Famiglie, lavoratori e imprese. Tre pilastri fondamentali sui quali il governo Meloni intende mettere in equilibrio la piattaforma finanziaria per il prossimo anno. Senza capricci e battaglie di campanile, lasciano intendere da Palazzo Chigi. Sarà il ministero del Tesoro a “monitorare” (sarebbe meglio dire: decidere) i tagli di spesa che ciascun dicastero dovrà attuare. Entro il 2024 il Pnrr già prevede una riduzione della spesa corrente di 1,5 miliardi.
A spanne si contano impegni di spesa per circa 30 miliardi. Non proprio noccioline. Solo per rinnovare da dicembre (scade a fine novembre) il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori con redditi sotto i 35mila euro serviranno dai 9 ai 10 miliardi. L’inflazione che morde ha aggredito i redditi riducendo la capacità di spesa delle famiglie che hanno dovuto intaccare i risparmio indebitarsi per tirare avanti.
PER I FIGLI - Poi c’è la stabilizzazione dell’Assegno unico universale. A fine giugno sono stati erogati a quasi 9 milioni di famiglie con figli a carico (da 0 a 20 anni), 8,28 miliardi di euro di contributi. Se il trend proseguirà nel 2023 si arriveranno a spendere complessivamente 16,6 miliardi di euro. Circa 2 miliardi in meno di quanto messo a bilancio per questa misura dedicata alle famiglie che accorpa tutti i provvedimenti di sostegno al reddito e alla natalità.
Già nel 2022 erano “avanzati” oltre 967 milioni. Un errore di calcolo? Non proprio, o non solo. Il 12% delle famiglie che potenzialmente ne avrebbe avuto diritto non si è fatta avanti per richiedere l’assegno che arriva direttamente sul conto corrente dei genitori presentando una domanda annuale all’Inps (o al Caf). Il tutto chiedendo, contemporaneamente, il conteggio Isee (Indicatore situazione economica equivalente). Se il trend rimarrà stabile, a fine anno l’Inps avrà impegnato - fa di conto Il Sole 24Ore “solo” 16,6 miliardi. Con un “avanzo” provvidenziale di oltre 2 miliardi. L’intenzione del governo- anche se gli appetiti sono assai numerosi è di non rivedere al ribasso l’impegno di spesa ma continuare a mantenere su questo livello il capitolo di bilancio. Integrando le misure con nuovi interventi a favore dei nuclei familiari con 3 o più figli, aumentando gli assegni mensili corrisposti ai nuclei con minori disabili (come già avvenuto nel 2022 visti gli “avanzi” finanziari maturati), e prevedendo agevolazioni e bonus per l’assunzioni delle mamme a cominciare dal 2024.
Poi certo c’è anche il capitolo sanità (da rifinanziare), quello previdenziale (da ritoccare), e gli investimenti infrastrutturali da “mettere a terra”. Per quest’ultimo capitolo si conta (molto) sulle prossime tranche del Pnrr e sui fondi europei strutturali. Però qualche “spicciolo” bisognerà pur trovarlo. Solo per avviare l’operazione “Ponte sullo stretto” servono complessivamente 13,5 miliardi da mettere sul tavolo tra il gennaio 2024 (avvio del cantiere) e fine 2030. Ma questo è un nuovo progetto.
C’è già da mettere in sicurezza idrogeologica il Paese (le immagini dell’Emilia Romagna devastata dall’alluvione), e trovare i quattrini per garantire gli interventi più urgenti non sarà una passeggiata.
Poi - tra le urgenze - c’è da mettere una “toppa”al contratto del personale medico che va in scadenza. O diventerà sempre complicato frenare l’emorragia di personale che nella stagione post Covid ha innescato la fuga dei camici bianchi.
Nei reparti d’emergenza ormai gli unici a farsi sotto sono i “gettonisti”. Ovvero i professionisti abilitati alla gestione delle emergenze- disposti a sobbarcarsi turni - che correndo da una regione ad una Asl possono accumulare un reddito lordo di 130/150mila euro l’anno. Quanto un primario, senza però il vincolo. Non a caso i concorsi per la stabilizzazione del personale medico vanno spesso disertati.
SANITÀ E MISSIONI - E non finisce qui: serviranno di sicuro 6 miliardi per le cosiddette “spese indifferibili”, a cominciare dal rifinanziamento delle missioni all’estero. Un puzzle complicato da comporre entro il 27 settembre (presentazione della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, Nadef). Tra equilibrismi finanziari, funambolismi politici, parametri europei e una congiuntura internazionale non facile. Insomma, «sarà una finanziaria politica», ha scandito Giorgia Meloni aprendo i lavori del primo Consiglio dei ministri della ripresa post estate. Puntualizzando che a fine settembre si arriverà a presentare al Parlamento un «documento importante che descriverà in che modo vogliamo orientare la nostra azione».