Luca Zaia
«Guardi: in Veneto l’autonomia l’ho già applicata nel 2010, un’autonomia ante litteram e limitata nel tempo. L’ho fatto dopo una tragedia epocale e ci ha permesso di rimetterci subito in piedi senza aspettare i tempi della burocrazia centrale. Un esempio di straordinaria efficienza».
Presidente, ci spieghi.
«Ero in carica da 4 mesi. Mi ritrovo con 235 comuni alluvionati. Nel centro di Vicenza si girava col motoscafo dei vigili del fuoco. Finiscono sott’acqua anche l’Est Veronese, il Padovano e altre zone della regione. Oltre 10mila famiglie col fango in casa. Negozi sommersi, aziende bloccate. Mezzo milione di persone coinvolte, un miliardo di danni. Ho pensato che per aiutare velocemente la mia gente dovevo applicare il modello federalista. È stata la prima volta in Italia».
Cos’ha fatto?
«Ho chiamato i sindaci e gli ho detto: “Facciamo un lavoro di squadra, dato che siete a strettissimo contatto coi vostri cittadini vi do un plafond, un fondo per ciascun Comune sulla base di una prima stima dei danni, il 50%. Iniziate a erogare i primi risarcimenti e dopo vi fate portare il rendiconto da ogni cittadino e ristorate anche quello”. Abbiamo stilato un listino prezzi, ad esempio la tivù valeva 200 euro - non ricordo di preciso ma è per spiegare un divano 300 e così via. Man mano arrivavano i sindaci coi consuntivi in mano. Alla fine non c’è stato un cittadino che si è lamentato».
D’accordo, ma così non c’è il rischio che i soliti furbi ne approfittino?
«Ci sono stati 2-3 casi, e le denunce le ho firmate io».
Luca Zaia è governatore del Veneto da 13 anni e quando parla d’autonomia gli si accende il fuoco sacro. Per lui la riforma federalista è «la madre di tutte le battaglie». Cresciuto nella Lega trevigiana di Giancarlo Gentilini, il sindaco-sceriffo, una Lega ruspante, il “Doge” ha sempre moderato i toni, o quasi. «Nei primi 3-4 giorni di quell’alluvione, per far capire cos’era successo, visto che i chiesti i cittadini con le elezioni, li faremo in questa legislatura».
«Musica per le mie orecchie».
Dopo giorni di polemiche e tensioni, però. Ha scoperto di chi era quella famosa “manina” del Bilancio del Senato che ha stroncato la bozza del disegno di legge sull’autonomia?
«C’era una bozza non verificata, così c’era scritto sulla cartella, e sopra sono state fatte considerazioni senza che ci fosse una firma, un nome, e sarei curioso di conoscere gli studi allegati a queste contestazioni: n o n c’era niente d i niente».
Ma la “manina” era di un politico o di un burocrate? Qualcuno ha malignato sui vostri alleati...
«Non ho mai visto un cappone che organizza la festa di Natale. È chiaro che la riforma toglierà qualche privilegio a chi gode di rendite di posizione.
Gliela dico tutta...».
Prego.
«Non credo a una regia, piuttosto a un eccesso di zelo di un anonimo burocrate a cui però chiedo di svelarsi, perché i nostri tecnici vorrebbero confrontarsi nel merito».
Lei ha chiesto un confronto anche alla Commissione Ue, anche da lì sono arrivate delle osservazioni. Sarebbe disposto a confrontarsi con la Schlein o Conte?
«Non avrei nessun problema, ma il vero dibattito dovrebbe essere coi nostri tecnici. I cittadini si renderebbero conto fino in fondo dove sta la ragione. Se poi dovessi dire qualcosa alla sinistra direi che è coerente.
Nel 2014 quando avevo preparato il referendum me l’ha impugnato e portato in Corte Costituzionale. Ricordiamoci che nel 2017 il Veneto riesce a portare 2 milioni 300 mila cittadini al referendum perché la Corte Costituzionale ci ha dato ragione.
A quel punto la sinistra ci ha vietato di usare la tessera elettorale, un insulto alla democrazia. I veneti non hanno il timbro di quelvoto. Quindi ho fatto stampare una ricevuta: dopo 6 anni tanti la tengono ancora nel portafogli. Ah, dimenticavo, la sinistra ci ha fatto pagare anche il servizio d’ordine ai seggi».
Torniamo alla Meloni.
«Una persona di parola. Il contratto di governo è chiaro rispetto ad autonomia e presidenzialismo. Le sue parole sono state dirimenti e hanno sgomberato il campo. Non ho mai avuto dubbi sulla presidente. Conoscendola, se non avesse creduto all’autonomia, non l’avrebbe mai inserita nel contratto. Il federalismo oggi è il vero tailor made di uno Stato moderno, un abito su misura».
«Ma l’autonomia distrugge l’unità nazionale», dicono sempre Pd e 5Stelle.
«Allora: senza i grillini al governo, parlo di alcuni anni fa, oggi l’autonomia sarebbe già realtà. Il federalismo, per chi non l’avesse ancora capito, il paróni a casa nostra (padroni a casa nostra, ndr), è un progetto che va bene da Nord a Sud, da Belluno a Catania».
Nelle trasmissioni i politici litigano sui “lep”, che significa “livelli essenziali di prestazione”. Nessuno però spiega alla gente cosa sono questi “lep”.
«Il papà che dà la paghetta al figlio e che decide che per andare in pizzeria servono 15 euro. Non ci può essere qualcuno che ne pretende 50 perché fino al giorno prima era abituato così. Quella pizza la devono poter mangiare tutti».
Lei è al terzo mandato e stando alla legge non potrà ricandidarsi. Già quando era presidente della Provincia di Treviso si batteva per l’abolizione di questi vincoli. La pensa ancora così?
«Non parlo per interesse, anche perché in Veneto si voterà tra due anni e mezzo o tre, in politica sono ere glaciali. Dico che dobbiamo decidere che ruolo vogliamo dare all’elettorato. Rousseau nel Contratto Sociale dice che il popolo ti delega a rappresentarlo e quando non lo rappresenti più, la delega te la toglie. È inconcepibile che le uniche cariche elette direttamente dal popolo, governatori e sindaci, abbiano i blocchi di mandato. Dal capo dello Stato in giù non ce l’ha nessuno».
Si ricandiderà?
«Torniamo alle ere glaciali...».
Favorevole o contrario all’abolizione del ballottaggio alle amministrative?
«Parlo a titolo personale. Secondo me una riflessione va fatta, perché quandp un candidato al primo turno prende il 49,9% e poi perde contro uno che aveva preso il 25 c’è qualcosa che non funziona».
C’è un governatore di sinistra che in questi anni l’ha sorpresa positivamente? Il “Doge” ride.
«De Luca. È un impenitente autonomista. Anzi, un cripto-autonomista. Don Sturzo, uomo del Sud, dicevamo “sono unitario ma autonomista impenitente”.
De Luca è un federalista impenitente. Piano piano verrà fuori».