Sanna Marin
Non sono bastati gli endorsement di Hillary Clinton, i peana dei soliti intellò, il soprannome di “premier rockstar” e le copertine di Time ad evitare al primo ministro finlandese, la progressista Sanna Marin, una sconfitta alle elezioni nazionali di domenica scorsa. La modernissima, verdissima e politicamente correttissima Marin (è cresciuta in una famiglie costituita da due lesbiche) e il suo Sdp, il partito social-democratico finlandese, sono stati battuti sia dai conservatori di Petteri Orpo, alla guida del Partito di Coalizione Nazionale (Kok), sia dalla destra identitaria ed euroscettica dei Veri Finlandesi di Riikka Purra. «La democrazia ha parlato, il popolo finlandese ha votato e la celebrazione della democrazia è sempre una cosa meravigliosa», ha dichiarato Marin domenica sera, riconoscendo la sconfitta. Ma il ko di quattro giorni fa è stato soltanto l’inizio della sua caduta, dell’uscita di scena dell’ennesimo santino delle sinistre europee. Ieri, infatti, l’attuale primo ministro finlandese ha annunciato che non si ricandiderà alla guida dei socialdemocratici finlandesi, il cui congresso si svolgerà a settembre. «È stato un grande onore ma devo ammettere, francamente, che la mia resistenza è stata messa a dura prova in questi anni», ha detto l’esponente della sinistra progressista finlandese, aggiungendo che il suo percorso come leader dell’Sdp è «giunto a conclusione».
FUTURO A BRUXELLES
In carica dal 2019 (era diventata a 34 anni il più giovane capo di governo del mondo), Marin ha ammesso di aver passato «momenti estremamente difficili» e di desiderare una «vita un po’ più calma» d’ora in avanti. Poi ha chiuso le porte anche ad altri incarichi politici, annunciando che oggi si dimetterà dal governo e escludendo una sua partecipazione nel prossimo casting ministeriale guidato dal vincitore delle elezioni Petteri Orpo, anche se quest’ultimo decidesse di allearsi con la sinistra piuttosto che con gli identitari di Purra. «Non credo sia probabile che faccia parte della squadra ministeriale», ha tagliato corto Marin, smentendo anche le voci che le attribuiscono un ruolo importante nelle istituzioni europee nell’immediato futuro.
«Non mi è stato offerto un incarico internazionale. Continuerò a lavorare come deputato», ha detto la premier finlandese. I rumors di Bruxelles, tuttavia, sono insistenti. Si parla molto di Marin come possibile successore di Jens Stoltenberg a segretario generale Nato nel 2024, ma anche come candidata alla presidenza della Commissione europea al posto di Ursula von der Leyen. Il suo impegno per l’ingresso di Helsinki nella Nato, la sua popolarità all’estero e il suo discorso di fermezza nei confronti della Russia per l’invasione dell’Ucraina, hanno acceso i riflettori su quel lembo di terra spesso dimenticato che è la Finlandia, ma non hanno convinto i finlandesi: che hanno dato il benservito all’icona pop dei progressisti di ogni latitudine.
RIPESCATA DAL PRINCIPE
Il passo indietro di Sanna Marin, curiosamente, arriva nel giorno dell’addio di un’altra star del progressismo globale: Jacinda Ardern, il primo ministro neozelandese che a gennaio, sorprendendo tutti, annunciò di volersi dimettere, perché non aveva «abbastanza energie per altri quattro anni». Laburista, ecologista, femminista, sostenitrice dei diritti Lgbt, dj nel tempo libero, Ardern ha tenuto ieri il suo ultimo discorso in Parlamento, indicando che la questione più importante del suo periodo in politica è stata il cambiamento climatico, una «crisi che pesa sudi noi». La premier uscente, tuttavia, non resterà senza lavoro, anzi: ci sarà ancora tanto attivismo green nella sua nuova vita. Ardern entrerà infatti a far parte del cda del Prince William’s Earthshot Prize, l’organizzazione benefica del principe William. Ieri, infine, è stato un brutto giorno anche per Nicola Sturgeon, da poco dimessasi da leader dell’Snp (Scottish National Party) e da “first minister” di Scozia, dopo quasi un decennio al potere. Peter Murrel, marito dell’esponente indipendentista che ha sempre giurato fedeltà all’Ue, disprezzando Londra e la sua “Brexit”, è stato arrestato per presunte irregolarità finanziarie all’interno del partito. Al centro dell’affaire, la misteriosa “scomparsa” di 600mila sterline di donazioni all’Snp.