A Roma maggioranza e opposizione litigano su tutto: accise, economia, autonomia, presidenzialismo, nomine. C'è solo un argomento sul quale da Fratelli d'Italia al Movimento Cinquestelle sembrano essere tutti d'accordo: il ripristino dell'elezione diretta delle Province. Le stesse che la legge Delrio del 2014 avrebbe dovuto cancellare.
Avrebbe appunto, perché in realtà quella norma ha creato un pastrocchio mai visto. In sostanza le province sono rimaste, costano uguale, ma sono state svuotate di quasi tutte le competenze e lasciate senza risorse per poterle gestire. L'unica differenza rispetto al passato è che presidente e consiglio non vengono più scelti direttamente dai cittadini, ma dagli amministratori eletti nei Comuni: sindaci e consiglieri.
Insomma un pastrocchio al quale bisognerebbe porre rimedio. Due le strade possibili: o si fa un passo avanti rispetto alla Delrio e si aboliscono questi enti una volta per tutte; oppure se ne fa uno indietro e si restituiscono loro le funzioni originarie, le relative risorse e già che ci siamo si torna pure all'elezione diretta dei presidenti e dei consiglieri.
STRADA DA SCEGLIERE
Gli italiani, immaginiamo, vorrebbero imboccare la prima strada. La politica, a quando pare no. Ieri, infatti, la Commissione Affari Istituzionali del Senato è tornata a discutere sul progetto di legge presentato dalla capogruppo di Forza Italia Licia Ronzulli. Analoghi progetti di decreti legge, però, sono stati depositati da Lega, Fratelli d'Italia e Partito democratico, mentre Movimento Cinquestelle e Terzo polo hanno annunciato che lo faranno al più presto.
Il testo base su cui è partita la discussione è però il primo, quello della Ronzulli che a ben vedere va ben oltre l'elezione diretta delle Province. Nel testo, infatti, è contenuta una mini riforma della legge elettorale per gli enti amministrativi. L'idea azzurra, infatti, è anche quella di non fermarsi alle Province, ma di modificare le norme che riguardano i ballottaggi previsti per tutti i Comuni sopra i 15mila abitanti. Secondo la capogruppo azzurra il secondo turno alle amministrative dovrebbe essere abolito se alla prima chiamata uno dei candidati supera il 40% dei consensi. Ronzulli ha spiegato che con questo ddl «vogliamo ridare voce a milioni di elettori che a causa della riforma Delrio si sono visti rimuovere il loro diritto a votare direttamente il loro presidente della Provincia e il consiglio provinciale».
Scendendo ancor più nel dettaglio, la senatrice forzista avanza l'ipotesi dell'elezione diretta dei presidenti di Provincia «senza il ballottaggio nel caso il candidato superi il 40 per cento. Anzi, abbiamo previsto che questa norma sia estesa anche per tutti i Comuni sopra i 15 mila abitanti, sulla scia del modello siciliano, dove ha dimostrato di funzionare. In questo modo -ha concluso Ronzulli - diamo maggiore forza agli amministratori e combattiamo l'abbandono del voto, perché gli elettori si sentono più coinvolti e responsabilizzati».
Per Fratelli d'Italia la modifica va fatta allo scopo di «ripristinare la sovranità popolare, sancita dall'articolo 1 della Costituzione attraverso la sola modalità costituzionalmente prevista, cioè il suffragio universale, e la reintroduzione dell'elezione diretta del presidente e dei consiglieri della Provincia e, ovviamente, l'elezione diretta a suffragio universale per il sindaco e i consiglieri metropolitani».
IL DIBATTITO
Se sul primo punto- l'elezione diretta- pare che tutti siano d'accordo, difficilmente si farà il bis con le norme sul ballottaggio. Il Centrosinistra allargato ai Cinquestelle in questi anni è stato oggettivamente avvantaggiato dal doppio turno e difficilmente mollerà la presa. La riforma del sistema di elezione provinciale, ovviamente varrà anche per le Città Metropolitane - in Italia sono dieci: Roma Capitale, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria - che vedranno i loro sindaci eletti dal popolo e non più coincidenti con il sindaco del capoluogo. Idem per i consiglieri che non si voteranno più tra di loro, ma verranno eletti grazie alle scelte dei cittadini italiani. Ieri, come detto, c'è stata la un'ulteriore seduta, ma del ritorno alle province si parla dal dicembre dello scorso anno.