A bocce ferme vorrei commentare quanto accaduto al liceo scientifico Emilio Alessandrini di Abbiategrasso, presso Milano, dove uno studente di 16 anni, preso da un raptus ingiustificato, ha accoltellato l’insegnante di italiano e storia, Elisabetta Condò, ora ricoverata all’ospedale. Il ragazzo aggressore (adesso agli arresti) non era un fulmine di guerra, il suo rendimento scolastico era scarso e anche sotto il profilo della condotta lasciava a desiderare. Ma forse egli attribuiva alla professoressa le proprie lacune, cosicché alcune mattine orsono ha pensato bene di vendicarsi e ha pugnalato la docente. La quale giace in un nosocomio, pur non essendo in gravi condizioni. La vicenda è stata descritta da tutta la stampa e definita inspiegabile.
In effetti l’accaduto ha degli aspetti straordinari difficili da interpretare. Molti commentatori e anche il ministro dell’Istruzione Valditara sostengono che alla luce del drammatico evento sarebbe opportuno introdurre in ogni istituto uno psicologo in grado di esaminare la testa evidentemente malata di molti studenti incapaci di sottostare alla disciplina, forse perché soffrono di un disagio che impedisce loro di accettare le regole tradizionali delle aule dove si dovrebbe imparare la letteratura e non sfogare la violenza adolescenziale.
Personalmente non credo che questa sia la soluzione del problema. Che è grave, ma non riguarda solo le teste calde di qualche alunno. Infatti la ribellione giovanile non si registra soltanto nelle classi liceali ma in ogni ambito sociale. Segnalo che i ragazzi di oggi, rispetto a quelli di un tempo, non vengono più educati con rigore nelle famiglie, dove la mamma lavora e non ha più tempo di seguire i figli che pertanto crescono senza una guida ferrea. Non solo, anche il padre non è più presente. Al momento della cena, a tavola, non si parla più: il genitore maschio guarda il telegiornale o la partita di calcio, la femmina sminestra e quando si siede è sfinita, gli eredi smanettano sul cellulare. La conversazione langue e l’educazione che si otteneva parlando non è più possibile.
C’è ben altro da considerare. Oggi i sedicenni spesso escono la sera e si aggregano a bande di sciamannati che ne combinano di tutti i colori. Organizzano scontri caratterizzati da spirito aggressivo, si feriscono, si combattono. Certe battaglie si svolgono per strada durante la cosiddetta movida, fuori dalle discoteche. In sostanza, i colpevoli di certe escandescenze non sono direttamente i nostri fanciulli, ma i modelli sociali in voga. È il gruppo che condiziona i comportamenti. Non tutti i ragazzi sono sbandati, per fortuna, molti però, vuoi per la droga vuoi per l’alcol, vengono sviati. Insomma, i figli prendono da noi, o ci sforziamo di guidarli come noi eravamo guidati dai genitori, o non sarà uno psicologo scolastico a raddrizzare le gambe a chi le ha storte.