Com’è facile tifare Palestina sotto il sole della California e parlare di geopolitica tra una sfilata e l’altra. La top Gigi Hadid e la sorella Bella, che come si intuisce dal nome è ancora più top di lei, anche se è afflitta da problemi psicologici, non hanno mai sfilato a Gaza, ma hanno un papà di origine palestinese che ha fatto i soldi in America. Sarà per questo che le due si sono sentite di accusare lo Stato di Israele di non aver nulla di ebraico per aver osato reagire alla mattanza perpetrata da Hamas dieci giorni fa.
«La settimana scorsa dormivi?», ha risposto il governo di Tel Aviv a Gigi, corredando la domanda con una foto esplicita dei massacri perpetrati dai terroristi islamici ai danni di bambini, donne e civili innocenti sorpresi all’alba in casa e con la frase: «Se non condanni questo, le tue parole non valgono niente». C’è ancora speranza, perché la signora ha innestato una pronta retromarcia, scrivendo un contrito messaggio nel quale, pur esprimendo «l’augurio per un popolo palestinese libero», si dice vicina ai suoi «amici ebrei» e «addolorata» per le vittime israeliane. Meglio essere solidale con tutti a Los Angeles che a fianco di Hamas ma sotto le bombe a Gaza, sentenzierebbe Catalano.
PRAGMATISMO USA
Come una speranza la fornisce anche la vicenda di Mia Khalifa, ex pornostar libanese e attuale grande influencer di moda che ha fatto fortuna negli States e che Playboy ha licenziato «per i commenti disgustosi e riprovevoli che elogiavano i terroristi di Hamas». Gli Stati Uniti, con il loro pragmatismo superiore ai nostri onanismi mentali, hanno capito che tutto l’Occidente è in guerra e chi sta qui e tifa Hamas è un disertore. Lo dimostrano le aziende americane che hanno chiesto all’università l’elenco degli studenti di Harvard che avevano sfilato a favore della Palestina; per non assumerli.
Troppo facile stare qui, vivere all’occidentale, puntare tutto sulla bellezza, quando le mogli e le figlie dei terroristi di Hamas vivono velate, e piangere per i bambini di Gaza ma non per quelli dei kibbutz. È un modo vigliacco di lavarsi la coscienza; è ignoranza, avidità di pensiero. Gigi pare una bagnina di Baywatch, di quelle che non sono costrette a fare il bagno intabarrate come le donne palestinesi. Infatti Baywatch non era palestinese. E allora complimenti all’America, una terra ancora capace di reagire alla deriva conformista e autolesionista verso la quale il pensiero progressista sta precipitando tutto l’Occidente.
Magari ci fosse un sussulto d’orgoglio anche in Italia. Purtroppo il governo di Tel Aviv non se li fila i nostri tifosi dei terroristi, che ancora ieri puntavano il dito contro Israele per il missile che ha colpito l’ospedale di Gaza anche dopo che era stato dimostrato che l’ordigno è stato sparato da quelli del Jihad. Da noi gli amici dei terroristi, perché questo finiscono per essere, volenti o nolenti, coloro che puntano il dito contro Israele e chiudono gli occhi davanti ad Hamas, non sono chiamati a rispondere dei loro deliri. Hanno udienza in tv e godono della solidarietà di buona parte della sinistra nostrana, il cui sentimento anti-ebraico è rafforzato dal fatto che il centrodestra si è schierato in modo netto e compatto con Israele.
ANTISEMITI DE NOANTRI
La verità è che la strage degli innocenti compiuta dai tagliagole islamici ha svelato che gli antisemiti non stanno solo nel mondo arabo. A sfogliare certi giornali e ascoltare alcuni analisti sorge il sospetto che in Italia ci sia più antisemitismo oggi che ai tempi delle leggi razziali. Per rendersene conto basta andare davanti a una moschea il venerdì, con tutti i fedeli, persone integrate, che hanno un lavoro e una famiglia ma intonano con il muezzin il ritornello di Israele criminale e Hamas vittima della propaganda sionista. Finché lo dice una top model, basta che qualche follower la abbandoni su internet per farle fare retromarcia, perché anche la fede può essere in vendita. Quando lo predica un imam e lo inculca nelle menti fragili, ostaggio di una religione usata per alimentare l’odio verso l’Occidente, il danno è più difficilmente riparabile. Ma chi, anche da noi, per un’ospitata televisiva, per dimostrarsi solidale con gli emarginati del mondo o perché così impone la legge dei benpensanti che pensano male, continua con la narrazione dei terroristi buoni e delle democrazie cattive fa un danno alla nostra società e ipoteca il nostro futuro, prima di quello di Israele.