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Governo tecnico, ignorate chi ne parla: è solo una trappola

di Luigi Di Gregorio martedì 3 ottobre 2023

3' di lettura

«Quando introduco allo studio dei frame i miei studenti del primo anno di Scienze cognitivea Berkeley, comincio sempre con un semplice esercizio. Dico loro: “Non pensate a un elefante! Fate quello che vi pare, ma non pensate a un elefante”. Non ho mai trovato uno studente che ci riesca». Così inizia un libro, diventato ormai un bestseller, di George Lakoff, neuroscienziato statunitense, intitolato appunto “Non pensare all’elefante!”. Ciò che vuol dire Lakoff con questo esempio – e in tutto il libro – è che gli esseri umani ragionano mediante frame mentali, ossia leggono, ascoltano, vedono e interpretano tutto ciò che gli accade attraverso una “lente”, una cornice fatta di valori; e ogni concetto od oggetto evoca immediatamente un’immagine o un insieme di nozioni. Ecco perché – dice lo stesso Lakoff – quando Richard Nixon, in pieno Watergate disse «I’m not a crook» (“Non sono un imbroglione”), ottenne il risultato contrario: in molti pensarono che lo fosse. La tesi di fondo del libro è che in politica non si deve mai usare il linguaggio dei propri avversari.
La politica sa bene che le parole contano ed evocano frame diversi. È la ragione per cui, ad esempio, la maternità surrogata diventa “utero in affitto” per la destra e “gestazione per altri” a sinistra. Nel primo caso, a sottolineare una pratica immorale e inaccettabile; nel secondo a evocare un gesto di generosità e di altruismo. Tuttavia, talvolta, a causa della pressione delle notizie e di tempi rapidissimi di risposta, si finisce per cadere nella trappola e si parla il linguaggio degli avversari.

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IL PRECEDENTE - « In questi giorni, a causa di un lieve scostamento in alto dello spread, numerosi giornali e osservatori hanno parlato dell’ipotesi di “governo tecnico”, proprio a causa di un’associazione di immagini, di unframe. Dato il precedente del 2011, ogni volta che il livello di quell’indice sale, parte, a mo’ di riflesso condizionato, la tesi del governo tecnico. È evidente che lo spread di oggi sia lontanissimo da quello del 2011; così come è evidente che la solidità di questo governo e la credibilità dell’attuale premier siano altrettanto lontani rispetto alla maggioranza risicatissima del Berlusconi IV e alla credibilità della sua leadership. Eppure, la tesi rimbalza di testata in testata, su tutti i media.

Il mio consiglio non richiesto a tutti gli esponenti di governo che stanno reagendo all’ipotesi del governo tecnico è: non parlatene! Neanche per negarlo. Il solo parlarne in fatti mantiene il tema in agenda, fa sì che se ne continui a parlare. E alimenta, nel percepito, le aspettative che quella cosa sia realistica, possa accadere, un po’ come accadde a Nixon.

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C’è una famosissima legge sociologica, la legge di Thomas, che dice: «Se gli individui definiscono come reali certi fenomeni, essi saranno reali nelle loro conseguenze». Che poi, altro non è che ciò che aveva ben chiaro già Napoleone quando diceva: «Non conta la verità. Conta ciò che la gente crede sia vero». Il percepito plasma il reale, le credenze trasformano le aspettative. E allora, a proposito di sociologi, evitiamo che accada ciò che Robert Merton definiva la “profezia che si autoavvera”: l’annuncio di un fatto non reale che diventa reale solo a causa del suo annuncio. Anche perché è esattamente così che funzionano oggi i mercati e i loro oracoli, le agenzie di rating: scommettono sulle aspettative. E le aspettative sono plasmate dagli effetti annuncio, dal linguaggio, daiframe. Pertanto, sarebbe bene evitare anche solo reagire a domande sul governo tecnico. Quando è inevitabile, come nel caso di una domanda in una trasmissione in diretta Tv, occorre lavorare per un reframing, sostituire cioè l’associazione di immagini spread alto-governo tecnico con qualcos’altro che non collochi premier e ministri sulla difensiva, utilizzando il linguaggio altrui e rischiando di finire come Nixon. Ad esempio, rispondere così: «I mercati chiedono stabilità, programmi chiari e governi legittimati dal voto popolare. Da oltre 10 anni, un solo governo ha queste caratteristiche, il nostro». 

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