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Messner, il Guinness lo degrada ma è una fesseria de record

di Filippo Facci martedì 26 settembre 2023

 Reinhold Messner

4' di lettura

Le vette dei 14 ottomila dell’Asia centro -meridionale sono state superate dalle vette della scemenza giornalistica, che ha battuto due record in un giorno solo. Il primo appartiene appunto al libro dei record, il Guinness del primati, il quale ha deciso di togliere dalle proprie pagine il più celebre record dell’alpinista più famoso di tutti i tempi, Reinhold Messner, perché a suo dire non sarebbe stato il primo ad aver scalato tutti i 14 ottomila senza l’uso di ossigeno. E perché? Perché ha deciso di dar retta al revisionismo altimetrico di Eberhard Jurgalski, un maniaco tedesco raccoglitore di dati sulle montagne che dice, da anni, che «l’intera storia degli 8000 deve essere riscritta».

La seconda scemenza – poi spieghiamo perché lo è – riguarda il conseguente stravolgimento di tutta la classifica dei salitori di ottomila senza ossigeno: al posto di Messner ci sarebbe lo statunitense Ed Viesturs (grande alpinista, ma che prima era dodicesimo perché ha salito l’ultimo nel 2005) e non il mitico polacco Jerzy Kukuczka, che meno di un anno dopo Messner, nel 1987, ripetè l’impresa impiegando in tutto otto anni e non sedici come Reinhold, salendone peraltro quattro in inverno e con attrezzature polacche penose.

Praticamente spariti dalla classifica Erhard Loretan (Svizzera, 1995), la spagnola Edurne Pasaban (la prima donna, 2010) e ben sei altri alpinisti italiani, oltre a Messner.

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TESI RIDICOLE - Nel caso di quest’ultimo, secondo Jurgalski, ha quindi sostenuto che lui e il collega altoatesino Hans Kammerlander (uno che è sceso dall’Everest e dal Nanga Parbat con gli sci) nel 1985 avrebbero mancato di qualche metro la vetta dell’Annapurna (massiccio himalayano di 8.091 metri) e questo, Jurgalski, basandosi su fotografie scattate dallo stesso Messner che sarebbe stato così stupido, cioè, da fare un autoscatto nel punto sbagliato. I due altoatesini dunque non si accorsero che la cima-cima non era proprio lì. Discretamente ridicolo.

Il perché è appunto ridicolo come ha spiegato proprio Messner e questo neanche ieri, o solo ieri, ma l’anno scorso quando già Jurgalski diffondeva via Facebook le sue tesi. Messner aveva banalmente spiegato che in qualsiasi caso le vette di alcune montagne sono costituite perlopiù da neve e ghiaccio e che nel tempo, perciò, si modificano. È il caso dell’Annapurna, ricoperta da una grande «meringa» nello stile del Cerro Torre in Patagonia; inoltre, a certe altezze, non ci sono croci o altro che segnalino il punto esatto della cima, e pertanto ha poco senso dire che la vetta è qui oppure lì.

Senza scomodare Nepal, Cina, Pakistan e India (dove si trovano gli ottomila) possiamo fare l’esempio che lo scrivente conosce meglio: il Monte Bianco.
Non c’è una vetta vera e propria: c’è una calotta sommitale lunga decine di metri, e stabilire dove sia il punto più elevato è piuttosto arduo, tanto che ciascuno pianta la piccozza vittoriosa dove vuole (niente bandierine o croci) e comunque la vera vera cima è sepolta sotto una coltre di ghiaccio spessa dai 16 ai 23 metri, perché la vetta rocciosa è alta “solo” 4.792 metri ed è peraltro spostata di circa una quarantina di metri a ovest rispetto alla vetta ufficiale.

Ma, per convenzione, oltreché per misurazione trigonometrica, la vetta del Monte Bianco misura ufficialmente 4.807 metri anche se in teoria basta una nevicata e la misura cambia; oppure basterebbe dotarsi di una bella pala da neve e, con un po’ di fatica (tanta, perché l’ossigeno lassù è la metà di quello sul livello del mare) potreste ridurre l’altezza a 4.806. Probabilmente il calcoloso Eberhard Jurgalski, se ne misurasse la quota a giugno e poi a settembre e poi a gennaio, finirebbe in sanatorio.

Altre montagne invece hanno cime stabili o rocciose (l’Everest, o il Cervino che ha due vette, una svizzera e una italiana) e il problema insomma non si pone. E non si pone, il problema, in realtà, per nessuno che capisca qualcosa di alpinismo. Che non è uno sport - non ci sono arbitri, regolamenti, neppure record ufficiali- ma che tuttavia registra un tasso di litigiosità e cattiveria che supera il peggior talk show dei bassifondi catodici. Messner se la ride, gli altri anche, e del Guinnes se ne fregano.

Stiamo parlando di un signore, Messner, che per primo andò sull’Everest senza ossigeno quando tutta la scienza mondiale aveva prestabilito che non fosse possibile: ripetiamo, tutta. Messner si limitò a provare, anche se, prima di farlo, si fece portare da un aereo non pressurizzato a 9000 metri per vedere se perdeva i sensi: non li perse.

IMPRESE EPOCALI - Parliamo di un signore che non credettero che avesse scalato assieme al fratello la parete Rupal del Nanga Parbat (la più lunga del mondo, 4.500 metri verticali, impresa mai ripetuta) sinché non trovarono i suoi guanti in vetta, nascosti sotto un sasso; un signore che per trent’anni fu accusato ignobilmente e pubblicamente d’aver abbandonato il fratello Gunther in vetta, nel 1970, sinché nel 2000 ne fu ritrovato un osso e nel 2005 il corpo (ciò che ne restava) esattamente là dove Reinhold aveva detto, sepolto da una scarica di ghiaccio. Un signore, Reinhold, che qualche anno dopo salì il Nanga Parbat da solo e realizzò la prima salita in solitaria e in stile alpino di un ottomila: sulla vetta si fece una chiara, evidente, celeberrima fotografia dedicata all’era dell’immagine e dei numeri che si appropinquava. Nello stesso anno, altra impresa ritenuta impossibile, salì sull’Everest da solo. Un signore, Messner, che quando cominciò a invecchiare attraversò l’Antartide a piedi senza mezzi o animali. Ma è del 1989 la sua impesa più incredibile, eroica, inumana, un nuovo parametro per i confini dell’uomo: si candidò con i Verdi al Parlamento europeo. Poi diede una breve occhiata, e scese subito.

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