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Contrordine compagni, Drive In va riabilitato

di Luca Beatrice lunedì 2 ottobre 2023

3' di lettura

Ci sono voluti quarant’anni ma alla fine abbiamo avuto ragione proprio noi che da ragazzi ci siamo entusiasmati per lo show televisivo più strampalato, esilarante, adrenalinco, comico e sexy nella storia della televisione italiana. Fin lì e anche dopo. “Drive In” portò l’innovazione totale allo spento varietà, spostandolo dal sabato alla domenica sera (chiudendo in tempo per cambiare canale e vedere la Domenica Sportiva), perché i ragazzi che incredibilmente formavano il pubblico di aficionados, il sabato non sarebbero certo rimasti a casa nell’Italia del riflusso con i locali finalmente aperti a notte fonda. Inventato dal più geniale autore del piccolo schermo, Antonio Ricci, Drive In si inserisce appieno nel processo di laicizzazione del nostro Paese, da poco campione del mondo nel calcio, dove stava accadendo qualcosa di imprevedibile, i presidenti del Consiglio non più democristiani, prima Spadolini repubblicano, poi Craxi socialista, la fine del duopolio politico Dc Pci, la fine del monopolio Rai in tv, messo in crisi dall’irrompere di Mediaset e in parte anche da Mtv, il canale dei giovani, la musica per gli occhi.

PERSONAGGI STREPITOSI
Greggio, Faletti, D’Angelo, Beruschi, Braschi, Gaspare e Zuzzurro e i loro strepitosi personaggi irruppero nel linguaggio dell’Italia degli anni ‘80, con frasi, tormentoni, incedere, situazioni che ripetevamo come un mantra in settimana in attesa delle risate domenicali. Prima ancora delle geniali trasmissioni di Renzo Arbore, Drive In fu il manifesto del postmoderno applicato all’intrattenimento, un contenitore folle ma organizzatissimo basato su sketches molto rapidi e in sequenza dal ritmo ossessivo, indistinguibili dagli spot pubblicitari. Sia Ricci che Arbore non si fecero alcun problema a scoprire i corpi di giovanissime bellezze maggiorate, curvilinee e di poche parole, perché il pubblico maschile gradiva sognare con Tini Cansino, Lori Del Santo (che non furono poi troppo fortunate nella carriera di attrici del cinema) o le ragazze Coccodè.

La rappresentazione della donna allora sembrava aver rimosso del tutto le istanze femminste, le ragazze si spogliavano con piacere, fingevano di essere oche e galline, in realtà usavano le parti migliori di sè per recitare il ruolo sempiterno della seduzione, perfetto specchio di una società quasi liberata dal bacchettonismo cattolico e Comunista. È stato proprio questo il principale motivo della rimozione imbarazzata del Drive In da parte di una certa cultura di sinistra, oggi sul punto di ricredersi e di fare l’inchino a un caposaldo non so se della cultura di destra, ma certamente di uno scatto in avanti della televisione, specchio fedele della nuova società degli anni ‘80. Per Drive In non si può che provare nostalgia perché fu uno degli indicatori più fedeli di un tempo davvero cambiato. Con la fine provvisoria del cattocomunismo in Italia allora ci fu una spinta innovativa che raramente, forse mai più, si è proposta con analoga veemenza: il successo internazionale di arte, architettura, design, moda, cucina, letteratura sono solo alcuni dei segnali della vera e autentica rivoluzione culturale degli anni ‘80, il cui segreto fu l’inesausto remix tra alto e basso. Sembrava davvero giunta l’agognata fine dell’ideologismo anni ‘70, poi ripresentatosi sotto altre vesti, è contemporaneamente stavamo sperimentando e vivendo l’ingresso nell’epoca contemporanea.

VERA RIVOLUZIONE
Drive In compie insomma una rivoluzione di linguaggio, operazioni che non riescono tutti i giorni, e il teatro si chiama Italia1, ultima nata di casa Mediaset, la più fluida e irriverente. Per decenni la critica ha identificato questo programma come lo specchio della tv berlusconiana, indicandola da colpevole per aver imposto un mondo non suo, troppo disinvolto e “demenziale”, che non faceva bene perché non abbastanza serioso e punitivo. La verità, piuttosto, è un’altra; l’innovazione, l’avanguardia più sperimentale, già da tempo non apparteneva né alla sinistra ufficiale, quella che Giorgio Gaber aveva definito dei «grigi compagni del Pci», e neppure alla vecchia Dc consociativa con gli amici-nemici comunisti. L’avanguardia, come tale, è anarchica, scomoda, controcorrente, ridanciana, eccessiva, poco vestita. Tendenzialmente roba nostra, non so quanto di destra ma certamente non di sinistra. Drive In ci appaertiene, è nel nostro Dna, le nostre risate, le nostre spacconate; felici che anche altri ne abbiano capito l’importanza e rendano omaggio a Ricci e i tanti attori che seppellirono la vecchia tv a suon di risate e belle ragazze. 

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