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Vittorio Feltri e Rubiales, quei baci in bocca che la sinistra scorda

Vittorio Feltri
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 Finito nel tritacarne mediatico non soltanto spagnolo ma mondiale non per avere dato una coltellata o un pugno, bensì un bacio, contro il capo della Federcalcio Luis Rubiales donne e uomini, in massa, sono scesi indignati in piazza per chiederne processo, condanna e arresto. Una simile mobilitazione non si era mai vista neppure in ostilità a serial-killer, narcotrafficanti, governanti disonesti. La stampa globale appare altrettanto scandalizzata dal comportamento dell’uomo. Se si potesse, lo vorrebbero addirittura vedere giustiziato in pubblica piazza, magari – perché no? – arrostito sul rogo. Nei suoi confronti la procura di Madrid ha aperto un’indagine allo scopo di verificare se ci siano prove sufficienti per avviare un procedimento. Si parla di “violenza sessuale”, “molestia sessuale”, “abuso sessuale”. E il dirigente sportivo, già sospeso per 90 giorni dalla Fifa, viene dipinto alla stregua di uno stupratore. La madre di Rubiales ha annunciato lo sciopero della fame al fine di opporsi a questa «caccia disumana e sanguinosa» che stanno facendo contro suo figlio, «qualcosa che questi non si merita». Ma di quale crimine si è macchiato il numero uno della Rfef per suscitare tanto sdegno e un così ardente desiderio di vendetta? Ricapitoliamo.

Domenica 20 agosto, in seguito alla vittoria della Spagna nella finalissima mondiale contro l’Inghilterra, al momento della consegna delle medaglie, Rubiales ha dato un bacio, cosiddetto a stampo, sulle labbra della calciatrice della nazionale spagnola Jenni Hermoso, la quale adesso ha circa due settimane di tempo per decidere se formalizzare una denuncia a carico di Rubiales davanti al pubblico ministero o lasciare sgonfiare questo caso montato ad arte, esagerato, ingigantito inutilmente anche per effetto del neofemminismo delle cause perse, quello che si avvita sulle vocali o su condotte che nulla hanno di sessista.

 

 

 

Spezzo qualche lancia a favore di questo povero signore, il quale, preso dall’entusiasmo sincero, che talvolta ci porta a lasciarci un pochino andare, ma senza alcuna malizia, ha stampato un bacio sulla bocca di una calciatrice, la quale era altrettanto felice e per lo stesso identico motivo: il trionfo mondiale. Insomma, non l’ha mica palpeggiata chissà dove, non l’ha mica stuprata, non l’ha mica slinguazzata, come si usa dire, giusto per rendere l’idea. Peraltro, vorrei sottolineare un elemento non di poco conto il quale ci dimostra la buonafede del dirigente sportivo: il tutto è accaduto in diretta universale, sotto gli occhi di milioni di persone, se non addirittura miliardi. Il che esclude ogni intenzione lussuriosa e illecita, oltre che la volontà di approfittarsi della giovane. Trattasi di un gesto innocente, puro, pulito, genuino, spontaneo, trasformato in un delitto. Chi ha fatto ciò è senza dubbio più sporco di Luis Rubiales, il quale, a mio avviso, ha scelto bene di non dimettersi, nonostante le pressioni subite. Mi auguro che Rubiales non venga processato per un casto e amichevole bacio.

Sarebbe l’ennesima conferma del nostro livello di inciviltà e non un passo in avanti nella tutela dei diritti del genere femminile, come vorrebbero farci credere. E poi davvero non mi capacito: Madonna bacia Britney Spears e tutti esultano, Rosa Chemical bacia con tanto di lingua Fedez e tutti applaudono (cosa che mi generato il voltastomaco), e potrei continuare, poi Rubiales bacia Hermoso ed è un violentatore. Peraltro, il bacio a stampo sulla bocca era diffuso tra i leader comunisti durante la guerra fredda. Esso non possiede né manifesta alcun carattere sessuale, è una sorta di bacio fraterno. Leonid Brezhnev, a capo del partito comunista sovietico dal 1964 al 1982, era solito baciare gli omologhi sulle labbra nel corso degli incontri ufficiali. Ed escluderei che egli volesse portarsi a letto Nicolae Ceausescu o Fidel Castro. A proposito, proprio questi due riuscirono a evitare il celebre bacio di Brezhnev. Il primo, che soffriva di bacteriofobia, molto diplomaticamente fu in grado di schivare l’effusione senza ferire il leader sovietico; il secondo, dal canto suo, fu tanto astuto da accendere un sigaro cubano appena sceso dall’aereo a Mosca, dove Brezhnev, già in attesa trepidante sulla pista di atterraggio, lo aspettava per accoglierlo con il consueto calore. Non sfuggirono ai baci di Brezhnev, invece, il leader jugoslavo Tito, quello palestinese Arafat, quello della Germania dell’Est Honecker, il presidente degli Stati Uniti Carter, il primo ministro indiano Gandhi. Personalmente li ricordo tutti questi bacini. Ne ho le iconiche immagini stampate in testa. E non dimentico nemmeno il bacio che Brezhnev appiccicò sulle labbra della maestra di danza Annie Hallman, quando questa, membro di una delegazione statunitense, visitò l’Urss nei primi anni Settanta. Eppure la sinistra di allora non chiese la condanna a morte di Brezhnev. Amen. 

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