Il Consiglio dei Ministri che ha dato il primo via libera all’autonomia, approvando il ddl Calderoli, si è appena concluso e Libero telefona ad Alessandro Cattaneo, capogruppo di Forza Italia alla Camera.
Sull’autonomia è stato compiuto il primo passo. Voi più volte avete esternato la necessità che non si creassero squilibri territoriali nel Paese. Rischio sventato?
«L’autonomia differenziata è un obiettivo che abbiamo sempre sostenuto, e peraltro è legittimata dalla Costituzione, anche se spesso la sinistra se lo dimentica. Il testo ci convince, e noi abbiamo contribuito ad arricchirlo dopo aver ascoltato i nostri governatori, al Nord come al Sud, e la nostra classe dirigente radicata sul territorio. Il nostro ministro Casellati, responsabile del governo per le riforme, ha seguito da vicino tutto il dossier.
Qual è stato il contributo di Forza Italia?
«Tre elementi. Il primo: abbiamo fatto in modo che i Lep, livelli essenziali di prestazione, fossero il punto di partenza. Secondo: l’introduzione del fondo di perequazione. Terzo: abbiamo ottenuto che venisse tolto ogni riferimento alla spesa storica».
Il governo, dunque, avvia un percorso di riforma dell’architettura amministrativa dello Stato. Forza Italia, sia alla Camera che al Senato, ha presentato due proposte di legge per il ritorno all’elezione diretta nelle province. Perché questa rilevanza?
«È una proposta che abbiamo presentato nei giorni iniziali di questa legislatura. Dobbiamo prendere atto che quella Delrio è stata una “non riforma”, rimasta a metà del guado. In pratica: sono state tolte le risorse senza ridefinire i servizi. In questo modo, le province italiane esistono ancora, ma non sono più in grado di dare risposte ai cittadini».
Risultato?
«Strade piene di buche, trasporto pubblico locale inefficiente, le scuole di proprietà provinciale che cadono a pezzi ma mancano le risorse per intervenire. Bisogna prendere atto che tutto questo non ha funzionato e dunque vogliamo tornare a dare una piena legittimazione alle province, che deve passare innanzitutto dal voto diretto. Noi, a differenza della sinistra, vogliamo ampliare i margini di partecipazione».
Oggi c’è un’elezione di secondo livello.
«Ed è un meccanismo farraginoso. Il presidente viene eletto ogni quattro anni, il consiglio ogni due. Sono dinamiche un po’ bizzarre, lontane dai cittadini».
Ecco i cittadini. Ma davvero sono sensibili a questo tema?
«Secondo noi hanno percepito l’essenza di una riforma demagogica e ipocrita, che ha svuotato le province e peggiorato i servizi. Al tema sono molto sensibili gli amministratori locali, l’anello della catena di governo che ha l’interfaccia immediata con le persone. Peraltro, anche la Corte dei Conti ha osservato che un ritorno all’elezione diretta non comporterà un significativo aggravio di costi».
Quando confidate di portare a casa questa riforma?
«In questi primi cento giorni di legislatura abbiamo fatto tante cose, non c’è stato spazio neanche per uno spillo nell’agenda parlamentare. Ma questa riforma è tra le cose ritenute più significative. Confidiamo di farlo presto, nella prima parte di legislatura, all’interno di un pacchetto complessivo di riordino delle istituzioni locali volto a dare più efficienza e più snellezza al sistema. In questo quadro, rientra anche la possibilità di modificare la legge elettorale per i Comuni al di sopra dei 15 mila abitanti, in modo tale che il ballottaggio sia previsto solo nel caso in cui nessuno raggiunga il 40%. Una previsione già contenuta nel disegno di legge presentato al Senato dalla nostra capogruppo Ronzulli».
Nella prospettiva del governo e della maggioranza c’è anche l’intervento sulla forma di governo. Forza Italia cosa auspica?
«A noi interessa che ci sia una forma di presidenzialismo, che quindi accorci la distanza tra i cittadini e chi guida il governo. È un’occasione di ammodernamento che non possiamo mancare».