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Pd, si può mettere alla gogna solo chi è nemico dei dem

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Monica Romano

Massimo Sanvito
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Ma come, consigliere Romano? Si è permessa di fare la morale a quei cattivoni che girano in metropolitana per filmare e fotografare le borseggiatrici che ripuliscono i vagoni h24, incassando pure il plauso del Pd, e poi - non più tardi dello scorso novembre metteva alla gogna sui social un suo detrattore? Allora come la mettiamo? La privacy vale solo a corrente alternate?
Quando toccano un esponente di sinistra è giusto pubblicare nome e cognome con relativo commento mentre se si tratta di proteggere pendolari e turisti dalle mani leste delle conosciutissime ladre nomadi è pratica deprecabile mettere i loro faccioni online? Basta intendersi. Il doppiopesismo, però, è sotto gli occhi di tutti.

IL PRECEDENTE Era il 23 novembre, quando Monica Romano - il primo consigliere comunale transgender a Milano, eletto in quota Partito Democratico postava su facebook lo screenshot di un commento ricevuto a un video, da lei pubblicato su TikTok per contestare Checco Zalone «per la sua orribile “satira” ai danni delle persone trans». Due righe che recitavano così: «Quelle come te dovrebbero stare due metri sotto la terra». Una vergogna.

Perché solo così puo definirsi un inequivocabile augurio di morte. Questo è fuori discussione: i social non potranno mai essere considerati una discarica dove poter vomitare di tutto impunemente. E lo stesso, ovviamente, vale anche per gli insulti ricevuti dal consigliere dopo aver bacchettato i giovani che ogni giorno cercano di contrastare le borseggiatrici armati di telefonino.

 

 

Però, ed è di fatto innegabile, pubblicando quel commento con tanto di nome e foto ben visibili, l’esponente dem ha fatto la stessa cosa per cui cinque giorni fa si è stracciata le vesti. Un cortocircuito in piena regola.

Con orgoglio, tra l’altro, Romano annunciava sui social che aderiva alla campagna #eiotipubblico, ringraziando l’ideatrice Laura Boldrini per averla coinvolta. L’obiettivo dichiarato, in occasione della giornata contro la violenza sulle donne, era quello di mettere in mot «una catena collettiva di indignazione» e accompagnare ogni post di denuncia con il relativo hashtag.

«Contribuiamo a rendere il web un posto migliore e sicuro»: si chiudeva così il papiro della Boldrini condiviso da parecchie politiche di sinistra contro «una violenza di nuova generazione, che ha il volto del linguaggio d’odio, del sessismo e della misoginia online».

 

 

Ma non è tutto. Perché nel recente post in cui il consigliere chiedeva «a quelli che realizzano i video» di smetterla «di spacciare la loro violenza per senso civico», il centrodestra è stato velatamente accusato di lucrare consenso grazie a questa modalità di denuncia online. Scriveva infatti: «Di violenza e squadrismo ne abbiamo già avuti abbastanza davanti a un liceo di Firenze e nelle acque di Cutro».
Quindi, di fatto, sarebbe sbagliato secondo lei usare social e chat rendere virali problematiche che inevitabilmente impattano sul dibattito politico. E allora perché, sul suo profilo facebook, Romano la buttava addirittura sul ddl Zan in merito ai brutti epiteti ricevuti?

ACCUSE POLITICHE - Era l’8 settembre scorso e così scriveva: «Io credo- e nulla me lo toglierà dalla testa che il clima stia cambiando da quando la legge Zan è stata affossata e ancor di più in vista delle prossime elezioni. I geni si sentono al sicuro, sempre più legittimati a esprimere le loro “opinioni”, a offendere e ad aggredire tanto verbalmente quanto fisicamente anche perché sanno che i sondaggi danno le destre in vantaggio». E ancora: «I diritti delle persone Lgbt+, delle donne, delle minoranze etniche o di credo religioso e delle persone con disabilità qui in Italia sono fragili. Mi duole doverlo dire ma l’Italia non è un paese sicuro per noi persone Lgbt+, per le donne e per le minoranze in genere. Stiamo in campana e andiamo tutt* a votare». Con tanto di pugno chiuso e bandiera arcobaleno. Dimenticandosi, oggi come allora, che gli insulti e le minacce sono sempre la strada peggiore da percorrere: non esiste una scala di gravità in base a chi viene colpito, così come non possono esserci due pesi e due misure nel denunciarli. Oppure merita il patibolo social solo chi è nemico del Pd?

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