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Vittorio Feltri, sbarchi e "invasione": fermiamola da soli

martedì 29 agosto 2023

3' di lettura

Ci scoccia doverlo ripetere, ma è bene focalizzarsi su certi punti: l’emergenza sbarchi è una bomba che sta per esploderci nelle mani. Mi colpisce che i giornali l’affrontino come un mero problema di consenso politico, dipingendo con pennellate colorate e deliranti quello che sarebbe uno scontro in atto tra il presidente Giorgia Meloni che, nel suo ruolo, propenderebbe ovviamente per una strada più diplomatica, e il ministro Matteo Salvini, sempre più incline alla linea rigida. Qui si pone, semmai, una problematica di sicurezza oltre che di ordine pubblico. Manca questa consapevolezza. Non c’entrano destra e sinistra, né lotte intestine agli schieramenti, né il pericolo di scivolare nei sondaggi. Ci sono in ballo l’Italia e ci sono in ballo i suoi cittadini. C’è di mezzo una sovranità che incontra il limite del mancato esercizio del controllo delle frontiere, elemento che non può che inficiare la credibilità, la forza e l’immagine dell’Italia nel mondo, essendo la nostra Nazione l’unica del sistema internazionale dove migliaia di migranti, sedicenti profughi, sbarcano ogni giorno e vengono presi completamente in carico dai servizi pubblici sparsi sul territorio, per di più a tempo indeterminato. Sfido chiunque a indicarmi un’analoga situazione. Una follia questa senza precedenti, eppure ci hanno fatto credere e tuttora vorrebbero farci intendere che sia nostro inderogabile dovere accogliere chiunque, che, siccome siamo al centro del Mediterraneo e i nostri confini sono costituiti da coste, facilmente raggiungibili, ci corra obbligo di incamerare gente che proviene illegalmente dall’Africa e dall’Asia. Badate bene: tutto è profondamente falso.

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Nostro dovere, oltre che nostra facoltà, quindi nostro diritto, è stabilire chi può entrare e chi no in Italia. Perché gli altri Stati possono decidere e noi no? Dunque, svegliamoci tutti. E cerchiamo di non adottare più strategie già fallite non una ma cento o mille volte. Una di queste (quantunque ce la imponga la consuetudine internazionale, che ci induce a ricercare il dialogo e la cooperazione, mostrando il sorriso e non la forza, anche perché non siamo mica uno Stato-canaglia) consiste nel tentativo, mediante i mezzi diplomatici, di ottenere l’intervento di alcuni Paesi del Nord Africa, in particolare della Tunisia, affinché facciano quello che devono e che pure non fanno: controllare le loro coste perché migliaia di migranti non partano per raggiungere le nostre. Un’attività, tutto sommato, alquanto semplice, eppure non viene attuata. Specifico che questo intervento, che dovrebbe essere gratuito, ci costa milioni e milioni di euro, paghiamo perché la Tunisia compia quello che deve compiere ma che, pur remunerata, non realizza. Anzi, ogni volta che elargiamo quattrini, i flussi dalla Tunisia crescono. E questo pone alcuni interrogativi. Non sarebbe opportuno allora abbandonare ogni speranza che il Paese africano in questione si interessi e agisca? Io credo proprio di sì e penso che gli italiani siano d’accordo.

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C’è poi un’altra linea che non ha riscosso il successo sperato. Se non chiediamo aiuto alla Tunisia, facciamolo con l’Europa. Insomma, se non ci rivolgiamo al Sud, ci rivolgiamo al Nord: ma l’Europa ci ha mai soccorso su questo fronte? No, mai. Essa ha sempre reputato il fenomeno migratorio qualcosa che riguarda solo ed esclusivamente lo Stivale, da qui anche la trappola della regola per cui chi sbarca in Italia deve restare in Italia, ossia nel Paese cosiddetto “di prima accoglienza”. Se l’obiettivo è ridurre drasticamente gli arrivi irregolari a fronte di numeri che preoccupano, ad oggi, l’unica tecnica che ha prodotto risultati tangibili è rappresentata dai decreti sicurezza targati Salvini, dalla linea considerata dura, dalla - così definita - “chiusura dei porti” che, purtroppo, è costata cara al leghista, come sappiamo. I tempi, le circostanze, i rischi a cui stiamo andando incontro e l’assenza di collaborazione da parte degli altri Stati europei ed extra-europei rendono necessaria e non più differibile l’adozione di provvedimenti severi e radicali, anche perché l’alternativa a tutto questo non realizza nulla di buono in quanto non vi è alcunché di umano in una “accoglienza” incontrollabile. Essa genera il massimo male sia per lo Stato che per l’immigrato. Sia per chi accoglie sia per chi viene accolto. Il governo non indietreggi. 

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