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Immigrazione, Meloni: pugno di ferro contro i violenti, cosa cambia

di Fausto Carioti martedì 19 settembre 2023

4' di lettura

Giorgia Meloni corre su due binari paralleli. Preme sull’Europa ed incassa i primi consensi al piano contro l’immigrazione irregolare annunciato domenica da Ursula von der Leyen (l’inizio è buono, la strada è lunga), ma intanto fa da sola tutto quello che può fare con gli strumenti nazionali. Ieri, in consiglio dei ministri, sono cambiate le regole per fermare nei Cpr, i centri per i rimpatri, chi entra illegalmente in Italia. Sale a 18 mesi il tempo massimo di trattenimento per chi è ritenuto pericoloso e non ha diritto alla protezione internazionale e si costruiscono nuove strutture in cui rinchiudere gli immigrati irregolari, per poi rimpatriarli.

Filosofia opposta, insomma, a quella del programma per l’immigrazione presentato nelle stesse ore dal Pd. Parlando con i suoi all’inizio del consiglio dei ministri, la premier ha accusato il primo partito d’opposizione di voler «rendere ineluttabile l’immigrazione illegale di massa», garantendo «l’accoglienza di chiunque arrivi per poi provare a chiedere la redistribuzione in Europa».

Una linea che in questa fase, ha spiegato, «diventa un boomerang». Elly Schlein, infatti, «non si è resa conto che attualmente i Paesi dell’est Europa accolgono milioni di rifugiati ucraini e pertanto, se dovesse passare un meccanismo automatico e aritmetico di redistribuzione, l’Italia si troverebbe a dover far carico di molti più richiedenti asilo di quanti ne abbia attualmente».

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DA LAMPEDUSA ALL’ONU - La presidente del consiglio ha contestato pure lo spagnolo Josep Borrell, alto rappresentante per la politica estera europea, i socialisti Ue e tutti quelli che sostengono «che nessuno dei Paesi del nord Africa è uno Stato sicuro con il quale è possibile accordarsi per fermare le partenze o per rimpatriare gli immigrati illegali». Una posizione il cui scopo, appunto, è costringere gli Stati ad accettare l’immigrazione illegale come un fenomeno inevitabile.

Dall’Europa, comunque, la premier prende quello che di buono sta arrivando. Il piano presentato a Lampedusa da Ursula von der Leyen le appare «per certi versi sorprendente, perché perfettamente in linea con quel cambio di paradigma che questo governo ha sostenuto fin dal suo insediamento. E che prevede di difendere i confini esterni dell’Unione e fermare a monte l’immigrazione illegale di massa». Le parole «Decidiamo noi chi entra in Europa, non i trafficanti di esseri umani», pronunciate dalla presidente della commissione Ue, sono le stesse, ha ricordato la Meloni, «che abbiamo più volte pronunciato io, Matteo, Antonio e noi tutti». Va da sé che dopo le parole si attendono i fatti: «Ora il governo seguirà con grande attenzione gli impegni che l’Europa si è assunta con l’Italia, a partire dall’impegno per sbloccare in tempi rapidi le risorse previste dal memorandum con la Tunisia». Insisterà su questo tema anche a New York, dove è volata ieri sera per partecipare all’assemblea generale dell’Onu, alla quale interverrà domani.

Nell’attesa, l’esecutivo alza a 18 mesi, ossia al massimo consentito dalle normative europee, il tempo di permanenza nei Cpr degli stranieri ai quali è stato rifiutato l’asilo e che sono ritenuti pericolosi perché hanno commesso reati. «Tutto il tempo necessario», ha detto la premier, «non solo per fare gli accertamenti dovuti, ma anche per procedere con il rimpatrio di chi non ha diritto alla protezione internazionale». Il limite attuale è di 3 mesi, con possibile proroga di 45 giorni.

Il prolungamento dovrà essere convalidato da un magistrato. La norma è stata scritta da Matteo Piantedosi pensando ai tanti casi (come quello del nigeriano Nwekw Chukwuka, che un mese e mezzo fa ha ucciso Iris Setti a Rovereto) di immigrati violenti che, usciti dai Cpr per scadenza dei termini, sono stati liberi di commettere reati sul territorio italiano. Non sarà invece modificato, e rimane fissato a 12 mesi, il limite di trattenimento per i richiedenti asilo la cui domanda è ancora in fase di accertamento.

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LA LEGA DISSENTE - Serviranno quindi nuovi Cpr, che il governo si impegna a realizzare in zone poco popolate e facilmente sorvegliabili. La promessa della premier ai ministri è che «non si creeranno ulteriori disagio e insicurezza nelle città italiane». Spetterà al genio militare realizzarli: se le strutture sono già disponibili, non impiegherà più di due mesi. Sempre per accelerare i tempi le norme sui Cpr saranno inserite in corsa nel decreto per il rilancio del Sud approvato il 7 settembre, che presto sarà all’esame del parlamento.

La settimana prossima il governo varerà poi un nuovo provvedimento, che affronterà anche la questione dei minori non accompagnati. Lo scopo, annuncia la premier, «è tutelare i veri minori per evitare, come accade ora, che con una semplice autocertificazione chiunque possa essere inserito nei circuiti rivolti ai minori».

La linea che passa per un accordo con la Ue continua però a non convincere la Lega. «Dall’Europa, sul fronte sicurezza e immigrazione, tante promesse, ma fatti zero», attacca Matteo Salvini. Il riferimento è anche alle parole del ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin, disponibile ad aiutare l’Italia a controllare i confini marittimi, ma contrario ad accogliere gli irregolari sbarcati a Lampedusa. A Parigi sembrano comunque aver capito che fermare gli arrivi in Italia conviene anche a loro, e Darmanin ieri sera è venuto a Roma per discuterne con Piantedosi. «Francia e Italia sono unite per una cooperazione concreta per combattere il traffico di esseri umani», dicono al Viminale al termine dell’incontro. 

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