Vittorio Feltri
Qualche giorno addietro ho espresso la mia circa il fenomeno crescente delle violenze sessuali di gruppo di cui si macchiano minori e neomaggiorenni, riconducendolo all’esibizionismo patologico di cui soffrono i giovani di oggi, i quali postano – così si dice – i loro crimini, che considerano prodezze, sulla rete, facendosene vanto. Se non curiamo questa malattia, saremo costretti ad assistere ad una escalation di brutalità. Tale ferocia viene scaricata anche sugli animali, sebbene questo tipo di notizie sia sovente trascurato dai giornali, perché le bestie sono ritenute vittime di serie b o c. E su questo punto devo assolutamente dissentire: una vittima è una vittima sempre, la tortura ad un animale non è meno grave di quella inflitta ad un essere umano, perché essa rappresenta un segnale che la società (le famiglie in primis) non deve ignorare dal momento che l’abuso sui quattrozampe precede osi accompagna a quello sulle persone e la crudeltà nei confronti dei primi è predittiva della pericolosità sociale di chi la mostra, ovvero indica la tendenza a delinquere del soggetto che la manifesta ed è quindi molto probabile, se non addirittura sicuro e scontato, che questi ponga in essere altri fatti costituenti reato.
Ecco spiegati i motivi per cui ritengo che episodi simili a quello che è accaduto ad Anagni, in provincia di Frosinone, domenica sera scorsa, sia indispensabile discutere. In occasione di una festa di compleanno, un diciottesimo, tenutasi in un agriturismo, un gruppo di ragazzi ha preso di mira una capretta, che si era avvicinata agli ospiti in questione in cerca di affetto e qualche carezza, essendo abituata al contatto con gli esseri umani, verso i quali la bestiolina nutriva incondizionata fiducia.
Ciò che il cucciolo ha ricevuto però non sono state coccole, bensì una raffica di calci nello stomaco, sul musetto, sulle zampe, sulla testa, ovunque, pedate sempre più rabbiose che hanno provocato la morte della capretta. Mentre questa spirava tra atroci sofferenze il gruppo incitava l’autore principale dell’uccisione a continuare, come se fosse un pugile sul ring.
Peccato che se la prendesse con un esserino del tutto indifeso, incapace di reagire, persino di sottrarsi alle percosse o di chiedere aiuto. Non è finita qui. Questo club di piccoli promettenti criminali, di cui si dice che appartengano alla buona società di Fiuggi (e non oso immaginare allora la cattiva collettività locale di quale livello sia), dato che ha filmato lo spettacolo sanguinario, anzi horror, e lo ha pubblicato sui social network con orgoglio, fierezza, contentezza, quasi sia normale massacrare una vita nel corso di una festicciola e riderne beatamente.
Vi confesso che orrori di tale genere non mi sconvolgono meno delle violenze sessuali. Eventi come questi ci indicano non soltanto l’incapacità dei genitori di trasmettere ai figli il rispetto nei confronti di ogni forma di vita, quindi anche la sensibilità che non è innata ma si acquisisce mediante l’educazione, la civilizzazione, la creazione di una coscienza sociale che sfocia nel sapere vivere in una comunità osservando diritti e doveri, ma anche un malessere profondo, una frustrazione spaventosa, una miseria umana abissale che alberga nell’animo di questa gioventù smarrita e spietata, scellerata e perversa. Perciò, sostanzialmente infelice. Nelle scuole andrebbe insegnato l’amore verso gli animali, magari attraverso un contatto diretto con fauna e flora, con la natura. Solamente così potremo salvarci dal rischio – ahimè concretissimo – di precipitare ulteriormente in una spirale di barbarie che inghiottirà gli ultimi brandelli della nostra umanità. Personalmente, se fossi padre di un adolescente il quale partecipasse a atti come quello di Anagni, mi domanderei dove io abbia fallito e mi impegnerei affinché non gli venisse risparmiata la galera. Per il suo bene.