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E Minzo fa causa: Tornerò direttore

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Rimosso dal Tg1, Augusto Minzolini chiede il reintegro in tribunale e avverte: "Non accetto alternative"

Giulio Bucchi
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I legali di Augusto Minzolini, ex direttore del Tg1 rimosso grazie ad un vero e proprio blitz del direttore generale Lorenza Lei, hanno deciso di agire «in via d'urgenza» in sede giudiziaria per ottenere subito, come primo obiettivo, il reintegro alla direzione del telegiornale del proprio assistito, «senza contare ogni altra azione attivabile nelle sedi competenti e ferme restando le garanzie tutte fissate dalla legge». Gli avvocati Nicola Petracca e Federico Tedeschini contestano l'interpretazione data dalla Rai alla legge 97 del 2001, sulla quale l'azienda di viale Mazzini ha fatto perno per adottare, con un voto a strettissima maggioranza del Cda, il provvedimento nei confronti di Minzolini. Tale normativa, secondo i legali di Minzolini, non è applicabile al rapporto di lavoro dei dipendenti Rai. Non solo. I legali dell'ex direttore del Tg1 avrebbero riscontrato anche delle evidenti «dissonanze» fra la  memoria presentata dalla Rai alla Corte di Cassazione, che ha contestato alla tv pubblica l'interpretazione della legge che regola le sanzioni dei dipendenti del pubblico impiego e quanto sostenuto in precedenza dalla stessa azienda per rimuovere il direttore. Uno dei punti caldi riguarda l'assetto giuridico della Rai. Secondo la Cassazione, infatti,  viale Mazzini «anche se fortemente caratterizzata dagli evidenziati peculiari aspetti e tuttora in mano pubblica, resta pur sempre una società per azioni». Ragioni sufficienti ad indurre Minzolini a trasformarsi in  «un azzeccagarbugli, contro la mia natura», come ha spiegato il giornalista alla Zanzara, il programma di Radio 24 condotto da Giuseppe Cruciani. «Mi hanno proposto di andare a New York, ma per ora non accetto nulla e vado avanti con il ricorso», dice l'ex direttore del Tg1, «devi fare per forza così per difenderti, uso gli stessi metodi dell'azienda. Ora capisco Santoro con i suoi ricorsi e i tribunali. Ha fatto bene. Se me lo avessero chiesto», ha spiegato Minzolini, «se ne poteva anche parlare, ma hanno applicato per la prima volta una norma che è inapplicabile solo per farmi fuori. Allora mi incazzo e divento un azzeccagarbugli». E proprio come un avvocato certosino e scrupoloso Minzolini ha deciso di giocare la partita con la Rai con il codice in mano.   Codice con il quale si è già dovuto confrontare. «Già sto pagando una pena», sostiene il giornalista, «perché sono stato rinviato a giudizio, come il 97 per cento delle persone che passano dal tribunale di Roma, ma sono stato costretto ad andare via. Per questo la butto su questo piano». Ai microfoni del programma di Radio24, Minzolini è tornato anche sulla vicenda della carta di credito aziendale e delle «spese di rappresentanza» che gli sono state contestate. «Per due anni nessuno mi ha detto niente, perché se qualcuno mi avesse chiesto di mettere i nomi dei miei ospiti lo avrei fatto», dice l'ex direttore del Tg1, «ma il bello è che nessuno dei miei predecessori ha mai scritto un nome delle persone con cui andava a pranzo e a cena. Hanno applicato alla lettera una circolare interna solo con me». di Enrico Paoli

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