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Carlo Stagnaro, dito puntato: "Inflazione alle stelle? Colpa dei bonus"

 Carlo Stagnaro

Francesco Specchia
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"Inflazione: è dover vivere pagando i prezzi dell’anno prossimo con lo stipendio dell’anno scorso". Nel momento in cui cito la frase - icastica quanto anonima - affissa all’università di Berkeley negli anni 70, Giorgia Meloni ha appena attaccato la Bce che alza i tassi di altri estenuanti 25 punti base; e l’Istat certifica che l’inflazione rallenta, ancora al 6,4%, e il carrello della spesa scende a +10,7%. Carlo Stagnaro, classe ’77, economista, consulente di svariati governi, direttore Ricerche e studi dell’iperliberista Istituto Bruno Leoni non ride. Ma neanche si dispera. Anzi.

Caro Stagnaro, allora ha ragione la Meloni: l’inflazione cala di suo, e la Lagarde deve smetterla di stringere sul costo del denaro, ché la cura rischia di esser peggio della malattia?
«No. Non del tutto. L’inflazione è una febbre che cala, ma se hai ancora 38° non è che non devi più prendere la medicina. E l’inflazione cala grazie alla frenata del costo dell’energia; ma i prezzi di alimenti e dei prodotti di uso quotidiano rimangono alti. E l’attacco alla Bce un po’ spiazza. Nel senso che il compito delle Banche Centrali è quello di controllare l’inflazione con l’unico mezzo che conoscono: la stretta sui tassi».

Il governo afferma che la Bce è ben lontana dall’obiettivo del 2% d’inflazione. E che 400 punti base aumentati in un anno ci bloccano nella crescita e ci affogano nella recessione.
«Se conoscono altri mezzi di lotta, ben vengano. E in recessione, be’, la Germania ci è già. La nostra economia va bene, avremo una grande stagione turistica e un ottimo export; ma quello che dovrebbe preoccuparci è il graduale calo della produzione industriale, tenendo conto che veniamo da un’economia già surriscaldata, drogata dai vari bonus e sconti».

In che senso “drogata”?
«Mi spiego. Questo governo è riuscito a riassorbire ottimamente l’overdose di aiuti finanziari e fiscali erogati nel 2022, tipo l’assurdo bonus 110%. Diciamoci la verità: l’inflazione alta è figlia delle politiche economiche degli ultimi anni».

Non mi torna. Ma prima, scusi, non c’era Mario Draghi? E Meloni, economicamente, non sta «agendo nel solco di Draghi»?
«Guardi, la Meloni è stata coerentissima con una politica di bilancio anti-inflazione, e la cosa mi ha stupito molto piacevolmente. E la politica dei bonus a pioggia, in realtà veniva anche da Draghi: per esempio, la metà dei fruitori degli sconti sull’energia non ne aveva bisogno. Siamo seri. Anche degli sconti sulle accise della benzina i ricchi potevano farne tranquillamente a meno. Cioè: Meloni è stata coraggiosa, ha bloccato l’impennarsi del costo del denaro e dei prezzi, di fatto. Mi stupisce che accusi di questo approccio la Lagarde».

L’inflazione di fondo (cosiddetta “core”, esclude i prezzi di energia, cibo, alcol e tabacco, che tendono ad essere più volatili di altri) resta il nemico pubblico numero uno. Ma Lagarde - dice il governo- non la sta combattendo con poca efficacia?
«Attaccare così la Bce, dicevo, può creare dei problemi al governo italiano nello scacchiere della Ue. La Bce non può fare altro, alza i tassi, come d’altronde fa la Fed».

Ma la Fed - continua sempre il nostro governo - non ha un’inflazione diversa dalla nostra, più controllabile? Mentre da noi ci sono fattori “esogeni”: guerra, crisi energetica e delle materie prime, roba poco gestibile?
«Sì e no. Ci sono anche fattori endogeni, come l’inflazione di fondo. Ma, ora, la prego non mi tiri fuori anche lei la storia degli extraprofitti delle “aziende che ci hanno guadagnato” durante la crisi energetica».

Mi ha letto nel pensiero. Lagarde ritiene i picchi d’inflazione colpa delle aziende che hanno approfittato della confusione dei consumatori, sui quali hanno scaricato gli alti costi tenendosi i profitti. Le torna?
«Lagarde ha ragione, in parte. Qui si parla di profitti e non di margini di profitto. E la dinamica dei salari è lenta, quando si alzeranno i salari, vedrà che si mangeranno tutti i profitti. Però se uno pensa che le imprese si portino a casa troppo grasso la soluzione c’è».

Tassare gli extraprofitti?
«No. Aprire il libro delle liberalizzazioni, favorire il più possibile la concorrenza. A parte che in molti casi la tassa sugli extraprofitti ha costretto le aziende a pagare aliquote fiscali superiori al 100%, credo che nel caso dell’aumento dei prezzi dell’energia, be’, fu dovuto agli stati che vollero riempire gli stoccaggi a qualunque prezzo, nell’agosto 2022. E il calo dei prezzi successivo fu legato al fatto che le aziende avevano già pagato l’acconto».

 

Mi sembra una pagina di un libro di Milton Friedman. Secondo lei, quindi, con le bollette alle stelle nessuno ha sbagliato?
«Se qualcuno ritiene ci siano stati degli illeciti nel gonfiare i prezzi, be’, ci sono centinaia di organi di controllo preposti a certificarlo. Ma finora non si sono mossi».

Il governo è contro la ratifica del Mes. Finirà che lo ratificheranno a settembre?
«Alla fine sarà così. Sono tic identitari. Ma se nel caso dei balneari io capisco perfettamente che si voglia tenere buoni gli elettori, be’, col Mes trovo inspiegabile questo stallo. Bisogna agire nell’interesse della gente che il Mes manco sa cos’è: e se tiriamo troppo la corda nel rimandare, rischiamo di sembrare quelli che alla Ue ostacolano una cosa fatta».

Panetta in Bankitalia è una scelta giusta?
«Giusta e condivisa. Il problema è se, tolto lui dal board Bce, riusciamo a metterci un altro italiano. Se appariamo poco affidabili, ne dubito. I Pierini, alla Bce, li lasciano fuori dalla porta...».

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