole che le giungono da sinistra (la prossima settimana – bel capolavoro dem – il Parlamento europeo discuterà nientemeno che del “rischio-fascismo” in Italia), e anche da alcuni autogol dei suoi deputati (il pistolero Pozzolo in testa).
Ma – sia detto con rispetto – tutti gli altri, specie le opposizioni ma non solo loro, di che si occupano? Ogni giorno c’è una piccola rissa, una lite fiammeggiante che furoreggia sui social con tanto di hashtag, che lampeggia e rimbalza nei talk-show televisivi, ma poi non resta proprio nulla: anzi, la rissa del giorno prima svanisce per lasciare spazio alla lite del giorno dopo, altrettanto fatua e futile. Il nulla seguito dal niente.
Per carità: tutti i partiti sono impegnati con il nodo delle candidature per le elezioni europee e con la complicata costruzione delle coalizioni per le regionali. E anche qui: chi conosce la politica sa che si tratta di cose rilevanti, perché si tratterà di un giro di boa della legislatura. Però – diciamocelo – non è che il paese possa stare fermo cinque mesi, fino alla sera del 9 giugno, per assistere allo spettacolo (non sempre entusiasmante, peraltro) di una discussione tutta interna al perimetro del palazzo. Sia detto con rispetto: che Elly Schlein, la mattina del 10 giugno, sia più forte o più debole nella foresta pietrificata delle correnti del Pd, interessa a un’estrema minoranza degli stessi elettori di sinistra. Che il governatore di una regione sia in quota Pd o M5S da un lato, o anche Fdi o Lega dall’altro, interessa certamente agli elettori di quella regione: i quali però – magari – vorrebbero soprattutto un candidato presidente bravo e capace, i cui programmi fossero adeguatamente conoscibili da subito. Insomma, pur conoscendo e non sottovalutando la fatica della tessitura politica, non si può continuare a trasmettere agli italiani la sensazione (peggio: la certezza) che l’agenda dei partiti sia sistematicamente prevalente su quella dei cittadini. A sinistra il fenomeno è addirittura clamoroso: se si eccettua qualche settimana di propaganda sul salario minimo, non c’è stato un solo tema sollevato da Pd e Cinquestelle nell’ultimo semestre. Ogni giorno strillano-urlano-frignano: contro un fascismo inesistente, contro una presunta deriva autoritaria (e intanto continuano a occupare giornali e tv come prima). Ma poi – in termini costruttivi – non propongono nulla.
E però anche la maggioranza non scherza. C’è indubbiamente un’agenda di governo (che peraltro avrebbe un gran bisogno di essere registrata e dotata di un cronoprogramma, specie sui tre dossier decisivi: tasse, sicurezza, immigrazione). Ma i partiti che compongono la coalizione che contributo stanno dando, politicamente? Che aiuto politico stanno fornendo alla Meloni e al governo? Al di là delle fibrillazioni sulle candidature, su cosa Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia intendono aprire una discussione, lavorare in Parlamento, coinvolgere il paese, animare la discussione mediatica? Nell’agorà, c’è poco da fare: se non agisci, diventi oggetto del caso o dell’agenda altrui. Parafrasando e distorcendo un poco una formula cara a Carmelo Bene, si potrebbe dire: «Se non parli, sei parlato». Intendo dire che se il tema della discussione non sei capace di imporlo tu, allora sarai costantemente costretto al gioco di rimessa, o peggio verrai sempre messo sulla difensiva: dovrai rispondere del micro-caso dell’onorevole Tizio, del micro-scandalo dell’onorevole Caio, o magari del micro-casino autoprocurato dall’onorevole Sempronio. Risultato? Già a volte è faticoso distinguere l’agenda di governo. Ma così quell’agenda viene completamente offuscata dal cicaleccio e dalle polemicuzze, lasciando sulle sole spalle della Meloni l’onere delle decisioni e il ruolo di “adulta nella stanza”. Forse converrebbe a tutti terminare le vacanze (reali o metaforiche che siano) e questa lunga “ricreazione”, e far sapere agli italiani cosa si intende fare sul serio.