Riproponiamo "Le interviste con i protagonisti" di Giovanni Terzi. Qui il colloquio con il generale Fernando Termentini
«Da subito compresi che sulle teste dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone aleggiavano accordi internazionali di diverso tipo piuttosto che il desiderio di conoscere subito la verità. Per questo li difesi in modo assoluto dalle accuse di omicidio per cui quasi rischiarono la pena di morte in India».
Chi parla e il generale Fernando Termentini, oggi in congedo, che ha onorato la nostra bandiera con missioni in Somalia, Kuwait in Kosovo e in molte altre parti del mondo.
Un uomo, il generale Termentini, che ha sulla sua pelle, nel suo fisico, le piaghe di queste missioni. Nelle sue operazioni il Generale ha inalato ed è entrato in contatto con l'uranio impoverito causando al suo fisico diversi tipi di malattie e tumori.
Fa una vita complicata il Generale, passata tra dialisi e chemioterapie ma la sua energia resta sempre positiva e, dell'assoluzione dei militari italiani al Tribunale di Roma, vuole parlare.
Girone e Latorre sono i due militari italiani accusati di aver ucciso il 15 febbraio 2012 al largo della costa del Kerala, Stato dell'India sud occidentale, Valentine Jelastine e Ajeesh Pink, due pescatori imbarcati su un peschereccio indiano. Dieci anni dopo, il 1 febbraio 2022, i due Marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone vengono assolti dalla Procura di Roma.
Generale lei dice una cosa importante quando afferma che c'erano probabilmente altre attività diciamo “diplomatiche” che hanno impedito, da subito, di dire la verità. Perché?
«Parto da un punto che probabilmente può apparire secondario. Dopo quanto emerse dall'esame della documentazione indiana che venne depositata preso il Tribunale del mare di Amburgo e il cui contenuto venne ben spiegato dall'ingegner Luigi Di Stefano, scomparso un anno fa e da sempre convinto assertore dell'innocenza di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, la mancata nomina di una Commissione di inchiesta parlamentare non è stata un'omissione. Piuttosto, evidenzia la negazione dello Stato di Diritto e l'affermazione di un regime inconciliabile con i moderni concetti di democrazia. Era come se una parte di politica italiana non volesse fare chiarezza su ciò che accadde ai militari italiani».
Mi spieghi bene…
«In quel tempi alcuni onorevoli chiesero nella immediatezza la costituzione di una commissione d'inchiesta volta a fare chiarezza ma evidentemente ci fu la volontà di soprassedere e prendere tempo come avvenuto per l'Arbitrato internazionale, avviato con anni di ritardo. Questa situazione di stallo, non giustificabile, favorisce le ipotesi più svariate. Non ultime quelle da molti proposte sull'esistenza di interessi politici, personali e di lobby da tutelare. Non impegnarsi da subito, infatti, ad approfondire per ricercare la verità non può che avere avuto uno scopo, evitare che emergano verità scomode o atti che inequivocabilmente dimostrino che nella gestione della vicenda ci siano state palesi violazioni della Costituzione».
Adesso Latorre e Girone sono stati assolti lei cosa pensa?
«Che per amore della verità esistono ancora adesso molti punti oscuri che dovrebbero essere affrontati. Aspetti non chiari che riguardano per esempio l'operato degli organi istituzionali coinvolti come i tre Governi (Monti, Letta e Renzi), i quattro Ministri degli Affari Esteri (Monti, Bonino, Mogherini, Gentiloni), tre Ministri della Difesa (Di Paola, Mauro, Pinotti), tutti, diciamo così, un po' disattenti considerando quanto emerge dai documenti indiani depositati per esempio presso il Tribunale di Amburgo. Una gestione istituzionale della vicenda che lascia sempre più perplessi con almeno dieci punti su cui è calato subito un silenzio assoluto e che, invece, avrebbe meritato la massima attenzione del Parlamento e forse anche, come c'è stato dopo quasi dieci anni, una maggiore solerzia della Procura della Repubblica perché fosse fatta immediatamente chiarezza sui misteri di questa tragica è squallida vicenda della storia italiana».
Generale proviamo a proporre qualcuno di questi dubbi che da subito emersero?
«Per esempio sarebbe necessario partire dalle dichiarazioni rese in Parlamento il 17 ottobre 2012 dall'allora Ministro della Difesa Di Paola sul coinvolgimento diretto della catena di Comando Militare nel concedere il via libera affinché la Lexie rientrasse sul porto di Koci. Sarebbe d'obbligo accertare a che livello fu coinvolto il Comando della squadra navale e chi partecipò al processo decisionale. Oggi mi piacerebbe accertare se coloro che hanno gestito la vicenda sulla catena di Comando dei due Fucilieri di Marina in missione antipirateria, abbiano poi ottenuto benefici o vantaggi - seppure meritati e coerenti con la progressione di carriera. Mi piacerebbe anche sapere chi e perché ha deciso di “donare” per il danno subito 150.000 euro alle famiglie dei defunti ed altri 75.000 euro al proprietario del peschereccio Sant Antony, senza richiedere prima all'India riscontri documentali certi sulle responsabilità degli eventi. Un atto che ha configurato subito da quanto adesso accaduto con l'assoluzione un danno erariale consistente ed un danno indiretto sulla posizione giuridica dei due militari raffigurando immediatamente una ammissione indiretta di responsabilità».
Le sue sono precisazioni molto pertinenti di una responsabilità delle istituzioni italiane nel trattare il caso dei due fucilieri…
«Adesso che Latorre e Girone sono stati assolti sarebbe interessante indagare per comprendere se coloro che hanno deciso il 22 marzo 2013 di riconsegnare in mano indiana i due militari, lo hanno fatto nel pieno rispetto della Costituzione e del Codice Penale italiano o hanno privilegiato scelte ancora da chiarire disattendendo quanto il nostro ordinamento giuridico e le relative sentenze della Suprema Corte stabiliscono nello specifico. In soldoni quali furono le “regole di ingaggio” concordate fra Italia ed India per una soluzione condivisa del caso, come ebbe a dichiarare l'allora Vice Ministro degli Esteri quando ci diceva: “Ora abbiamo rimesso la questione su un binario di certezza: scelta di una giurisdizione speciale, condivisa; regole da utilizzare in processo, condivise (con India ndr). All'indomani del giudizio, vi sarà un trattato tra le parti che permette comunque agli eventuali condannati di scontare la loro pena in Italia, nel paese di appartenenza. Siamo costanti e attenti con le autorità indiane e io dico che i due ragazzi torneranno a casa”. Questa dichiarazione dell'ex vice ministro andrebbe oggi approfondita per capire fino a che punto sia coerente con gli obblighi costituzionali che regolano peculiari mansioni istituzionali.
Lei che rapporti ha, oggi, generale con i due fucilieri?
«È un po' di tempo che non li sento ma ricordo quando Latorre mi chiamava per farmi gli auguri di Natale. Oggi mi limito ad essere felice per loro anche se tutto questo poteva risolversi molto prima».
La sua salute come va?
«“Combatto sempre anche se non sono certo in forma . Ho subito venti operazioni, sono in dialisi, ho melanoma sulla schiena e tumore alla vescica. Da undici anni sono in causa con lo Stato per la vicenda dell'uranio impoverito ma ancora adesso l'udienza, fissata l'11 gennaio di quest'anno , è stata rinviata. Ho servito lo Stato e spero che questo si prenda cura di me».