"Già nel 2021 mi aveva chiesto di evitare, se si fosse presentata l'evenienza, l'accanimento terapeutico". A rivelare dettagli sulla morte di Papa Francesco è Sergio Alfieri, direttore del Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche del Policlinico Gemelli di Roma nonché coordinatore dell'équipe che ha curato Bergoglio durante il ricovero tra il 14 febbraio e il 23 marzo. È lui a spiegare all'Adnkronos Salute che quella mattina del 21 aprile "mi ha chiamato l’infermiere di fiducia, Massimiliano Strappetti. Sono arrivato a Santa Marta tra le 6.20 e le 6.30 del mattino di lunedì. Il Papa non era più cosciente, era in coma. Aveva gli occhi aperti, indossava l’ossigeno, ma non mostrava alcuna crisi respiratoria". Insomma, Papa Francesco "non ha avuto alcuna crisi respiratoria" prima di morire. Per Alfieri "non ha avuto dolore, non ha sofferto, e soprattutto – fortunatamente – non si è accorto di nulla".
Il medico poi conferma che non è stata eseguita alcuna Tac: "È vero, non abbiamo un riscontro radiologico perché il Papa è morto a Santa Marta e non in ospedale. Che si sia trattato di un’emorragia cerebrale o di un ictus, non possiamo dirlo con certezza. Ma di una cosa sono sicuro: non è morto per problemi respiratori". Da qui la frecciata a chi si lascia andare a pettegolezzi infondati: "Tutte le altre ricostruzioni lasciano il tempo che trovano".
Al Corriere della Sera, invece, Alfieri ha parlato di alcuni dei progetti che più stavano a cuore a Bergoglio. "A gennaio - ha raccontato - Papa Francesco mi ha detto che dovevamo occuparci degli embrioni abbandonati. È stato netto: 'Sono vita, non possiamo consentire che siano utilizzati per la sperimentazione oppure che vadano persi. Sarebbe omicidio'. Stavamo valutando, anche con il ministero della Salute, tra le varie opzioni, il modo per concederli in adozione, ma non c'è stato il tempo perché il Papa potesse rendere esecutiva la sua decisione. Il mio impegno adesso sarà, se ci saranno le condizioni, realizzare questo suo desiderio".